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Strana genesi, quella della parola “lavoro”. La sua derivazione etimologica è alquanto incerta. Si sa, però, che il termine è stato coniato dai latini, probabilmente come processo sincopato di due vocaboli: Labi (scivolare, andare verso) e orare (pregare).

La conclusione che possiamo trarre è che, probabilmente, si volesse intendere l’impegno di energie fisiche e intellettuali nell’esercizio di un’arte, un mestiere o una professione, alla stregua di una missione protesa a dare un senso concreto e positivo all’esistenza di ciascuno, con il rispetto e la dignità che si deve alle attività di meditazione contemplativa.

In effetti, ciascun essere vivente si applica in qualcosa per appagare delle necessità e per migliorare, nel contempo, l’esercizio di determinate funzioni.

E questo lo chiama lavoro, da che mondo è mondo.

In “questo” mondo, invece, il lavoro viene, per lo più, inteso come sfruttamento teso a produrre reddito in nome di un effimero consumo di beni e risorse non rinnovabili. Una opportunità di riscatto viene offerta, al mondo, dalle potenzialità di crescita dei paesi emergenti, a condizione che, tanti esseri umani in cerca di realizzazione, vengano orientati e accompagnati nella direzione di uno sviluppo sostenibile, consapevole, utile e flessibile.

Cari Lettori è un dato di fatto che la povertà, ovunque si volga lo sguardo, regni sovrana. Per ridurla drasticamente c’è bisogno di un nuovo modo di guardare, osservare e considerare gli altri.

La beneficenza o la carità sono gocce d’acqua nell’oceano e spesso sono azioni che, più o meno consapevolmente, servono a salvare quell’anima e a tacitare quella coscienza (di chi “elargisce”) che troppo tranquilla non sta.

Per dare un realistico contributo a questo drammatico problema, bisogna riflettere con l’ausilio di testi basilari e continuare il lavoro di chi, per primo, ha inventato l’uso del microcredito come momento di reale solidarietà.

Parliamo di Muhammad Yunius.

Ma andiamo per ordine con qualche considerazione sul nostro tempo.

Tra i testi recenti che aiutano a pensare e (possibilmente) ad agire vi è l’Enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco: un documento aureo di cui parliamo spesso e che attrae non solo i credenti ma anche (e soprattutto) i laici estremamente sensibili alle tematiche della fratellanza, della solidarietà e dell’inclusione.

Riportiamo alcuni concetti basilari che sono di ausilio al nostro discorso.

La storia, in questi anni, sta dando segni di un ritorno all’indietro. Assistiamo a conflitti anacronistici che si pensavano superati e, nello stesso tempo, vediamo rinascere nazionalismi “chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi”. Almeno nella forma, sperando che la “sostanza” sia diversa

Da ciò si sta diffondendo un egoismo sempre più esasperato e una perdita del senso sociale della vita.

Sentiamo, sempre più spesso, l’espressione “aprirsi al mondo” ma essa, purtroppo, è stata fatta propria dall’economia e dalla finanza.

Aprirsi al mondo, per i personaggi di queste categorie, significa soltanto investire senza fastidi in ogni nazione per aumentare sempre di più gli utili delle aziende. L’elemento umano è tenuto in bassissimo conto perché non è la crescita umana, sociale e politica delle persone che interessa, ma l’aumento del capitale.

L’economia globale, inizialmente sbandierata come la panacea di tutti i mali, ha mostrato il suo vero volto: “la Società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli”.

Il globalismo (l’Enciclica lo evidenzia lucidamente a chiare lettere) favorisce l’identità dei più forti che proteggono sé stessi, rendendo sempre più vulnerabili e fragili le regioni più deboli e povere.

Sin dai tempi antichi le persone più bisognose hanno richiesto aiuto.

Questo, da parte dei ricchi, si è tradotto spesso in prestiti di danaro con interessi così elevati da entrate crudelmente nel campo della usura.

Nonostante la critica di varie istituzioni e degli stessi artisti (si pensi, a livello letterario, ai versi di Dante) l’usura domina ogni epoca, compresa la nostra.

