Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Probabilmente qualche lettore non avrà mai sentito parlare degli avverbi così detti focalizzanti o focalizzatori – anche se vengono adoperati inconsciamente – perché non tutti i “sacri testi” (le grammatiche) trattano l’argomento. Alcuni avverbi, dunque, vengono così chiamati perché svolgono una funzione ben precisa: richiamano l’attenzione per enfatizzare un particolare elemento della proposizione, mettendolo così “a fuoco”. Questi avverbi, pertanto, mettono in risalto un elemento della frase, che può essere costituito da un verbo, da un aggettivo o da un avverbio (raramente da un sostantivo).
Vediamo i più comuni:
Probabilmente qualche lettore non avrà mai sentito parlare degli avverbi così detti focalizzanti o focalizzatori – anche se vengono adoperati inconsciamente – perché non tutti i “sacri testi” (le grammatiche) trattano l’argomento. Alcuni avverbi, dunque, vengono così chiamati perché svolgono una funzione ben precisa: richiamano l’attenzione per enfatizzare un particolare elemento della proposizione, mettendolo così “a fuoco”. Questi avverbi, pertanto, mettono in risalto un elemento della frase, che può essere costituito da un verbo, da un aggettivo o da un avverbio (raramente da un sostantivo).
Vediamo i più comuni:
- addirittura: ero così stremato che mi sono addirittura addormentato sulla scrivania;
- anche, pure: Carlo ha mangiato anche troppo!;
- soprattutto, particolarmente, specialmente: amo leggere, specialmente i libri gialli;
- perfino: alla cerimonia era presente perfino Giovanni!;
- davvero, proprio: sei proprio un fannullone;
- almeno: il tutto richiederà almeno due ore di lavoro;
- solo, soltanto: voglio solo parlarti;
- talmente: è un giovane talmente bravo!;
- quasi quasi: quasi quasi vado da Filippo, così potrò salutarlo;
- dritto: ora vai dritto per la tua strada.
A cura di Fausto Raso

Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.