Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Stupisce, e non poco, constatare il fatto che il prestigioso vocabolario Treccani, in linea, non lemmatizzi il verbo denominale “defaticare”, o meglio, lo mette a lemma nel settore neologismi.
Stupisce, ancora di più, il fatto che tanto il GDU (De Mauro) quanto il dizionario Olivetti lo attestino come variante di “defatigare”.
No, defaticare è un verbo a sé stante e con un’accezione diversa da “defatigare”. È un verbo, dicevamo, denominale essendo composto con il prefisso di ‘allontanamento’ “de-” e il sostantivo fatica.
Alla lettera significa che “toglie (allontana) la fatica”, riduce, cioè, l’accumulamento dell’acido lattico nei muscoli in seguito a “sforzi atletici”.
Si faccia attenzione, dunque, a non confonderlo con “defatigare” che, invece, significa “stancare”.
Nelle cronache sportive si legge, spesso, che “il giocatore è stato sottoposto a un “esercizio defatigante’ ”. Dopo tale esercizio il giocatore non ha neanche la forza di raccogliere una cicca da terra.
Defaticare e defatigare, dunque, sono due verbi in antitesi tra loro: il primo ‘toglie la fatica’, il secondo ‘la procura’.
A cura di Fausto Raso

Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.