Posted on

Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d’essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell’ampiezza uniforme; l’aria gli par gravosa e morta; s’inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a’ suoi monti.

Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell’avvenire, e n’è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que’ monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l’immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s’imparò a distinguere dal rumore de’ passi comuni il rumore d’un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.

Cari Lettori, quello che vi abbiamo appena proposto è il celebre “Addio, monti”,  brano tratto dal capitolo VIII dei Promessi Sposi, di Alessandro Manzoni nel quale, l’autore, riporta gli struggenti pensieri di Lucia mentre saluta tristemente, a bordo di una barca, il paese tanto amato.

Ella, costretta alla fuga per sfuggire a un triste destino, rivolge il suo addio soprattutto ai monti, paragonati ai visi dei suoi cari, ai torrenti che ricordano il suono delle voci dei suoi amici, alle ville sparse, alla chiesa in cui si sarebbe dovuta sposare, alla sua casa nativa e alla casa del promesso sposo, Lorenzo Tramaglino.

Quando uno lascia un paese tutte le cose acquistano, prima della partenza, un valore straordinario di ricordo e ci fanno pregustare la lontananza e la nostalgia. (Corrado Alvaro)

Emigrare

Dal latino “E – migrare” (andare via) identifica, da sempre, il “lasciare il territorio di origine, per andare a vivere, temporaneamente o stabilmente, altrove”.

Cari Lettori, tornando indietro con la memoria, possiamo ipotizzare che i primi emigranti per antonomasia possono essere considerati “Adamo ed Eva”.

Ma, volendo operare uno sforzo di immaginazione. Potremmo considerare tali, anche gli occupanti dell’Arca di Noè e, perché no, gli Ebrei che, cercando di liberarsi dalla schiavitù, seguirono Mosè alla ricerca della Terra Promessa

Non si emigra solo per scappare dalle crudeltà di casa propria, ma anche per raggiungere le profondità della nostra anima. (Cit.)

Ma, per giungere ai tempi nostri…

Era il 1972 quando un camion, che avrebbe dovuto trasportare macchine da cucire, subisce un incidente sotto il tunnel del Monte Bianco nel quale 28 lavoratori africani originari del Mali (Nascosti nel camion da giorni) che viaggiavano verso la Francia alla ricerca di un futuro, perdono la vita.

La Convenzione per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (stimolata da quella tragedia) vede la luce il 18 dicembre del 1990 ed entrain vigore nel 2003 grazie alla ratifica del Guatemala

Ecco perché, Il 18 dicembre si celebra la “Giornata internazionale del Migrante”

Il tema è di scottante attualità perché da qualche decennio assistiamo a uno spostamento di persone da un continente all’altro alla ricerca di pace e tranquillità.

L’Europa vien vista da tante popolazioni dell’Africa e del Medio Oriente come l’obiettivo da raggiungere, costi quel che costi.

Perché si abbandona il proprio Paese, cui si è legati da tanto affetto?

Molte volte, è una scelta drammatica e obbligata.

Si scappa per persecuzioni etniche, religiose, razziali, politiche e culturali e, anche, in presenza di una guerra o di una minaccia di un conflitto.

Ci sono vari regimi nel mondo che eccellono per brutalità e barbarie.

Pensiamo, giusto per fare un esempio, alle ostilità della Turchia nei riguardi del popolo curdo, da decenni sottoposto a violenze di ogni tipo.

L’ONU, tramite vari organismi, cerca di arginare in qualche modo, questi comportamenti criminali ma i risultati, nelle varie parti del mondo non sono, purtroppo, (con)vincenti.

Questo perché la pace, la democrazia, l’amore non hanno presa nella mente e nel cuore freddo di chi ha raggiunto il potere con la violenza e, coerentemente, pretende di  mantenerlo a tutti i costi.

Il Diritto non abita presso tanti regimi….

In Iran, ad esempio, un giovane viene impiccato con accuse farneticanti e il mondo “civile” si scopre “impotente”, con la sola possibilità di tenere desta l’attenzione su crimini senza senso.

