La “collana” sull’Amore che vi proponiamo, prende origine dall’Opera Omnia “Il sofferto bisogno di amare” e si offre come spunto per le brevi riflessioni video del canale YouTube “infinito presente”. Nessuna velleità di apparire come una guida per vivere meglio ma, soltanto, un’occasione per provare a ritrovare la via, incisa in ognuno di noi, che ci ha permesso di sorridere ogni volta che abbiamo incrociato gli occhi di chi ci ha amato veramente.
In questo ventesimo incontro: “Donne che odiano gli uomini”
“Mi piace il verbo sentire. Sentire il rumore del mare, sentirne l’odore. Sentire il suono della pioggia che ti bagna le labbra, sentire una penna che traccia sentimenti su un foglio bianco. Sentire l’odore di chi ami, sentirne la voce e sentirlo col cuore. Sentire è il verbo delle emozioni: ci si sdraia sulla schiena del mondo e si sente” (Alda Merini)
Questi bellissimi versi della grande Alda Merini, ci aprono le porte ad un’altra visione prospettica de “le ragioni del cuore”.
Dopo aver tanto analizzato le responsabilità del ruolo e della funzione materna, sul nostro modo di intendere l’Amore, proviamo a domandarci quali siano gli errori commessi dai Padri.
Cari Lettori, ringraziandovi, sempre, per gli interessanti spunti di riflessione che continuate ad inviarmi dopo esservi confrontati con le puntate de “le ragioni del cuore”, vorrei utilizzarne un paio (di giovani studenti, che sono la speranza dell’avvenire) per affrontare l’argomento della misandria….
- Non è facile amare ed essere amati.
- A volte, per ritrovare me stesso, ho bisogno di specchiarmi negli occhi della persona che amo. Perché?
Il termine misandria (speculare di Misoginia) indica un sentimento di avversione ostilità e disistima delle donne nei confronti degli uomini.
Questa definizione viene dal personaggio mitologico di Elettra, figlia di Clitennestra e Agamennone (ucciso, per mano di Egisto, amante di Clitennestra).
Scoperto il misfatto, Elettra si vendica facendo uccidere la madre.
Carl Gustav Jung, nel suo “Lineamenti della teoria psicoanalitica”, definisce il complesso di Elettra come la versione maschile del complesso di Edipo.
La figlia femmina coltiva nell’inconscio il desiderio di possedere il padre e, per questo motivo, entra in competizione con la madre.
Nella teoria psicoanalitica questa fase fa parte del normale sviluppo del bambino e si manifesta nel periodo che va dal terzo al sesto anno di età (fase fallica).
In questo arco temporale, il bambino e la bambina cominciano ad avere maggiore consapevolezza rispetto ai propri genitali e si scoprono “diversi”
Per la bambina, la scoperta di non avere un organo genitale maschile, viene vissuta come una mancanza e, a questo punto, accadono eventi molto importanti:
- lo sviluppo di una sorta di rancore nei confronti della madre ritenuta, in maniera inconscia, come la responsabile di tale assenza.
- un interesse quasi morboso verso il genitore che possiede l’oggetto desiderato, ossia il padre.
Mentre nel complesso di Edipo, il bambino non sopporta la presenza del padre, nel complesso di Elettra, è la bambina a volersi sostituire alla madre nei confronti del padre.
Inizia l’epoca dei giochi di imitazione, proprio allo scopo di conquistare il padre e vincere sulla madre: la bambina, infatti, indossa i vestiti e i gioielli della mamma, prova a truccarsi come lei e assume i suoi atteggiamenti.
Attraverso questo gioco, inconsciamente la bambina prova a realizzare il sogno di poter sposare il padre che vive (in quanto possessore di quell’organo genitale che, a lei, manca) come un simbolo di potere verso cui mostra innamoramento e sottomissione.
A differenza dei maschi però, il complesso di Elettra non si “risolve” completamente perché, le sue dinamiche formeranno la normale base della vita erotica femminile.
