COLLOQUI RISERVATI
In questo lavoro, così come negli altri della medesima sottosezione, si riportano estrapolati di colloqui analitici, finalizzati ad affrontare argomenti di interesse pubblico. L’operazione, con il consenso degli interessati, rispetta tutti i dettami della legge sulla Privacy ed i principi del rispetto e della correttezza professionale.BUONA LETTURA Caro dottore, dopo tanti colloqui d’analisi dedicati a capire alcuni elementi reconditi della mia personalità, sono giunta alla conclusione di voler abbandonare definitivamente il meccanismo autolesionistico, per cui me la prendo con me stessa in qualsiasi circostanza sfavorevole, anche quando non ho alcuna responsabilità in merito all’evento. Fino ad oggi, durante i colloqui con lei, ho avuto molte spiegazioni su quest’abitudine scorretta che, però, continuo a mettere in atto. Negli ultimi mesi ho condotto una vita assurda, sia dal punto di vista personale che lavorativo. Ho lavorato per molte ore al giorno (recludendomi nel mio studio professionale) ed ho guadagnato pochissimo per una serie di congiunture molto strane. Ricordando queste cose me la prendo con me stessa!
Perché?
Perché non solo ho scelto io di farlo, ma non mi sono neanche bloccata in tempo!
In che modo si sarebbe potuta bloccare?
Avevo capito che quel sistema era sbagliato… ma ho continuato!
Aveva alternative?
No, ma avrei potuto cercarle… come sto facendo ora.
Ma ora ha capitalizzato il valore dell’esperienza frustrante. Senza quegli eventi spiacevoli, non avrebbe avuto dei parametri di riferimento per sapersi correttamente orientare. I nostri pensieri, le nostre decisioni sono il frutto di riflessioni accurate che tengono conto di un range di possibilità: il famoso criterio che noi poi usiamo per operare una scelta. Lei ha arricchito questo bagaglio. Non essendo cresciuta in un ambiente favorente, senza queste “tribolazioni” (ampiamente analizzate durante i nostri colloqui) non sarebbe giunta a queste conclusioni. Ovviamente tutto ciò sarebbe stato superfluo se fosse cresciuta in una famiglia che l’avesse aiutata ad imparare come prendere delle decisioni corrette nella vita privata, nel lavoro e nelle amicizie. Ma siccome i suoi familiari, a loro volta, hanno vissuto e continuano a vivere in maniera scorretta ed anomala, lei (per imparare a vivere) ha dovuto fare esperienze costose dal punto di vista energetico e dal punto di vista di equilibrio psicologico, grazie alle quali oggi può sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato. Lei “cresce” bruciando dei tempi, perché sta recuperando tutti gli anni in cui hai vissuto male, gli anni dell’infanzia, gli anni dell’adolescenza. Ad ogni modo, non crei astio nei confronti dei suoi genitori.
Le riporto un aforisma di Kahlil Gibran: “Chi ti dà una serpe quando chiedi un pesce, può darsi che abbia solo serpi da dare. La sua, dunque, è generosità”.
Ma lei per molto tempo mi ha esortato a riflettere sul fatto che le mie scelte non fossero corrette!
È servito a creare una base di nuove acquisizioni su cui poter lavorare, in seguito.
Come, prego?
