Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Se apriamo un qualsivoglia vocabolario della lingua italiana ─ il Treccani, per esempio ─ al lemma “germanismo” possiamo leggere: «In linguistica, parola, locuzione o costrutto peculiari di una lingua germanica, considerati in sé o in quanto introdotti in un’altra lingua». Con il termine “germanismo”, insomma, si intende – in linguistica – ogni parola o locuzione tedesca (o di origine germanica) entrata a pieno titolo nella lingua di Dante – solitamente con modificazione della pronuncia e della grafia, “rispettando”, cosí, i sistemi grafici e fonetici del nostro idioma.
I “teutonicismi” dunque ─ ci sia consentito questo neologismo attestato, con nostra sorpresa, in numerose pubblicazioni ─ presenti nel nostro linguaggio corrente si possono dividere in due gruppi: 1) germanismi antichi (quelli entrati nel nostro idioma durante le invasioni barbariche); 2) germanismi moderni (quelli entrati nella nostra lingua in seguito ai rapporti politico-culturali intercorsi fra le regioni germaniche e il nostro Paese, dal secolo XIV al XX).
Fra i germanismi antichi “fanno spicco”: termini militari (elmo, guardia, guerra, bando, albergo, strale, sgherro, sguattero); termini di parti del corpo umano (guancia, anca, milza, stinco, schiena, nocca); nomi di colori (grigio, bianco, bruno, biondo); vocaboli vari (guercio, schermo, sghembo, palla, melma, schietto, zolla, zazzera, snello, spaccare, bara, arraffare, grinta, strofinare, spruzzare, stormire, recare); termini dell’arredamento, di utensili domestici, della casa (sapone, scaffale, sala, stalla, panca, nastro, spola, scranna, stamberga, vanga, stecca, lesina, roba, rocca).
Tra i germanismi moderni fanno la parte del leone quelli entrati nel secolo XX: voci culturali (psicanalisi, hinterland, plusvalore); termini gastronomici (crauti, strudel, gulasch, wurstel); voci politico-militari (lager, panzer, fuhrer). Nei secoli precedenti si possono “contare” solo voci isolate, come piffero, alabarda, borgomastro, brindisi, cobalto, feldspato, valzer.
A cura di Fausto Raso
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.