Pubblicato su Lo SciacquaLingua
In questo periodo molti negozi espongono dei cartelli con scritto “Articoli natalizi”. Riproponiamo, in proposito, un vecchio intervento sulla “nascita” dei vari articoli.
Se apriamo un qualsivoglia libro di grammatica leggiamo, nella parte che tratta dell’articolo, la solita “pappardella” che imparammo – a suo tempo – in terza o quarta elementare: l’articolo è quella parte variabile del discorso che si mette prima del nome per indicarne il genere e il numero in modo determinato o indeterminato.
Questa “paroletta” (articolo), come viene definita da alcune grammatiche, che si premette al nome “per meglio indicarlo” è il latino articulus, diminutivo di artus (‘membro’, ‘giuntura’), e indicava in origine un “piccolo arto”, una “giuntura” del corpo. In linguistica, pertanto, si adopera il termine per indicare l’elemento che introduce e “sostiene” il sostantivo, come le giunture del corpo sostengono le membra. Con il trascorrere del tempo e per estensione l’articolo ha intanto acquisito altri significati come ‘punto’, ‘parte’, ‘sezione’, ecc. (l’articolo di un giornale non è forse una sezione del medesimo?). Abbiamo, così, i vari “articoli” esposti in un negozio: articoli di abbigliamento, articoli sportivi, articoli natalizi e via dicendo. L’articolo infine, sempre per estensione, è anche ciascuna delle suddivisioni di un regolamento, una legge e simili, che sono dunque costituiti da un insieme di “giunture”.
La norma generale impone la presenza dell’articolo davanti a tutti i nomi comuni; esso si omette però in numerose locuzioni o espressioni particolari come, per es., avere sonno, fare paura, andare a cavallo, camicia da notte, sopportare con pazienza, ecc. Dei nomi propri richiedono l’articolo determinativo i nomi dei monti: il Cervino, il Bianco; i nomi dei fiumi: il Po, il Tevere; i nomi di regioni, nazioni, continenti: il Lazio, la Grecia, l’Asia. L’uso dell’articolo è talora richiesto anche davanti ai cognomi: il Bianchi, il Rossi, il Neri. Davanti a molti cognomi di personaggi illustri, o comunque conosciuti, l’articolo si può omettere o no: Manzoni o il Manzoni, Leopardi o il Leopardi.
Rifiutano categoricamente l’articolo i nomi di città, salvo quelli in cui l’articolo – per “consuetudine popolare” – sia diventato parte integrante del nome: La Spezia, L’Aquila, La Valletta, ecc. L’articolo è però richiesto davanti ai nomi di città se preceduti da un aggettivo o accompagnati con una specificazione: la Roma umbertina, la Firenze medievale, la dotta Bologna. A proposito dei nomi geografici, dei fiumi in particolare, alcune volte ci troviamo di fronte al dubbio amletico circa il genere da adoperare: l’articolo sarà maschile oppure femminile? Si dice, generalmente, che i nomi dei fiumi terminanti in -o, in –e, in –i sono di genere maschile: il Tevere, il Tamigi, il Ticino; quelli la cui terminazione è in –a sarebbero invece, prevalentemente, femminili: la Senna, la Garonna. Come la mettiamo però con il fiume Volga? Stando alla “regola” dovrebbe essere femminile: la Volga. Sentiamo invece dire e scrivere perlopiù il Volga. La parola, femminile in russo e in francese, è maschile anche in spagnolo. In italiano, però, la forma femminile s’incontra talora presso alcuni scrittori come Gabriele d’Annunzio, che scrive “dalla Volga al Golfo Persico” (il femminile non è perciò da considerarsi erroneo). Anche il nostro fiume Piave è “ambisesso”: la Piave e il Piave. In alcuni vecchi libri prevale il femminile, come si può notare leggendo le opere di Antonio Stoppani, Gasparo Gozzi e del “moderno” Paolo Monelli, ma il Carducci e il d’Annunzio lo “mascolinizzarono”. E una famosissima canzone della Grande Guerra recita: “il Piave mormorò…”
A cura di Fausto Raso

Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.