Ascolti, fintanto che una persona non ha le idee chiare su come si vive in maniera “matura”, non si può ritenere colpevole delle problematiche conseguenti! Lei, per lungo tempo ha rappresentato un prototipo di essere umano che brancolava nel buio per quanto concerne il sapersi comportare, il sapersi muovere. A queste condizioni non poteva agire diversamente da come ha fatto perché (come sa bene), qualunque messaggio arrivi dal mondo esterno, prima di poter essere preso in considerazione, va valutato, riflettuto, ponderato e meditato per diventare, infine, un convincimento proprio. Perché accada ciò, è necessario che la persona cui giunge un messaggio (che può anche ritenere corretto), possa verificarlo con logica. Per verificarlo con logica ha bisogno di operare un riscontro nella realtà che la circonda. Per fare ciò, deve avere dei dati mediante i quali raffrontare la realtà che osserva con quello che ha in memoria e poi scegliere qual è la soluzione migliore. Ma se la persona non ha esperienza di alcun genere in merito a ciò che sta facendo, anche se il messaggio che arriva dal mondo esterno le sembra corretto, usa per abitudine ciò che ha visto fare a persone di riferimento (familiari o altri). Anche se ciò è scorretto, si è acquisita un’abitudine e si continua a mantenerla in quanto l’inconsapevole, come sa, difende i propri apprendimenti fino a quando non si rende conto che effettivamente esiste di meglio e quindi, in maniera autonoma, decide di costruire un nuovo convincimento, frutto di ciò che ha visto, pulstimolato dai messaggi che sono arrivati dal mondo esterno, dalle spiegazioni. In definitiva, l’inconsapevole arriverà a questa conclusione: “cambio atteggiamento perché l’ho deciso io, è una mia idea”. Da questo meccanismo, non deroga nessuno.Quello che mi preoccupa un po’ è il tempo che potrò impiegare a risolvere i miei problemi. D’altronde sono più di quattro anni che lavoro con lei in analisi…
Quattro anni possono sembrare molti in termini assoluti ma sono “nulla” relativamente al suo punto di partenza ed alle problematiche dei suoi familiari. Non dimentichiamo che suo padre soffre (da molti anni) di gravi ossessioni e manie fobico – depressive, sua madre è afflitta da insicurezze invalidanti (e manie persecutorie) ed a suo fratello è stata diagnosticata una sindrome psicotica borderline. Se aggiungiamo che anche lei era avviata verso “acque molto torbide” ed il percorso analitico è stato disturbato da eventi che non ci hanno consentito di ottenere il meglio, ecco che essere riusciti in “soli” quattro anni a rimetterla in carreggiata al punto tale da potere vedere un futuro “normale” (con molte possibili soddisfazioni), è qualcosa di fenomenale! Leista camminando anche fin troppo velocemente: per il suo bene… “è bene che sia così”!
E di fronte alle difficoltà attuali, agli impedimenti ed alle paure?
Quello a cui lei si riferisce non sono le difficoltà cui porre attenzione! Questi sono i sintomi mediante cui si proteggi dalle difficoltà. I veri problemi li ha citati prima: lei è infastidita con se stessa perché lo scorso anno ha lavorato in pessime condizioni, come mi ha spiegato all’inizio del colloquio, oggi, di fronte ad eventi lavorativi, soprattutto se poco o per nulla remunerati, si rifiuta di agire: stia tranquilla, come le ho spiegato prima, lei non poteva agire diversamente da come ha fatto. A questo punto, alla luce di queste spiegazioni, l’astio nei suoi confronti è ancora presente?
No!
E se non esiste la “difficoltà”, può produrre dei sintomi?
No! Allora io, da oggi, dovrei poter fare tutte le normali attività della vita quotidiana e lavorative tranquillamente?
Se sono stato chiaro nelle spiegazioni, se lei le ha riconosciute corrette, se le ha accettate, il risultato sarà certamente positivo.
Ma ci tengo così tanto a trattarmi male? Io ho pure pensato che forse mi impedisco di fare una passeggiata o di andare in piscina perché mi voglio impedire attività utili e piacevoli.
Ma perché? Cosa ritiene di commettere di così grave, da impedirsi ogni tipo di gratificazione?
Provo spesso rabbia verso me stessa, per qualunque cosa.
Ma se piove se la prende con se stessa? C’è stato un attentato in India, si vuole ritenere responsabile?
Mah, l’altro giorno ho rotto alcune cose mentre caricavo la lavastoviglie perché mi sono cadute dalle mani e me la sono presa con me stessa.