Davanti a stupri, violenze e uccisioni, chi vive in questi posti politicamente infernali fa di tutto pur di scappare e si presta a qualsiasi ricatto ed umiliazione.

Attoniti e sgomenti, osserviamo sempre più spesso dai media, minori non accompagnati che scendono da barconi fatiscenti nella speranza che, ospitati altrove, possano avere un futuro normale.

Il termine “normale” è tra i più usati nel nostro tempo. E non è certo un caso.

Davanti alla crudeltà dei tempi ciascuno di noi desidera una vita normale. Ognuno è infelice a suo modo. I nostri problemi appaiono di tipo diverso da quelli dei migranti ma sono, in realtà, altrettanto gravi perché, figli di secolari civiltà, avvertiamo profondamente il “male di vivere”.

Chiusi nell’inferno del nostro scontento siamo impregnati di indifferenza e individualismo.

I fattori che decidono i ritmi dell’immigrazione, come abbiamo visto, sono numerosi e complessi.

Le guerre e la carestia che generano ondate di profughi e non ultime, le ragioni politico economiche stabilite da paesi “canaglia” che utilizzano il ricatto dell’invasione (per mancato controllo alle proprie frontiere) al fine di ottenere vantaggi nei confronti di Paesi più ricchi.

Vanno, ignari di tutto, ove li porta la fame, in terre ove altra gente è morta; come il pezzente cieco o vagabondo erra di porta in porta, essi così vanno di mondo in mondo. (Edmondo de Amicis)

L’arrivo di persone (da qualunque parte provengano e quale che sia il loro censo) oltre un certo limite, modifica assetti, equilibri e tradizioni. È giocoforza concludere che il territorio che riceve quest’onda, si organizzi a difesa dello status quo.

Quindi…

Da una parte, pesano le difficoltà e le sofferenze di quanti premono ai confini, dall’altra, esiste un declino demografico dei Paesi industrializzati che porta a non poter rimpiazzare adeguatamente manodopera per cui, molti imprenditori, cercano manovalanza dove possono.

Inoltre, per quanto riguarda il nostro Paese, milioni di persone hanno un’età compresa fa i 65 e i 101 anni! Questo, lascia presumere:

  • la necessità di un sempre crescente numero di badanti che (in assenza di personale “nostrano” disponibile) deve, per forza, provenire da oltre confine;
  • l’utilità di risorse umane più motivate che sospingano, anche i nostri giovani, a contrastare un declino complessivo molto simile all’ultimo atto dell’Impero Romano di Occidente

“Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali”. 

Cari Lettori, quello che avete letto, è l’estrapolato della relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, dell’Ottobre 1912! 

Eppure, frastornati da media in larga parte “pilotati”, proprio noi Italiani, per esempio, detestiamo i migranti dimenticando che il nostro popolo per decenni, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, è stato costretto a migrare al di là “dell’Atlantico mar” nel tentativo di sfuggire alla miseria e alla povertà.

Per non parlare delle migrazioni interne ed esterne delle nostre popolazioni dopo la fine della seconda guerra mondiale…

Nella realtà di tutti i giorni, quando arriva un gruppo che soffre, quest’ultimo viene percepito come un fastidio e si ignora che non sta arrivando merce qualsiasi quanto, piuttosto, Esseri Umani.

Il piazzale del molo Beverello era pieno di gente di ogni paese. E c’erano centinaia di emigranti che dovevano partire per l’America. E c’erano tutti i parenti che erano venuti a salutarli per l’ultima volta. Poi, improvvisamente, la nave cominciò a fischiare e, allora, tutti si misero a piangere. Le mamme riempivano l’aria di strilli, le mogli si disperavano, i bambini piangevano. E loro, poveri “guagliune”, salivano a bordo che avevano gli occhi pieni di lacrime. Molti si erano portati un gomitolo di lana colorata per buttarlo nel momento della partenza. In questo modo, un capo restava in mano a loro e, l’altro, in mano a chi stava sul molo. La nave si mosse lentamente, come se non volesse partire. I gomitoli cominciarono a srotolarsi a poco a poco e, per qualche secondo, avemmo l’impressione che fossero più forti della potenza dei motori. Ma, poi, ci fu il distacco e i fili di lana rimasero ancora un po’ per aria, come una scia colorata. Fino a quando, non li vedemmo più ( da “Vita di Luciano de Crescenzo” – Mondadori Ed.)