Non siamo nel migliore dei mondi possibili, ma in un mondo che ha molto bisogno di ridurre le profonde disuguaglianze presenti al suo interno.

Al centro di ogni discorso dobbiamo porre la parola “solidarietà” che è usata, però, spesso in abbondanza e talvolta a sproposito.

Solidarietà significa pensare ed agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni.

Solidarietà è “lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi”.

Già nei testi dei primi secoli del Cristianesimo troviamo considerazioni sulle ingiustizie del mondo così come si sono sviluppate nel corso dei tempi.

Non dare ai poveri parte dei propri beni è rubare ai poveri, è privarli della loro stessa vita. E quanto possediamo non è nostro, ma loro. (Giovanni Crisostomo)

Si pensava già allora che, il motivo per cui qualcuno non avesse il necessario per vivere con dignità fosse legato al fatto che, qualcun altro, se ne stesse appropriando…

Quando distribuiamo agli indigenti qualunque cosa, non elargiamo roba nostra ma restituiamo loro ciò che ad essi appartiene (Gregorio Magno)

In ogni età vi sono state persone (in numero assai ristretto, purtroppo) che hanno provato autentico orrore dinanzi all’usura.

Esemplare l’atteggiamento di Francesco d’Assisi che si spogliò dei beni paterni, frutto non solo di attività commerciali ma anche di molta usura.

Anche persone ammantate della migliore “buona fede”, nel corso dei secoli hanno affermato che si può prestare dietro garanzia ma che, alla fine, si deve restituire con gli interessi.

Qui siamo nel meccanismo delle banche che prestano soldi a chi ne fa richiesta, a patto di tutelarsi con richieste abbastanza vantaggiose.

Insomma si presta a chi “ha “già di suo mentre il poveraccio che chiede, anche poco, viene con formale ma inflessibile gentilezza messo alla porta.

E a questo punto, cari Lettori, entra in campo Muhammad Yunius con la sua idea che pare, a posteriori, semplice come il famoso “uovo di Colombo”

Un giorno capii che l’America era grande perché si basava sulla possibilità di scegliere fra una gamma infinita di beni e servizi. Tutte cose che, nel mio Bangladesh, non potevano essere nemmeno immaginate dalla stragrande maggioranza della popolazione, per via dell’impossibilità di accesso al credito, elemento fondamentale di un qualsiasi pilastro imprenditoriale, unico volano economico in assenza di realtà e cultura industriale. 

Ha “inventato” la prima banca al mondo ad effettuare prestiti ai più poveri, basandosi non sulla solvibilità ma sulla FIDUCIA.

Un incrocio, il suo modo di fare, tra Gandhi e Francesco d’Assisi.

Economista e banchiere bengalese egli è stato l’ideatore e realizzatore del microcredito moderno. Un sistema, il suo, di piccoli prestiti destinati ad operatori troppo poveri per poter ottenere crediti “dai circuiti bancari tradizionali”.

Per la sua importante attività ha ricevuto, nel 2006, il Premio Nobel per la pace.

Con il suo atteggiamento “rivoluzionario” è riuscito a mettere la scienza economica al servizio della lotta alla povertà.

Il suo regalo più grande all’umanità è stato quello della fondazione della Grameen Bank, unica al mondo a prestare sulla “fiducia”

Il primo prestito fu di 27 dollari USA concesso a un gruppo di donne del villaggio di Jobra le quali, anziché ricorrere agli usurai, potevano finalmente lavorare e vivere del ricavato dei loro prodotti artigianali, senza essere sfruttati in modo indecoroso.

Yunius capi l’importanza delle donne per la riuscita del progetto.

L’invito fu di formare delle cooperative che coinvolgevano strati sempre più ampi della popolazione. In uno stato povero come quello africano, queste attività portarono un contributo anche alla emancipazione femminile.

La stessa Banca Mondiale, man mano che il microcredito si diffondeva in molti stati (oltre cento), dovette prendere atto dello straordinario fenomeno e fare riflessioni importanti al riguardo.