Invece, piuttosto che arrabbiarsi si sarebbe dovuta domandare perché non era attenta, a cosa stava pensando. Non può imporsi di essere attenta, può aiutarsi ad essere attenta migliorando la concentrazione. Se sta pensando ad altro mentre carichi la lavastoviglie, è probabile che qualcosa le sfugga di mano. E’ già tanto che non si tagli le mani, come accadeva nel passato. Quindi, anche in questo è migliorata. Non vuole accettarlo, ma è migliorata. E’ una realtà evidente! Paradossalmente, potrebbe darle fastidio il fatto che sia migliorata perché, a livello inconsapevole le vorrebbe che qualcuno le dicesse che ancora c’è tanto da lavorare perché è ancora indietro, infatti, dal suo temperamento, quando le dimostro i suoi miglioramenti, si evidenzia un leggero disappunto, quasi di delusione. La prossima volta mi porto una telecamera, così da farglielo vedere.
Ma perché quando cerco di trovare gli aspetti positivi che ho, per risollevarmi nei momenti di difficoltà, non li trovo?
Quelli che le sto mostrando oggi, secondo lei sono reali o sono prese in giro?
Sono reali.
…Però, siccome è cresciuta in un ambiente che l’ha “iniziata” al lamento ed ai piagnistei. Neanche fosse una degna rappresentante della tragedia greca, si “deve” costruire (a livello inconsapevole) le motivazioni per potersi lamentare.
Ma siccome mi do fastidio da sola e poi do fastidio anche agli altri, questo aspetto del lamento, non lo posso eliminare completamente?
Lo chieda a se stessa quando si incontra allo specchio! Ad ogni modo, anche su questo sta migliorando, perché tutte le volte che mi chiamava al telefono, fino a qualche mese fa “attaccava” con un sospiro ed un lamento, poi mi chiedeva se fossi stato disponibile… ma già mi aveva “ammorbato”! Adesso, il tono della sua voce quando mi chiama, anche se è in difficoltà, è diverso.
Ma mi lamento comunque!
Si lamenta comunque, ma con meno intensità, infatti, anche quando è in difficoltà notevoli e mi telefona, comincia con “Scusi se la disturbo”: già non c’è lamento, ma prima premette “‘è disponibile?”, quindi vuol che sta usando la neutrergia. Vuol dire che si rende conto di disturbare un’altra persona e non ha perso il controllo di sé. Una persona che perde il controllo di sé per troppa paura non può rendersi conto che disturba gli altri: cerca di chiamare chiunque per essere soccorsa. Dopo “scusi se la disturbo” aggiunge “so che non mi dovrei ridurre così, però nonostante stia cercando di capirne i motivi non riesco a venirne fuori e mi sento male”. In conclusione, produce un articolato ben concertato rispetto alle telefonate del passato.
Non me ne accorgo.
E’ chiaro che non se ne accorge, perché altrimenti non potrebbe (a livello inconsapevole) sostenere dentro di sé, la convinzione delle proprie incapacità.
Ma perché nel passato non avvertivo queste difficoltà? In alcuni momenti sembra quasi che sia peggiorata, durante questo lavoro analitico!
Che professione “ingrata”… la mia! Come le ho spiegato in più occasioni, nel passato, lei aveva imparato a bloccare moltissime delle sue emozioni, sia positive che negative. È vero che non produceva disturbi apparenti, ma non riusciva a godere “nulla” della vita, si trovava rinchiusa in una camicia d’acciaio. Così come in una “vergine di Norimberga” (strumento di tortura) doveva produrre un immobilismo di sensazioni e di azioni, per non rimanere infilzata dagli aculei della esostruttura! Lei ha vissuto momenti pericolosissimi: non reagire di fronte a gravi provocazioni e prevaricazioni (sentendosi colpevole di tutto) apre la strada a quadri psicotici!
Non capisco!
Così come un organismo privo di risposte immunitarie non ha speranze di sopravvivere di fronte ad attacchi settici (andando incontro a setticemia), una psiche che non reagisce, ribellandosi, di fronte a frustrazioni ingiuste… è spacciata! Quando un organismo è in grado di opporsi con un veemente quadro infiammatorio, ha buone speranze di cavarsela, anche se subirà danni dalle sue stesse azioni difensive (un po’ come succede durante una guerra civile). I suoi disturbi evidenziano una ritrovata capacità reattiva ai fastidi che prova di fronte a difficoltà: tutto ciò le rappresenta il passaporto verso la salvezza!
