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La “collana” sull’Amore che vi proponiamo, prende origine dall’Opera Omnia “Il sofferto bisogno di amare” e si offre come spunto per le brevi riflessioni video del canale YouTube “infinito presente”. Nessuna velleità di apparire come una guida per vivere meglio ma, soltanto, un’occasione per provare a ritrovare la via, incisa in ognuno di noi, che ci ha permesso di sorridere ogni volta che abbiamo incrociato gli occhi di chi ci ha amato veramente.

In questo venticinquesimo incontro: “ Il cane che insegnò all’uomo, l’Amore, l’Amicizia e il Rispetto”

Poco più di sette anni fa, un furgoletto quadrupede è entrato nella nostra vita installandosi nel giardino del condominio dove ha sede “Neverland”, a Castrolibero. Un po’ alla volta, con la sua delicata sensibilità, ha conquistato il cuore di tutti. Un brutto giorno, però, abbiamo temuto di averlo perso per sempre e, il buio e il freddo, si sono impadroniti della nostra coscienza all’idea che, qualcuno, avesse osato “profanare” la purezza di un essere così innocente… ma, come per incanto, ci è stata data la possibilità di riprenderci cura di lui e di accorgerci che, assistendo il più “debole”, saremmo riusciti a diventare migliori, condividendo quello che, forse, è il vero senso della vita…

Lui si chiama Bracco. E ci ha insegnato che la luce della speranza può riaccendere la fiamma della Fede e quella dell’Amore. Un grazie affettuoso a Renato Cosentini, che insieme a sua moglie Anna Maria  e a suo figlio Francesco che accogliendolo e abbracciandolo come “Fratello” ha testimoniato l’essenza della Pasqua di Resurrezione.

Non è il primo anno che questa “lettera d’amore” viene pubblicata (ovviamente con continue integrazioni) ma, in fondo, è più che giusto che Bracco ringrazi chi lo ama come un essere speciale e che ricambi raccontando di sè e di come, la propria vita di randagio, abbia rappresentato una enciclopedia esistenziale da condividere attraverso una sorta di antropomorfizzazione che renda gli esseri umani un po’ meno impauriti nel saper donare e ricevere Amore.

Questa storia, diventa l’occasione di vivere, sul piano emozionale, tutto il percorso de “Le ragioni del cuore”

Rispetto, occorre rispetto in questa Santa Pasqua e tutto l’amore di cui siamo capaci, per tentare di essere persone migliori(Vincenzo Andraous)

Dicono che gli uomini siano un po’ come il mare, una sorta di azzurro capovolto che riflette il cielo, sognando di navigare…

Caro Renato, se fossi stato un bambino, mi sarei dovuto chiamare Oliver Twist. Da piccolo, incolpevole, mi sono ritrovato da solo, a vagare per ambienti ostili dove ho conosciuto i lati più bui dell’animo umano.

Quelli capaci di tatuare la pelle e il cuore.

Non sempre, però, la verità è come appare: ciò che sembrava un cappio, si è rivelato essere il “passaggio” per un principio di accettazione sociale. Attraverso il Canile e il Microchip, infatti, sono diventato un essere “riconosciuto”.

Perché è importante avere un nome. Anche quando è solo un “codice”. Significa che esisti e che qualcuno, anche se solo per un attimo, si è preso cura nel pensarti…

Non più un randagio, ma un cane di quartiere, sterilizzato e, quindi, non più in grado di fare “danni”…Reimmesso nel territorio, ho imparato che nessuno ti cede quello che ritiene essere importante.

Nemmeno quando diventa superfluo.

La Libertà è, senza dubbio, un valore primario. Ma, quando ti accorgi di essere un vaso di coccio in mezzo a vasi e mazze di acciaio, a volte puoi solo decidere il sistema e la tempistica, per togliere il disturbo. Magari prima possibile.

Eppure, avrei voluto soltanto un pezzetto di giardino nella cui vegetazione nascondermi. E, da lì, osservare il Mondo, per capire la differenza che c’è, se c’è, fra l’Inferno e il Paradiso.

Eppure, mi sarebbe piaciuto saltellare felice accanto ad una mano affettuosa, anche a dividere il nulla. Ma con grande sentimento. L’affetto sincero, infatti, può far vivere di rendita. Famiglia, spesso, ha il vero significato quando ci vuole qualcuno a guardarti le spalle e, al tempo stesso, a sorriderti e tranquillizzarti anche quando ti trovi sul bordo di un precipizio. La serenità consiste nel sapere che, all’occorrenza, si andrà giù insieme.

Ma ho imparato che molti uomini sono come una continua attesa di sfogare la disperata rabbia di non essere riusciti a copiare “il Cielo” e di volere distruggere tutto quello che, ritengono, sia capace di stare in armonia col Creato.

Passeggiando, sotto la pioggia, come un cane nella notte, ho visto uomini lasciarsi andare, donne pentirsi di scelte che non avrebbero rifatto e bambini con uno sguardo a metà fra l’ingenuità e la malvagità come via necessaria alla contestualizzazione che ti evita di sparire fra i flutti dell’indifferenza.

Caro Renato, Avrei voluto avere mani grandi come le tue, per stringerti forte e togliergli il senso di morte. Ti sono stato accanto, senza dir nulla.

Non un gesto ma sguardi intensi, per provare a farti capire che, la vita, spesso, è una questione di punti di vista e di osservazione. Dipende da dove ti siedi e cosa decidi di guardare.

Anche questo, è Amore. Il “mio modo” di condividere ciò che la solitudine insegna. E che ho ritrovato con te.

Dicono che la mamma dei cagnolini veglia su di loro proteggendoli a costo della vita. Io, purtroppo, non ricordo nulla di tutto ciò. Sento di essere avanti negli anni ma, con te, il mio crepuscolo è diventato il sipario di una nuova alba.

Non importa se qui o in un’altra vita.

Nessuno mi ha insegnato a leggere, scrivere e far di conto. Io mi sento l’età del mio cuore: a volte leggiadro altre, invece, ingrigito da un angosciante fardello.

So di non sapere tanto, anche se la vita mi ha insegnato molto… So solo che, un giorno, ho individuato un cancello che custodiva uno spazio…

E, col cuore in gola, ho provato ad entrare.

Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato” (Matteo, 25)

Un po’ alla volta, ho scoperto che non era più necessario accumulare quello che, gli umani, chiamano “spazzatura” ma che, per me, rappresentava una possibilità in più, di sopravvivenza e, giorno dopo giorno, ho scoperto che il Mondo, in fondo, non era poi così brutto.

Ho apprezzato le aurore e i tramonti, il sole e la pioggia che leniva le mie cicatrici, attendendo gli amici, per dividere quello che, i più, chiamano coccole ma che, mi permetto di credere, sia il vero senso della vita: la ricerca dell’altro che ti consente di riconoscere, come in uno specchio, le carenze da colmare, i vuoti da riempire, le gioie da donare.

Per sentirti, finalmente, completo.

Con la voglia di ricominciare, ogni giorno che il buon Dio degli animali e della piante ti concede di assaporare. Finchè, un giorno, il destino ha presentato, nuovamente, il conto sotto forma di un Pit bull che mi ha aggredito, lasciandomi esanime.

Caro Renato, non saprei dire se ha prevalso il dolore fisico o quello morale: essere sopravvissuto ai fortunali e restare colpito da mano fraterna!

La tentazione di sperare che tutto finisse è stata considerevole ma, poi, ho concluso che non c’era colpa nell’accaduto: così come gli schiavi erano costretti a uccidersi fra loro, a lui era stato insegnato ad aggredire, a volte anche senza un perché.

E, allora, ho “sentito” che avrei dovuto riprendere la via di quella che avevo cominciato a considerare “Casa”.

Così come un condannato ingiustamente, cerca di osservare il panorama, nel momento “supremo”, per catturare più vita possibile da portare con sé, mi sarebbe piaciuto chiudere gli occhi con l’immagine di qualcuno che avrebbe pianto per me. Con me.

E forse, anzi, evidentemente, il mio libro non era giunto all’epilogo. Tanti cuori solidali ma, soprattutto il tuo volermi accanto, sono riusciti a trasfondermi l’ossigeno che mi ha aiutato ad essere ancora qui.

Accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni. E, poi, la vita ti risponde. (Alessandro Baricco)

Sette anni intensi sono trascorsi da allora: passeggiate insieme, sguardi di intesa, confessioni condivise, la mia presunzione di insegnarti “ad andare come vanno via gli uccelli”, di volerti “servire” come un Altare, dentro una tua carezza, sotto il miracolo di un “tetto”, nell’immensità di quell’attesa che, ancora, sarà

Caro Renato, dovrei chiamarti Papà.

Però, vedi, il mio tempo corre più veloce del tuo, il mio viso è stanco e siamo divenuti, insieme, quelli di un’età che non ha età. Gli occhi si spengono ma scorgono, di certo, la luminosità dei nostri anni più belli: tu, io e il nostro “bene” su una strada che non finirà…

E, un po’ alla volta, ho imparato che è bello camminare al guinzaglio se, accanto, hai un amico. E poi, chi può dire… chi conduce e chi segue?

Questo è il bello della condivisione emotiva.

Che sia, per te, una Buona Pasqua, Renato. A noi e a tutti quelli che  si vogliono bene e, magari, ancora non lo sanno.

Bracco 

Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”

Arrivederci al prossimo incontro, che avrà per titolo: “L’Amore guardò il tempo. E rise.”

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