Sovente, coloro che hanno gesti di doverosa fratellanza, vengono attaccati da politici che parlano alla parte più “negativa” presente in ognuno di noi.

E questi personaggi trovano ascolto in tanti elettori. In qualunque Paese del Mondo. È questa, la verità

I migranti vengono additati come responsabili dei nostri problemi e non si riflette che sono i sistemi politici occidentali che sbandierano i concetti di libertà e democrazia ma, in fondo, mantengono un assetto politico e sociale che non riduce le differenze tra i vari strati della popolazione.

In sostanza molti di noi stanno male e le fasce di povertà diventano sempre più vaste, perché i poteri finanziari che (al di là dei confini dei vari Stati) controllano il mondo, muovono il capitale per tutelare minoranze privilegiate e non certo per meglio redistribuire le ricchezze.

Questo spiega perché sono crollati i valori etici e siamo in mano a masnadieri della peggiore risma, che si arricchiscono grazie a connivenze di ogni tipo.

Pochi di quelli che hanno potere decisionale, usano il loro ruolo come servizio per la collettività. La maggioranza, invero, in modi sempre più tracotanti vende la propria anima (ammesso che ne abbia ancora una) in una diabolica asta al ribasso.

Purtroppo, il “Sistema globalizzato” si sta sviluppando in modo da “asfaltare” ogni diritto umano. Partendo da quelli elementari.

Unico, per credenti e soprattutto laici, è papa Francesco che parla sempre in modo chiaro e fa riferimento al Vangelo come “summa” spirituale e comportamentale.

È un viaggio inutile come tutti i viaggi della vita e come la vita stessa, ma bisogna farlo per illudersi, per credere a qualcosa, altrimenti è finita (Cit.)

Ogni “io” ha senso se si incontra coi tanti “tu” in spirito di amicizia e fratellanza. Ogni simile è nostro prossimo.

Se non lavoreremo per questo non ci sarà un futuro che possa essere definito “umano”.

E allora, che cosa fare?

Al di là di tante discussioni motivate, prevalentemente, da opportunismi politici ed egocentrici, perché non pensare di rendere questo fenomeno, un’occasione di scambio proficuo, utile e costruttivo? È inutile attuare una politica che miri ad imbrigliare l’immigrazione, bisogna accettare l’idea che il fenomeno durerà almeno dei decenni e che riguarda milioni di persone che non possono semplicemente “accamparsi” per mesi, per anni o per sempre. È necessario, quindi, un programma di più ampio respiro.

D’altronde le migliaia di Albanesi che si stabilirono in Italia fra il quindicesimo e il diciottesimo secolo, si sono dimostrate compatte e integrate nella lotta comune del nostro Risorgimento.

Opporsi ai movimenti di massa, significa negare il fatto che, l’Energia crea spostamento e, con esso, genera Vita. E’ chiaro che i cambiamenti, proprio per lo scombussolamento che ne consegue, determinano crisi dalle quali si esce a condizione che (come suggerì un saggio) “di fronte al vento del cambiamento non sorgano muri ma si elevino mulini eolici”!

Altrimenti si arriva a lamentele paradossali come quelle di alcuni amministratori regionali i quali si meravigliano dei danni causati dalla fauna selvatica (cinghiali, storni, lepri, cormorani, lupi, etc.) a cui si dovrebbe rispondere: “E’ la Natura, Baby, che riprende i suoi spazi!”

