L’interazione è una particolare forma “intima” di comunicazione che, di per sé, (provenendo, etimologicamente, dal latino cum e munire – legare, costruire – e communico
mettere in comune, far partecipe) si intende il processo e le modalità di trasmissione di un’informazione da un individuo a un altro (o da un luogo a un altro), attraverso lo scambio di un messaggio elaborato secondo le regole di un determinato codice.
Per essere più completi…
“Un processo di scambio di informazioni e di influenzamento reciproco che avviene in un determinato contesto”.
In psicologia e psicoterapia psicoanalitica/psicodinamica si parla, ad esempio di transfert e controtransfert a proposito del rapporto empatico che si crea fra l’analizzato e il professionista psicoterapeuta e viceversa e, addirittura, di pretransfert e precontrotransfert in relazione alle impressioni (fantasmatizzazione primaria) che si creano dal primo contatto telefonico, sempre fra i due soggetti in questione, confermate o meno al primo incontro “de visu” (fantasmatizzazione secondaria).
Situazioni di impatto capaci di determinare simpatia o antipatia “a pelle”, si fondano sullo stesso principio e avvengono su base inconsapevole (cioè dettate dall’attività neuropsicologica che avviene a livello subcorticale).
Ma, anche, qualsiasi attività di relazione umana (immaginiamo la sintonia necessaria ad un corpo di ballo, ad una squadra sportiva o, ancor di più, ai trapezisti) compreso, ovviamente, il vasto mondo dei sentimenti fonda il suo principio sullo scambio di energia fra esseri viventi.
Si parla, tecnicamente, di “identificazione proiettiva” (nel senso che si “avverte” e si “vive” l’energia dell’altro, capace di attivare la nostra che vibra alla stessa frequenza, con un meccanismo simile a quello di un diapason) o di “Entaglement” (concetto spiegato addirittura da Einstein e alla base della Fisica quantistica, che spiega come sia possibile, ad esempio, che due elettroni appartenenti allo stesso atomo, pur portati a grandi distanze fra loro, continuino a dialogare incessantemente).
L’iperscanning dell’Empatia
Empatia. Cioè, la capacità di identificarsi con un’altra persona in una determinata situazione e di percepire e comprendere i suoi stati emotivi. È una dote così importante per lo sviluppo sociale da essere profondamente radicata in quelle zone del nostro cervello, dove “nasce” la coscienza di esistere (neocorteccia, formazione reticolare mesencefalica, talamo e ippocampo).
“E’ già una felicità poter amare anche quando ad amare si è soli” (Théophile Gautier)
Il primo a usare il termine “empatia” (traduzione del tedesco Einfuhlung), fu il filosofo Theodore Lipps, che lo usò agli inizi del Novecento per indicare la relazione tra l’artista e il committente, che proietta se stesso nell’opera. È proprio questo tipo di esperienza che ci permette di riconoscere gli altri come persone simili a noi e, quindi, favorisce la messa in atto di abilità sociali fondamentali, come l’apprendimento attraverso l’osservazione e la comprensione dei bisogni e dei desideri altrui: una capacità, insomma, che (almeno in teoria) consente di ottimizzare le interazioni tra individui.
Partendo dall’analisi della personalità, iniziata nel 1800 con la Psichiatria dinamica e continuata con la psicoterapia psicodinamica, le moderne neuroscienze, hanno voluto “osservare dal di dentro” dei flussi bioelettrici del cervello ed ha avuto la conferma del fatto che l’attività cerebrale di persone impegnate in un’interazione sociale ha rilevato i segnali di una sincronizzazione complessiva neurologica. La scoperta è stata ottenuta attraverso una nuova metodologia di imaging cerebrale, denominata “iperscanning” (in cui si interpolano, per la prima volta, i risultati ottenuti da elettroencefalografia, magnetoencefalografia e spettroscopia funzionale all’infrarosso), che coinvolge più soggetti contemporaneamente
Impronte cerebrali di gruppo
Un gruppo sempre più numeroso di neuroscienziati utilizza una tecnologia sofisticata e una matematica molto complessa per catturare ciò che accade in cervelli interconnessi all’interno di una qualsiasi relazione (e interazione) sociale. Ad esempio, quando le persone sono impegnate nel contatto visivo, nella narrazione, nell’attenzione congiunta focalizzata su un argomento o su un oggetto, o qualsiasi altra attività che richieda uno scambio interpersonale.
Il coinvolgimento conta
Al di là delle sfide pratiche delle neuroscienze interattive, è emersa una domanda più filosofico – esistenzialista: le informazioni neurali raccolte monitorando le persone durante l’interazione sociale sono significativamente diverse dalle scansioni effettuate quando i soggetti sono soli o agiscono solo come osservatori? E’ importante che la persona che stiamo guardando ci guardi a sua volta? C’è differenza tra pronunciare una frase e rivolgerla a qualcuno che sta ascoltando?
Le ipotesi deduttive di chi, da sempre, ha studiato il comportamento umano rendendosi conto, ad esempio, dell’importanza delle relazioni oggettuali (le forme di interazione che cominciano nel rapporto fra madre e figlio), trovano conferma neurofisiologica.
Ci spiega lo psichiatra e neuroscienziato sociale Leonhard Schilbach del Max-Planck-Institut per la Psichiatria di Monaco di Baviera, che “la cognizione sociale differisce fondamentalmente quando si è coinvolti direttamente con un’altra persona rispetto a quando si osserva un’altra persona”.
Questo chiarisce, ad esempio che, sicuramente l’empatia emotiva (o l’identificazione proiettiva) attiva i “circuiti del coinvolgimento” ma che, la realtà concreta nell’azione, genera tutta un’altra reazione.