Alla gente laboriosa non servono i miliardi. Ha bisogno di poco e di fiducia per cercare di dare realtà a un suo progetto.

Il sogno di Yunius sembra, certo, con gli occhi dell’oggi, solo un sogno: vedere il mondo senza povertà. Utopia, ci viene da pensare. Utopia. Ma, imboccando la strada giusta, un domani lontano chissà…

In Bangladesh, dove non funziona nulla, il microcredito funziona come un orologio svizzero. (Muhammed Yunius)

Cari Lettori, per le Fisica dei Quanti la coscienza di ogni individuo appartiene ad una ben più ampia Coscienza, definita Universale. Quest’ultima sarebbe l’insieme di tutte le coscienze di ogni elemento animato.


Carl Gustav Jung ha spiegato che ogni singola persona appartiene ad un Tutto, qualcosa di immenso, a cui ha dato il nome di “Inconscio Collettivo”: un insieme di consapevolezze individuali che appartengono e formano, tutte assieme, una Coscienza Collettiva unica.

Assieme al fisico Pauli, Jung si dedicò anche allo studio della sincronicità degli eventi che quasi sempre avvengono in corrispondenza ad un preciso pensiero il quale determina, di conseguenza, una serie di conseguenze niente affatto casuali.

Il premio Nobel per la Fisica Max Planck (a cui molti attribuiscono il merito di aver fondato la Fisica Quantistica), ha sempre sostenuto che l’Universo è troppo perfetto per non essere stato creato da una forza incredibilmente intelligente e altrettanto perfetta: pertanto ogni evento sarebbe legato a un progetto “superiore”.

Secondo questi assunti, l’Anima di ognuno di noi sarebbe unita a quella di tutti gli altri, al punto che l’insieme delle anime formerebbe un’Anima sola; una sorta di Amore Universale.

Personaggi come Muhammed Yunius, sono distanti anni luce, in termini di mentalità operativa, dai tanti mestieranti adusi al sostegno non finalizzato, capace solo di realizzare “cattedrali nel deserto”. Il suo autentico merito, è stato quello di operare in controtendenza rispetto alla filosofia dell’accesso al credito che vede premiati solo coloro che dispongono di garanzie tali da far dubitare della reale necessità di ricorso al finanziamento medesimo.

Al contrario, questo “banchiere di Dio”, ha dato fiducia alle capacità di sviluppo dei più poveri che, a suo dire, rappresentano i clienti più affidabili in quanto consapevoli del fatto che l’opportunità concessagli, rappresenta l’occasione della vita. 

Tutta la forza di Grameen, deriva dalla sua quasi totale capacità di recupero, in assenza di crediti in sofferenza. 

Questo, finalmente, ha consentito di profilare un nuovo modo di intendere la gestione delle cose del (terzo) mondo, al riparo da tentazioni assistenzialistiche e caritative, comprese le moratorie sul credito. 

Cari Lettori, per la nostra immagine di copertina abbiamo volutamente scelto di evitare quella di Muhammed Yunius lasciando, nell’immaginario di ciascuno, la possibilità di proiettare idealmente qualunque figura emerga dall’animo, sul piano emotivo.

Noi, abbiamo scelto di volgere lo sguardo verso un Maestro “illuminato” come Franco Battiato che ci accompagna, nel commiato della settimana, con la sua impareggiabile “Cura”.

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te

Vagavo per i campi del Tennessee
Come vi ero arrivato, chissà
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni
Attraversano il mare

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza
Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza
I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi
La bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi

Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

Ti salverò da ogni malinconia
Perché sei un essere speciale
Ed io avrò cura di te
Io sì, che avrò cura di te

“Solo diventando consapevoli del nostro ruolo nella vita, per quanto piccolo, saremo felici. Allora potremo vivere e morire in pace perché solo questo dà senso alla vita e alla morte” (A. Saint – Exupèry).

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento ad Amedeo Occhiuto per gli aforismi proposti