La figura materna, come sempre, assume una importanza fondamentale, ponendosi, pazientemente, come oggetto positivo di tale identificazione, cercando di tollerare le gelosie della figlia.
I grandi Autori della psicoanalisi hanno descritto la figura paterna come un’iperbole d’amore e protezione inarrivabile contro la quale, ogni partner, non può che perdere la sfida.
Se una donna si fissa un po’ troppo su questa idealizzazione, correrà il rischio di attendere un “Principe azzurro” che non arriverà mai e resteranno, in solitudine, nella convinzione di dover essere amate, indipendentemente dai propri comportamenti.
La differenza (fra il bene e il male), in questo caso, la determina il Padre.
Se, questo genitore (cioè il Padre), si attenderà un pieno appagamento narcisistico senza limitazioni, pretendendo un rapporto “esclusivo”, soprattutto con le proprie figlie, determinerà (in loro) delle fissazioni emotive che comporteranno stadi di sofferenza i quali si risolveranno nel tradimento e nell’odio verso figure su cui si proietterà l’immagine paterna.
La letteratura offre due esempi significativi in “Danao” (ne “Le supplici” di Eschilo) e nel protagonista del “Re Lear” di Shakespeare.
In entrambe queste tragedie notiamo l’assenza di una figura materna: quello verso il padre è l’unico affetto che le figlie hanno conosciuto crescendo.
Il Mitologico “Danao” (Re della Libia e di Argo) pretende e ottiene, dalle figlie (le Danaidi), di rappresentare l’unico uomo autorizzate ad amare.
Il risultato è quello di sviluppare una profonda avversione verso ogni altra figura maschile. Infatti, 49 delle 50 figlie, uccidono i propri mariti. Solo una, Ipermnestra, si ribella a un rapporto così morbosamente perverso.
Analogo atteggiamento narcisista, possessivo e morboso lo troviamo in re Lear: il protagonista della tragedia di Shakespeare il quale, avendo deciso di cedere alle sue tre figlie il proprio regno e i propri possedimenti, pretende da loro una scelta d’amore esclusivo e imperituro, verso di lui.
La vanità paterna viene del tutto appagata da Gonerilla e Regana (che comunque, ottenuta l’eredità, tradiranno il genitore, espellendolo persino dal palazzo); viceversa, una delusione attende Lear nel momento in cui interpella l’ultimogenita Cordelia:
Lear: “Gonerilla, primogenita nostra, parla tu per prima”
Gonerilla: “Signore, io vi amo più di quanto la parola possa dire, più caro voi mi siete della vista degli occhi, di spazio e libertà…”
Lear: “Che cosa dice la nostra seconda figlia, l’amatissima Regana, sposa di Cornovaglia?”
Regana: “…scopro che trovo felicità soltanto nell’amore dell’amata Altezza vostra”
Lear: “… E ora, nostra gioia, sebbene l’ultima e la più piccola, cosa sai dire per guadagnarti un terzo, più opulento, di quello delle tue sorelle?”
Cordelia: “Niente, mio signore”
Lear: “Niente?”
Cordelia: “Niente”
Lear: “Dal niente nasce il niente: parla ancora”
Cordelia: “…amo Vostra Maestà secondo il mio legame: né più né meno”
Lear: “Suvvia Cordelia! Correggi un po’ il tuo discorso, se non vuoi guastare le tue fortune”
Cordelia: “Mio buon signore, voi mi avete generata, nutrita, amata. Io ripago quei debiti. Perché le mie sorelle hanno un marito, se dicono di amare solo voi? Se mai mi sposerò, il signore la cui mano avrà il mio pegno, prenderà con sé metà del mio amore. Certo non mi sposerò, come le mie sorelle, per amare soltanto mio padre”
Lear: “Così giovane e così impietosa?”
