Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi.
Perché, conoscersi e comprendersi, fa vivere meglio.
In questa terza puntata, il tema ci riguarda davvero tutti perché, visto da vicino, nessuno è normale
Veramente “sano” non è semplicemente colui che si dichiara tale, né tanto meno un malato che si ignora come tale… Veramente sano è un soggetto che conserva in sé i limiti della maggior parte della gente e che non ha ancora incontrato difficoltà superiori al suo bagaglio affettivo e alle sue facoltà personali difensive o adattive…
Partendo da questa riflessione dello Psicoanalista francese Jean Bergeret:
COME DOVREMMO ESSERE, PER ESSERE “NORMALI”?
Veramente sano è colui che si permette un gioco abbastanza elastico della ricerca del piacere e del senso di responsabilità, sia sul piano personale che su quello sociale, tenendo in giusta considerazione la realtà e riservandosi il diritto di comportarsi in modo apparentemente aberrante in circostanze eccezionalmente “anormali”.
Sostanzialmente, come precisa Bergeret nel suo “Personalità normale e patologica”, per potersi definire “normali” di fronte ai principi di Natura e alla Società, si dovrebbe considerare fisiologico pagare il prezzo delle proprie scelte, con senso di responsabilità: se vuoi qualcosa, devi dare qualcosa di te (il tuo tempo, il tuo impegno, il tuo denaro, le tue emozioni, etc.) per poterla meritare, ovviamente nel rispetto delle regole dell’ambiente in cui vivi.
Se volessimo essere un po’ più sintetici, potremmo rifarci al concetto espresso dallo psicoanalista Paul Claude Racamier
“La capacità di un amore empatico, di godere del piacere e di sopportare il sentimento di lutto costituiscono le condizioni di qualunque sanità psichica”
Prendendo in considerazione le indicazioni di Giovanni Russo, ideatore del modello psicologico Pragmatico Eclettico Analitico e fondatore della Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico (SFPID) potremmo concludere che sarebbe necessario aver raggiunto una adeguata autostima e una corretta autoaffermazione
E cioè:
Applicandosi con serietà al proprio lavoro; cercando di camminare sul sentiero della maturità; rendendosi conto della validità che il proprio operato rappresenta all’interno della Società in cui si vive; migliorando se stessi con costanza…
E ancora, avere acquisito la capacita di:
- assorbimento e metabolizzazione delle frustrazioni;
- adattamento e integrazione;
- assenza di conflitti permanenti;
- corretta gestione del proprio tempo vitale;
- donare e ricevere amore nella giusta misura;
- ridimensionamento dell’attaccamento ai beni materiali;
- utilizzo adeguato delle esperienze di vita vissuta.
Partendo dal famoso slogan dell’ex Ospedale Psichiatrico di Trieste (“da vicino, nessuno è normale”) quale che sia il nostro intendimento di “accettabilmente nella norma” secondo un principio di Logica pragmatica, molto dipende, come abbiamo iniziato a capire dalla nostra prima puntata, dal rapporto con l’angoscia che, di fatto, è un ancestrale compagno di viaggio, come ha spiegato abbastanza bene, la psicoanalista Melanie Klein.
Durante l’allattamento (e, quindi, nel periodo in cui fra madre e figlio si crea un rapporto di massima simbiosi), il bambino di pochi mesi percepisce il seno come primo oggetto d’amore che incontra e indispensabile fonte di nutrimento, vivendolo come un simbolo di onnipotenza, a volte “sadico”.
Infatti, il seno (che, per il bambino, è un corpo a sé sganciato dalla propria madre) è in grado di appagare il suo bisogno alimentare ma, anche, di frustrarlo, ad esempio non rispettando il continuo disagio dettato dai ritmi della sua fame.
In questo contesto, arriva in soccorso un meccanismo di difesa psicologico inconsapevole che prende il nome di “scissione”, ilquale gli consentedi immaginare una separazione delle qualità gratificanti (buone) del seno da quelle frustranti (cattive), per incoraggiarlo a ricercare il seno malgrado le esperienze sgradite che gli danno fastidio.
Quasi ad immaginare un seno totalmente buono e uno totalmente cattivo
Siccome questo meccanismo “di difesa” dall’angoscia, determinerà una sorta di abitudine consolidata che porterà a considerare ogni relazione e ogni interazione totalmente buona o totalmente cattiva, il corretto esempio educativo genitoriale e sociale, dovrà aiutare ad accettare l’idea che, in ogni evento (così come in ogni persona) coesistono elementi frustranti e gratificanti e che, per sapersi relazionare, si dovrà prendere (e, possibilmente, anche dare) quello che c’è di buono, evitando il negativo.
Per quanto strano possa sembrare, nel momento in cui si ottiene l’integrazione di gratificazione e frustrazione si passa dalla posizione definita “schizoparanoide” a quella “depressiva”.
… il lutto originario costituisce la traccia ardua, viva e durevole di ciò che si accetta di perdere come prezzo di ogni scoperta”(P. C. Racamier)
In pratica…
Ogni tappa evolutiva (nel bambino così come nell’adulto) è preceduta da una sorta di disillusione che segue ad una visione troppo ottimistica e precede una condizione di temporanea depressione oltre la quale si diventa più “forti” e più “maturi”.
Se si resta bloccati per paura di provare l’angoscia, inizierà il “ritiro” sociale e personale, con la conseguente percezione di vuoto che andrà necessariamente riempito attraverso la proposizione (inconscia) di disturbi e sintomatologie.
Oltre l’Angoscia (non superata), il trauma, la tempesta; oltre il Lutto (non risolto) la depressione e il deserto… (P.C. Racamier)
SAPER PRENDERE L’ONDA PERFETTA
John Williams è uno strano naufrago nel mare della vita. Ha tutto, ma non ha più niente, nemmeno il sorriso di un tempo. Finché non conosce Simon, un uomo misterioso, che assapora la vita istante per istante e gli insegna a prendere il largo e a rincorrere con rinnovato slancio “l’onda perfetta”, dove cielo e mare s’incontrano, finalmente pacificati. Perché l’autentica felicità ci sta sempre accanto, ma chiede a ciascuno di noi di saperla cogliere. (Sergio Bambaren)
Il famoso apneista Enzo Maiorca insegnava che, per potersi tuffare in un mare molto mosso bisogna scegliere il momento della risacca, in cui l’onda si ritira e, mentre si accinge a tornare (prima che si gonfi e riprenda vigore) individuare il punto più in basso fra l’acqua e il fondo e lanciarsi, confidando nella massima depressione e nella bassa pressione di spinta, per riaffiorare al di là dell’onda, liberi di nuotare in mare aperto!
Allo stesso modo bisogna considerare il fisiologico stato d’animo di abbattimento che consegue alle disillusioni (o ai “grandi inganni”, come qualcuno li chiama): “non aver paura dal vuoto della depressione per potere, quindi, riemergere a nuova vita.
Il tuo cuore è un gabbiano che vola libero nei cieli della vita. Lascialo andare senza paura, ti saprà condurre alla felicità (Sergio Bambarén)
Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”
Arrivederci al prossimo incontro, che avrà per titolo: “In salute e in malattia ”
Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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