Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Moltissime persone, anche quelle la cui cultura linguistica dovrebbe essere insospettabile, scrivono e dicono “ossequiente” (inseriscono quella “i” che non c’entra minimamente) credendo che questo aggettivo sia un deverbale, sia, cioè, un aggettivo derivato dal verbo “ossequiare”. Se cosí fosse si dovrebbe dire “ossequiante” perché il participio presente (con funzione aggettivale) dei verbi in “are” ha la desinenza in “ante”: parlante; cantante; …ossequiante. La persona rispettosa, riverente, ubbidiente, che rende ossequio si dice “ossequente” (senza la “i”). Notiamo, con piacere, il fatto che in questo caso tutti i vocabolari sono concordi, lo stesso Zingarelli, uno tra i piú “permissivi”, non ammette la “i”. Altri, meglio, riportano – in parentesi – che la forma “ossequiente” è errata. E hanno perfettamente ragione: ossequente discende dal latino “obsequente(m)”, accusativo del participio presente “obsequens” del verbo “obsequi” (ubbidire, accondiscendere). Attraverso un processo di assimilazione ‘obsequentem’ è diventato ‘ossequentem’, quindi – in italiano – “ossequente”. L’assimilazione, sarà utile spiegarlo, è un processo linguistico per cui dall’incontro di due consonanti la prima diventa uguale alla seconda. Nel caso specifico di “obsequente(m)” la consonante “b” è stata assimilata dalla “s”. Il verbo “ossequiare”, quindi, come si può ben vedere, non ha nulla a che vedere con l’aggettivo ossequente che è – ripetiamo – la sola forma corretta. L’equivoco grossolano della “i”, se si esclude il verbo ossequiare, potrebbe esser nato dalla “i” di ossequio. Ma ora che avete “scoperto” l’errore, cortesi amici, siate… ossequenti alle leggi della lingua.
A cura di Fausto Raso (18 settembre 2013)

Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.