Pubblicato su Lo SciacquaLingua
“I delitti sono proporzionati alla purezza della coscienza, e quello che per certi cuori è appena un errore, per alcune anime candide assume le proporzioni di un delitto”
Questo pensiero dello scrittore francese Balzac ci ha richiamato alla mente il fatto che gran parte delle persone confondono il delitto con l’omicidio, nel senso che ritengono i due termini l’uno sinonimo dell’altro (e la colpa, forse, è anche della stampa, maestra nell’arte di confondere le “idee linguistiche” alle persone sprovvedute). No, gentili amici, il delitto e l’omicidio non sono affatto sinonimi anche se l’omicidio è un… delitto, come è un delitto, del resto, il latrocinio o il rapimento. Il delitto, per tanto – lo avrete capito – è un qualunque reato. Compiono un’azione delittuosa, quindi, tutti coloro che – come dice l’etimologia del termine – “vengono meno (al dovere)” e “commettono una mancanza”. Ma vediamo di spiegarci meglio. Il delitto, dunque, sotto il profilo etimologico, è il latino “delictu(m)” (crimine, reato), derivato di “delictum”, supino del verbo “delinquere”. Il verbo latino, a sua volta, è composto con la particella “de”, con valore intensivo, e con il verbo “linquere” (lasciare, abbandonare), con il significato, quindi, di “lasciare indietro”, “mancare” e, per tanto, “venir meno (al dovere)”, “commettere una mancanza”, “commettere una colpa”. Il ladro, quindi, commette un “delitto” rubando; l’assassino commette un “delitto” uccidendo. Come si fa a sostenere, dunque, la tesi secondo la quale l’omicidio e il delitto sono la stessa cosa? Tutte le persone che commettono un reato, un delitto “delinquono”, vale a dire – come abbiamo visto – “abbandonano la via (della giustizia, della legge)”. Il delinquente chi è, infatti, se non colui che si allontana dalla retta via? Alcuni vocabolari ci contraddicono… Ma tant’è. E a proposito di omicidio, si legge e si sente dire, spesso, l’omicidio di Moro (e simili). L’espressione ci sembra impropria: l’ucciso non ha commesso l’omicidio (come ci farebbe pensare la preposizione “di”), lo ha “subìto”. Consigliamo, quindi, di omettere la preposizione di e scrivere: omicidio Moro.
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.