Ma quanto tempo dovrà trascorrere ancora, prima che io guarisca?
A parte il fatto che lei non è malata, il tempo necessario (come sempre) sarà inversamente proporzionale allo studio che continuerà a fare per riequilibrare la sua personalità. Non dimentichi, per favore, che quando ci siamo conosciuti, lei (pur essendo una professionista) era come una bambina necessitata ad imparare quasi tutto… del vivere quotidiano. Per i miracoli…si faccia invitare dal Padreterno… e prenda un caffè con lui: forse la tirerà un po’ su!
Non sia ironico, per favore…
Mi stia bene a sentire: cinque anni fa, mi sono assunto una grossa responsabilità morale (oltre che professionale) quando l’ho sostenuta per sfuggire dalle grinfie di alcuni suoi familiari intimi… per cui, la mia tranquillità personale, oltre che professionale, dipende anche da come evolve il nostro lavoro. Per cui, senza vittimismi, continuiamo a darci da fare e chiudiamo questa “pratica”!
Sì…
Come dice? Non sia timida…alzi il tono della sua voce!
SI!!
Per sorridere un po’, posso dirle che lei ha modificato i termini di questa famosa massima di Fedro: “Giove ci impose due bisacce; ci mise dietro quella piena dei nostri difetti e davanti, sul petto, quella con i difetti degli altri. Perciò non possiamo scorgere i nostri difetti e, non appena gli altri sbagliano, siamo pronti a biasimarli”.
In pratica, lei si ritrova, davanti, tutte e due le bisacce, per cui vede bene i suoi limiti e si sente oppressa da ciò; vede anche i limiti altrui e, mentre nel passato si riteneva colpevole di queste problematiche, oggi reagisce in maniera eccessiva, come risultato della seguente dinamica inconsapevole fra vecchio e nuovo:
Vecchio: “ecco qua, sono responsabile dei problemi degli altri!”
Nuovo: “BASTA! NON TI SOPPORTO PIU’!!”
Vecchio: “Ma di che ti lamenti, tu sei nuovo di queste cose, devi imparare che noi siamo sfortunati, siamo nati accidentati”
Nuovo: “TI ODIO,VORREI SOPPRIMERTI!!”
Vecchio: “A si? Ricordati che siamo legati indissolubilmente!”Oddìo… e come ne esco?
Mediante il meccanismo della “diluizione energetica”, come le ho spiegato spesso. In pratica, lei continua a portar fuori i ricordi, riceve spiegazioni e ci riflette per modificare i suoi apprendimenti. Anche se appare complesso, per il sottoscritto è normale amministrazione. Però, non metta fretta perché, se perdiamo qualche colpo…sono dolori!
Per aiutarla in questo lavoro, posso riepilogarle la parte finale di un lavoro scientifico sulle paure, elaborato dal sottoscritto sulla base di molto materiale prodotto dal Dr. Giovanni Russo.
In pratica, esistono fondamentalmente, tre gruppi di paure:
- Paure da eventi ineluttabili (conflitti bellici, catastrofi naturali, incidenti non dipendenti dalla propria volontà, etc.) à ci si può soltanto adattare (creando nuovi “equilibri”) alle mutate condizioni o subirle.
- Paure da Fobie à in questo caso è necessario affrontare un percorso analitico dal momento che, molte fobie, vengono prodotte, a livello inconsapevole, per “proteggerci” da qualcosa che temiamo più della stessa fobia.
- Paure da mancato raggiungimento di una adeguata maturazione à su queste, che costituiscono la maggiorparte delle preoccupazioni umane, si può “lavorare” per risolverle.
In che modo?
