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Pubblicato su Lo SciacquaLingua

Stupisce, e non poco, constatare il fatto che il prestigioso vocabolario Treccani, in linea, non lemmatizzi il verbo denominale “defaticare”, o meglio, lo mette a lemma nel settore neologismi.

Stupisce, ancora di più, il fatto che tanto il GDU (De Mauro) quanto il dizionario Olivetti lo attestino come variante di “defatigare”.

No, defaticare è un verbo a sé stante e con un’accezione diversa da “defatigare”. È un verbo, dicevamo, denominale essendo composto con il prefisso di ‘allontanamento’  “de-” e il sostantivo fatica.

Alla lettera significa che “toglie (allontana) la fatica”, riduce, cioè, l’accumulamento dell’acido lattico nei muscoli in seguito a “sforzi atletici”.

Si faccia attenzione, dunque, a non confonderlo con “defatigare” che, invece, significa “stancare”.

Nelle cronache sportive si legge, spesso, che “il giocatore è stato sottoposto a un “esercizio defatigante’ ”. Dopo tale esercizio il giocatore non ha neanche la forza di raccogliere una cicca da terra.

Defaticare e defatigare, dunque, sono due verbi in antitesi tra loro: il primo ‘toglie la fatica’, il secondo ‘la procura’.

A cura di Fausto Raso

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