Al giorno d’oggi, perchè lo scambio sia possibile, utile e proficuo, bisogna almeno predisporre gli strumenti per favorirne quell’integrazione concreta che induca gli “ospiti” a donarci le loro conoscenze e il patrimonio della propria cultura, per crescere e migliorare insieme.

In Natura, come ci spiegava Darwin, non sopravvive il più forte ma chi elabora la migliore strategia.

Da parte nostra, grazie ad una “normale” capacità di riflessione, possiamo elaborare progetti mirati a vivere e lavorare in conciliazione e benessere…nel rispetto di una solidale politica sociale ma, soprattutto, di un pizzico di “sano Egoismo”

Tornare? Torni chi ha

dopo lunghi anni, dopo un lungo viaggio,

stanchezza del cammino e una gran voglia

della sua terra, della sua casa, dei suoi amici,

dell’amore che al ritorno fedele lo aspetta.

Piuttosto, e tu? tornare? non pensi a tornare,

ma a proseguire libero avanti,

disponibile per sempre, giovane o vecchio,

senza un figlio che ti cerchi, come Ulisse,

senza un’Itaca che aspetti e senza Penelope.

Prosegui, vai avanti e non tornare indietro,

fedele fino alla fine del cammino e della tua vita.

Non sentire nostalgia di un destino più facile,

i tuoi piedi sopra la terra non calpestata prima,

i tuoi occhi di fronte a ciò che non hai mai visto prima

(Luis Cernuda Bidón)

La Nostalgia del Paese natio…

Così noi nasciamo. Per sempre, prendendo congedo (Rainer Maria Rilke)Cari Lettori, ci siamo già occupati di una così triste tematica in un altro editoriale intitolato “il male di vivere”

E allora, perchè tornare sull’argomento?

Forse perché sentiamo nelle nostre ossa ormai provate da tante “intemperie” il freddo di chi, partendo, considera il “distacco” alla stregua della morte: “ultima nota della melodia dell’esistenza, quella che ne chiude il movimento” (Heideger)

Lo sguardo di chi sa che non tornerà, ricorda quello del cane che ti accompagna come un amico fedele: porta in sé qualcosa di struggente. La sua immaginazione, infatti, non conosce l’abisso della fine e si affida allo sguardo di chi tiene il suo “guinzaglio”.

L’angoscia diventa, a questo punto, “la nostra condizione affettiva fondamentale” (Heideger)

Ognuno di noi è, alla fine, un po’ migrante…

Abbandoniamo tutti,  sempre qualcosa.

Freud stesso, descriveva il “divenire” della nostra vita come una serie successiva di tagli: dalla placenta, dal cordone ombelicale, dal seno, dalla propria madre, dal proprio corpo infantile

In ognuno di questi passaggi, qualcosa è destinato a perdersi irrimediabilmente.

Forse per questo motivo, leggiamo nelle Sacre Scritture che Adamo, per potere entrare in una legame di relazione con l’altro (Eva), ha “dovuto” perdere una parte di se’ (la “costola”)

Cari Lettori, la nostalgia può avere due diversi volti: quello del rimpianto e quello della propositività.

Il nostro augurio è che, per ognuno di noi, il ricordo di qualcosa che è stato e che non può più tornare diventi lo stimolo per andare oltre la “notte” in cerca del sole che risorge, puntuale, con la meraviglia del bambino che scopre, nei germi dell’adolescenza, i prodromi di quell’adulto che non abbasserà mai lo sguardo ma, semmai, fisserà l’obiettivo e lo raggiungerà.

Un po’ come Lucia Mondella di Manzoniana memoria, indispensabile strumento di vita nella conversione del feroce “Innominato”.

Ed è per questo, cari Lettori, che vogliamo lasciarvi alle bellissime, struggenti, note di Ennio Morricone…

Addio, Monti

Probabilmente di tutti i nostri sentimenti, l’unico che non è veramente nostro è la nostalgia. La nostalgia ha a che fare con le vite precedenti, con tutti quei secoli passati che non ci appartengono più. (Fabrizio Caramagna)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto per gli aforismi e gli spunti di riflessione proposti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *