Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Abbiamo notato che moltissime persone infarciscono i loro scritti di parole terminanti in “issimo”; abbondano, insomma, di superlativi. Ciò non sempre a vantaggio della scorrevolezza e della bellezza stilistica del periodo. Sappiamo benissimo che alcune volte il superlativo è indispensabile per esprimere lo stato d’animo in cui veniamo a trovarci nel momento in cui scriviamo e desideriamo, quindi, metterlo bene in evidenza con quelle parole terminanti in “issimo”: bellissimo; carissimo; lodevolissimo e via dicendo. Il superlativo, insomma, a volte è indispensabile.
Come fare, allora, per evitare tutti quegli “issimi” che molto spesso “rovinano” i nostri scritti? Semplicissimo. Basta abituarsi ad adoperare – per quel senso di misura che, come tutte le attività umane, anche nella Lingua è fondamento di bellezza e di chiarezza – più frequentemente gli avverbi ‘molto’ e ‘assai’ per formare, appunto, il superlativo. In questo modo molti “issimi” scompariranno d’incanto rendendo il periodo più bello e più scorrevole.
Ci rivolgiamo, particolarmente, ai giovani il cui linguaggio è ricco di esagerazioni. Per costoro dire che una cosa è “assai bella” è dir poco rispetto a “molto bella” e meno ancora rispetto a “bellissima”. Ma il “grado di bellezza” non è uguale nei tre modi? Gli avverbi ‘molto’ e ‘assai’, oltre tutto, vengono in nostro aiuto specialmente quando con il suffisso ‘issimo’ si renderebbe l’aggettivo di brutta e difficile pronuncia. Perché dire, ad esempio, variissimo; carichissimo; stufissimo; restiissimo, quando, invece, si può dire – e con un certo “effetto” – molto vario; assai carico; assai stufo; molto restio? Ci sono, infine, tanti altri modi per esprimere il grado del superlativo assoluto: con gli avverbi ‘enormemente’, ‘sommamente’, ‘oltremodo’, ‘terribilmente’, ‘straordinariamente’, ‘eccessivamente’ etc: terribilmente cattivo, immensamente ricco, estremamente stupido e via dicendo. Anche in questo caso, tuttavia, è bene adoperarli parcamente. Il troppo…
E terminiamo queste noterelle – ricordando a coloro che amano il bel parlare e il bello scrivere – che si può ovviare all’uso esagerato degli “issimi” ricorrendo all’aiuto di alcuni prefissi: ‘arci’, ‘ultra’, ‘super’, ‘iper’, ‘extra’: ultrarapido, superveloce, arcistufo eccetera. La lingua, insomma, ci dà ampia possibilità, non ultima il raddoppiamento degli aggettivi stessi: sono stanco stanco (vale a dire “stanchissimo”); il bimbo era buono buono (cioè “buonissimo”). Perché, dunque, tutti quegli “issimi”?
A cura di Fausto Raso (3 febbraio 2006)

Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.