Cordelia: “Così giovane, mio signore, e così sincera”
Lear: “E così sia! La tua sincerità sia, dunque, la tua dote; e, infatti, qui io ripudio ogni mia cura paterna, affinità e legame di sangue e, d’ora in poi, ti avrò per sempre straniera al mio cuore e a me…”
Cordelia, l’unica delle tre figlie che non si lascia coinvolgere nel rapporto malato col padre, sarà anche l’unica a rimanergli fedele: solo lei correrà a soccorrerlo, privato del suo potere, delle ricchezze e persino scacciato dalla casa.
Le Danaidi (con l’eccezione di Ipermnestra) e le prime due figlie di Lear manifestano una grande aggressività, che dà luogo a veri e propri comportamenti criminali: le figlie di Danao uccidono i mariti, pur di sfuggire al rapporto adulto con un uomo;
Gonerilla e Regana, avendo sottratto al padre, con le lusinghe, i suoi beni, lo abbandonando, solo e malato. Al contrario, Ipermnestra e Cordelia, pur sfidando l’ira del padre per non aver assecondato le sue pretese, si rivelano tuttavia figlie affettuose e sane.
Come spiegare queste differenze?
Se osserviamo analiticamente, non potremo non concludere che, le cause dei comportamenti perversi e criminali delle figlie siano da ricercarsi nell’assenza di una triangolazione edipica (manca, in entrambe le tragedie, una figura materna) e nell’atteggiamento possessivo del padre.
La conseguenza è che, nelle Danaidi, in Gonerilla e in Regana, permane un’affettività infantile, immatura ed estremamente ambivalente.
Solo permettendo alle bambine (poi, ragazze e donne) di differenziare i propri affetti (ripartendoli tra marito, figli, e padre) si consente loro di accedere a rapporti adulti e sani, più appaganti e meno ambivalenti.
Questo avviene in Ipermnestra e in Cordelia: probabilmente in virtù di una crescita più sana le due giovani hanno potuto creare, nella propria vita interiore, una figura materna in grado di guidarle verso una scelta di tipo adulto.
In Ipermnestra, questa madre idealizzata è rappresentata da Afrodite.
Riguardo ai padri, la tragedia di Danao e di Lear è la rappresentazione di un narcisismo immaturo e malato, che non accetta limitazioni: non tollera lo scorrere del tempo e la precarietà della vita. Questi padri non riescono ad accettare che solo lasciando libere le figlie, potrà essere possibile evitare il più terribile fallimento dell’istanza narcisistica: la fine di loro stessi e, quel che è peggio, la fine di loro stessi proiettati nella propria discendenza.
Si prova veramente una sensazione meravigliosa, quando tuo padre non è più un Dio ma un uomo; quando scende dalla montagna e ti accorgi che è anch’egli un uomo con le sue debolezze. E tu lo ami per com’è nella sua interezza, e non più come un essere superiore (Robin Williams, Mio padre).
Cari lettori, da quanto esposto finora, risulta evidente come sia difficile amare ed essere amati…
Eppure, per citare la riflessione di qualcuno:
“Cosa manca, a questa giornata, per essere perfetta? Nulla caro amico, nulla! Questa giornata ha tutto. L’incantesimo dell’alba, il risveglio della speranza, un sorriso che ti attende, un abbraccio che darai. E il cuore che saprà meravigliarsi ancora dinanzi a questo! Oggi è una giornata perfetta per alzarsi e vivere” (Shan Sa)
Per concludere questa puntata particolarmente ricca di spunti, riprendiamo per un attimo la domanda di partenza: “A volte, per ritrovare me stesso, ho bisogno di specchiarmi negli occhi della persona che amo. Perché?”
Perché, caro Amico…
“Nascere Uomo, su questa Terra, è un incarico sacro. Noi abbiamo una responsabilità particolare, dovuta a questo dono eccezionale che ci è stato fatto, ben al di sopra del dono meraviglioso che è la vita delle piante, dei pesci, dei boschi, degli uccelli… e di tutte le creature che ci vivono intorno. Noi siamo in grado di prenderci cura di loro!” (Audrey Shenandoah, Onondaga)
Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”
Arrivederci al prossimo incontro, che avrà per titolo: “Amore e sofferenza fra sublimazione e masochismo”
Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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