Anzitutto,debellando le “scuse” che si frappongono fra noi e la risoluzione del problema ( Non ho tempo ! Lo farò dopo! Ho altro cui pensare ! >>) cercando di utilizzare i seguenti suggerimenti :
- imparare a camminare gradualmente (ogni cambiamento nelle proprie abitudini mentali richiede dei tempi “tecnici” necessari);
- imparare a rialzarsi dopo le cadute (non ci si può abbattere nel morale se si incontrano difficoltà nel cammino di trasformazione) ;
- prima di farsi travolgere dalla paura, mettersi alla prova nella realtà (Siamo proprio sicuri di non essere in grado di fare quella determinata cosa ?) ;
- sostituire l’illusione che la soluzione dei propri problemi possa venire dal mondo esterno con la condizione di realtà in base alla quale ognuno, imparando, deve essere l’artefice della propria esistenza ;
- imparare a metabolizzare (ridimensionandole) le delusioni da frustrazione, in maniera da non vivere nella paura di soffrire per eventuali errori propri o di altri à EVVIVA LA LIBERTA’ DI PROVARE (esperienze non dannose!)
- considerare le paure come condizioni utili derivanti dal cambiamento (realizzato o da attuare) delle proprie abitudini à a queste condizioni le paure servono per affrontare “il nuovo” ed evitare di ristagnare in un “immobilismo” deleterio ;
- anziché preoccuparsi di calmare i sintomi prodotti dalla paura di agire (ansia, etc.), prepararsi ad affrontare l’evento che ha creato la paura à se ci si accorge di non essere pronti per affrontare l’evento che ci fa paura, è utile rimandare per analizzare la situazione ed affrontarla meglio : allontanando “l’agire” si allontanerà anche la paura ;
- trasformare la paura in piacevole attesa : se si deve parlare in pubblico (esami, relazioni di vario genere, etc.) si può “godere” del piacere di ripetere quello che deve comunicare à quando si ha chiarezza su quello che si deve dire, si sostituirà con una attesa piacevole e chiara, una sconosciuta paura oscura
la regola fondamentale per superare la paura è quella di mettere al posto del “buio”, la chiarezza luminosa
- utilizzare messaggi scritti o mentali come mezzi di autosuggestione (senza prendersi in giro), come ad esempio, “Calma” – ” So quello che devo fare, non ho motivo di essere preoccupato, ho il diritto di stare tranquillo !”– etc. ;
- ogni paura superata, aggiunge un mattone alla costruzione della propria maturazione, in una graduale e continua crescita : ricordiamoci di calibrare le difficoltà che intendiamo superare, in base allo sviluppo della nostra personalità, in quel momento, senza pretendere violentemente di risolvere tutto e subito ;
- le strutture, gli strumenti e i mezzi della Personalità crescono parallelamente alle paure da affrontare, in funzione delle paure superate e degli arricchimenti che il loro superamento hanno determinato ;
- se la paura viene determinata da un ostacolo molto impegnativo, anziché fuggire è necessario studiare il sistema per trovare la soluzione, senza vittimismi : e se proprio non si riesce a risolvere, sarà bene rinunciare à le sconfitte fanno parte dei limiti della nostra esistenza terrena.
- convivere con la paura senza avere provato ad affrontarla, equivale ad essere prigioniero delle sabbie mobili: la paura di non ottenereilraggiungimento di un obiettivo preventivato fa soffrire per il tempo necessario a verificare ciò che temevamo, convivere con quella paura può fare soffrire anche per degli anni;
- “la vita accade malgrado i nostri piani” ; noi esseri umani possiamo elaborare, trovare soluzioni, promuovere e decidere le azioni che riguardano tutte le dinamiche della IDENTITA’ ma quando si tratta di dinamiche riguardanti la relazione con gli altri esseri umani, le difficoltà diventano più impegnative perché non possiamo penetrare compiutamente i pensieri altrui.
In conclusione, agganciandomi anche alla sua paura di sbagliare, la saluto con l’esortazione che un vecchio saggio, mi “trasmise”: “Se chiudete le porte ad ogni errore, anche la verità resterà fuori!”
Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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