I suoi studi successivi hanno continuato a documentare differenze nel modo in cui risponde il cervello coinvolto in un’interazione.
Nei cervelli dei bambini, le regioni coinvolte nell’immaginare stati mentali altrui sono più attive quando credono di interagire con un coetaneo rispetto a quando immaginano di interloquire con persone di età diversa dalla loro.
In studi di attenzione congiunta, una componente critica dell’interazione sociale, Redcay ha scoperto che le regioni coinvolte in questa sorta di mentalizzazione cerebrale (come la giunzione parietale temporale), rispondevano in modo diverso quando i soggetti condividevano l’attenzione rispetto a quando guardavano qualcosa in modo indipendente.
E quanto più gratificante troviamo un comportamento, tanto più è probabile che lo ripeteremo.
Ciò è dovuto al fatto che, per apprendere qualcosa, le informazioni sensoriali che arrivano dal mondo esterno (o, anche, dallo stesso nostro mondo interno attraverso i propriocettori) per trovare giusta collocazione nella corteccia cerebrale (ed essere, in questo modo, fissate in memoria) debbono passare attraverso il percorso obbligato dell’Ippocampo che, guarda caso, è una struttura che fa parte del mondo delle emozioni,
L’ascolto empatico
Le storie, frutto di immaginazione, fantasia, aspettative, sogni e desideri sono fatte per essere raccontate ma, anche ascoltate. Resta, nelle mente di ogni bambino divenuto adulto, il ricordo dei momenti trascorsi con i propri cari nell’ascoltare racconti (favole, etc.).
La psicologia ha, da tempo, spiegato che si parte anche da questo per realizzare il collante di qualsiasi collante emotivo.
Le neuroscienze hanno dimostrato la veridicità di tutto questo, sempre grazie all’ausilio dell’iperscanning. Il neuroscienziato Uri Hasson della Princeton University ha condotto esperimenti pionieristici sull’accoppiamento dei cervelli usando la narrazione.
In uno di questi studi, ha posto un soggetto in uno scanner e gli ha chiesto di raccontare una storia. In seguito ha inserito un’altra persona nello scanner e gli ha fatto ascoltare una registrazione della storia raccontata dalla prima persona.
Hasson ha confrontato l’elaborazione del cervello di chi parlava con quella di chi ascoltava (nel corso del test), abbinando la loro attività cerebrale momento per momento e ha trovato la prova dell’accoppiamento dei due cervelli.
“Il cervello dell’ascoltatore diventa simile al cervello di chi parla”, dice Hasson. E più i cervelli erano allineati, maggiore era la comprensione riferita dall’ascoltatore. Afferma Hasson, “Il tuo cervello come individuo è determinato dal cervello a cui sei connesso.”
Di recente Hasson ha unito le forze con Wheatley di Dartmouth per vedere se riuscivano a misurare l’accoppiamento dei cervelli durante la conversazione.
Dove vanno, i Pensieri, quando smettono di essere pensati?
Qualcuno ha detto che, in fondo, noi siamo “un corpo, un’anima e un vestito”. Sarà anche vero ma è anche importante chiedersi:“Dove alberga l’essenza dell’Essere Umano?”
Ognuno di noi, nasce perchè i propri genitori (risultanza del complesso energetico universale) hanno fornito cellule gametiche che, unite, sono state in grado di determinare un nuovo Mondo (lo Zigote) diverso dai Mondi che si sono incontrati (l’Ovulo e lo Spermatozoo): un Universo in Miniatura in cui, un micro Big Bang ha determinato una imponente moltiplicazione cellulare (Gastrula, Blastula, Morula, etc.) capace di dialogare con l’ambiente, per differenziarsi in ogni sua parte (dall’Embrione al Feto) e dare origine alla strutturazione umana.
Il Corpo è il risultato dell’aggregazione di energia addensata che, da atomi e molecole, crea organi e apparati e che, soprattutto, ci viene concesso in “comodato d’uso”.
La nostra Psiche (in quanto “soffio vitale”) nasce dall’interpolazione della scintilla divina (il Bosone di Higgs, pare) determinata dal movimento dei quark che, in base alle sollecitazioni del mondo esterno, creano una danza governata dall’Interazione Forte e da quella “Debole”, da cui vengon fuori quelle frequenze elettromagnetiche che, propagandosi, danno “la vita” alla Materia.
Ma, tutto questo, è Energia Universale e, in quanto tale, appartiene a tutti. E a nessuno.
E infatti, scientificamente si dice che l’Essere Umano sia contemporaneamente, Uguale (nell’Energia), Simile (nei Bisogni percepiti) e Diverso (all’interno dei propri Pensieri…).
E allora, è solo nel momento dell’Apprendimento (inteso come quel processo psichico mediante cui, l’esperienza, incidendo sul sistema nervoso, modifica il comportamento dei viventi) che dimostriamo di essere “Noi”, personalizzando in maniera unica e irripetibile, la matrice energetica universale.
“Una buona conversazione” dice Wheatley – “comporta il creare nuove idee insieme ed esperienze che non avresti potuto avere da solo”.
Se ci scambiamo una mela, tu ed io avremo sempre una mela ciascuno. Ma se ci scambiamo un’idea, nella nostra mente avverrà una moltiplicazione esponenziale (Cit.)
Bibliografia
- Scientific American 10.04.2019
- Il meccanismo dell’Apprendimento (www.lastradaweb.it)
- Il Pensiero e la coscienza di se’ (www.lastradaweb.it)
Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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