Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Spesso nello scrivere (ma anche nel parlare) adoperiamo il verbo guardare “in tutte le salse”, a scapito di una prosa forbita. Ci spieghiamo. È meglio non usare il verbo guardare quando, a seconda del contesto, c’è/ci sarebbe un verbo più appropriato.
Vediamo, dunque, qualche esempio – estrapolato da varie pubblicazioni – in cui il predetto verbo è adoperato “impropriamente”, in parentesi il verbo che fa/farebbe alla bisogna.
La signora, civettuola, non perdeva occasione per guardarsi (mirarsi) allo specchio; guarda (osserva) bene ciò che faccio ché poi dovrai sostituirmi; si copra bene, signora, con questo cattivo tempo, per guardarsi (difendersi) dai malanni di stagione; dal giardino pensile gli invitati non smettevano di guardare (ammirare) il panorama; il doganiere ci guardò (squadrò) fissamente, poi controllò i nostri bagagli; guardate (badate), qui c’è una voragine; guardate (cercate) di venire il prima possibile; dalla tua descrizione si nota, chiaramente, che non hai guardato (osservato) tutti i particolari; il bambino era in cortile a giocare e il padre lo guardava (adocchiava) in continuazione.

Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.