Quel propulsore chiamato Identità.
Questo articolo è stato pubblicato, per la prima volta, il 16 giugno 2009. A distanza di tanto tempo, necessitava di un sostanziale “ammodernamento integrativo”.
BUONA LETTURA
“Toccherà forse agli scienziati del terzo millennio sciogliere ciò che, nel 1813, Schopenauer definiva il nodo cosmico , ossia l’enigma che ognuno di noi si porta dentro, che condiziona e, in un certo senso, crea la condizione umana: cioè l’intreccio tra il mondo degli oggetti materiali, compreso il nostro corpo e quella entità ineffabile e apparentemente immateriale che oggi chiamiamo mente(spirito, anima, mana, etc.) che da millenni intriga e affatica filosofi, scienziati, religiosi, moralisti e, insomma, chiunque si interroghi sullo statuto umano e sulla immaterialità della maggior parte delle nostre esperienze umane”. ( La Repubblica – Cultura – 15.01.2001)
Come espresso più di una volta, molti grandi uomini, una volta raggiunta la consapevolizzazione degli assurdi sociali, hanno perso mordente nel continuare e, in virtù dello stretto rapporto che esiste fra quello che pensiamo e ciò che determiniamo in noi (grazie alle diffusioni delle emozioni, attraverso il sistema limbico), hanno deciso di terminare anzitempo la loro esistenza terrena, attraverso la produzione di patologie inguaribili.
Per quanto riguarda noi “comuni mortali”, ogni tanto, quando entriamo in crisi per aver pensato quello di cui stiamo parlando, creiamo un vuoto di relazioni. Il più delle volte si cerca una strada per continuare a mascherarsi da persone sicure, fino ad arrivare a sistemi come alcol e droghe che servono a stordire i sensi di inferiorità (salvo poi viverli “amplificati” alla fine dell’effetto di questi tossici).
In verità, l’individuo contemporaneo tende a bloccare il dialogo con se stesso, per non sentire il fastidio nei propri confronti, derivante da scarse realizzazioni.
Qual è la strada da percorrere?
Non resta che continuare a puntare su se stessi, imparando a valorizzare sempre meglio le proprie potenzialità inespresse, così da affrontare le proprie debolezze e riuscire, finalmente, a stimarsi e proteggersi.
Assunti fondamentali di Erik Kandel
Una volta dimostrato scientificamente che la sede della mente e dei suoi prodotti derivati (coscienza di sé, razionalità, sentimenti, etc.) risiede nei centri superiori del Sistema Nervoso Centrale, si estrinseca nel dialogo fra neuroni, nevroglia e cellule endocrine e immunitarie (il ché sta alla base della Psiconeuroendocrinoimmunologia) e che, pur dipendendo dalle informazioni genetiche, non siamo “geneticamente determinati”, ci si è messi al lavoro, usufruendo di metodiche moderne come la RMN, la Pet la magnetoenecefalograia e tutto il software in grado di riprodurre modelli matematici di intelligenza artificiale comparabile con alcuni nostri aspetti interiori, per scoprire perché, ognuno di noi, “sa di essere”!
Molti Neuroscienziati come, ad esempio, il premio Nobel Gerald Edelman (Un Universo di coscienza – Einaudi ed.) o Antonio R. Damasio (L’errore di Cartesio – Adelphi ed.) ritengono che la base di tutto, la cosiddetta “coscienza nucleare” possa avere origine nel dialogo fra le microparticelle che risiedono nel DNA degli atomi di neuroni e nevroglia dei centri nobili cerebrali e l’adattamento soggettivo alle stimolazioni ambientali (epigenetica). Tali informazioni verrebbero, poi, trasmesse alle cellule degli altri grandi apparati (endocrino ed immunitario) per creare un feedback, cioè una comunicazione biunivoca e continua fra i tre grandi sistemi (nervoso, endocrino e immunitario).
Grazie a questo, una grande massa di cellule (nervose, endocrine ed immunitarie) si può autoconfigurare in modo da creare le condizioni per la realizzazione di un’identità strutturale in grado di riconoscersi come entità a sé, rispetto all’ambiente da cui giungono segnali e sollecitazioni e generare il mondo delle emozioni (che abbia come sede di partenza l’area cerebrale talamo – corticale).
La ricerca dell’uomo per capire chi sia e da dove deriva il sapere di esistere, sta affrontando elementi cruciali per decodificare i meccanismi di autoconfigurazione cellulare da parte dell’attività psicoemozionale. In questo lavoro si cercherà di fornire elementi esaustivi anche se a livello divulgativo, partendo dalle più moderne acquisizioni scientifiche senza trascurare il territorio delle discipline umanistiche, da cui il sapere ha tratto origine.
Che cos’è la coscienza?
Questo termine deriva dal latino e indica quella consapevolezza soggettiva, più o meno chiara, che l’uomo ha di sé (cioè dei suoi sentimenti, delle sue percezioni, dei suoi pensieri, ecc.) e di ciò che lo riguarda: in sostanza, la capacità di rendersi conto di qualcosa o la possibilità di tutte le funzionalità inconsapevoli che si esprimono mediante il tono dell’umore, il tutto grazie all’attività del pensiero, che rappresenta quella funzione dell’intelletto estrinsecantesi, mediante il sistema nervoso, nella produzione di elaborati più o meno complessi.
Gli esperti distinguono due forme fondamentali di coscienza definite, rispettivamente:
- “di base” prevalentemente consapevole, responsabile di percezioni e apprendimenti “espliciti”, di cui siamo in grado di rendere conto;
- “attuale” prevalentemente (anche se non esclusivamente inconsapevole, caratterizzata da percezioni definite “implicite”.
- La prima attiene alla consapevolizzazione di esistere, di possedere un corpo ed una propria identità e consente, inoltre una localizzazione di sé nello spazio e nel tempo. La seconda consente l’estrinsecarsi di attività elaborative a produzione inconsapevole (Percezioni – Emozioni).
Dove nasce la coscienza
In un certo qual modo, allo stato attuale, in base ai risultati raggiunti dai ricercatori, si può affermare che l’attività della nostra coscienza (consapevole o meno) è possibile dal momento che vengono coinvolte alcune zone peculiari del nostro cervello, fra cui:
In base alle più moderne acquisizioni neuroscientifiche, possiamo concludere che siamo in grado di percepire consapevolmente solo ciò che arriva in modo “efficace” alle aree associative della corteccia cerebrale. I processi di elaborazione che avvengono al di fuori della corteccia rimangono a livello inconscio. Siccome per l’attivazione della corteccia è indispensabile un coinvolgimento preventivo di queste altre zone (gangli basali sottocorticali, sistema libico, etc.), è facile dedurre che questo, tecnicamente, dimostra il fatto che la consapevolezza dei nostri elaborati è preceduta dall’attivazione delle attività inconsapevoli.
Di fatto, questa “costellazione” anatomica crea il fondamento neuronale e nevrogliale di ciò che possiamo chiamare “autonomia d’azione dell’individuo”, cioè la determinazione delle nostre azioni sulla base dell’esperienza. Dal momento che le componenti di elaborazione dei centri di controllo delle emozioni lavorano per lo più a livello inconscio, questo ci dà un’altra prova del fatto che l’io cosciente non esercita un controllo sull’inconsapevole ma, semmai, accade l’esatto contrario.
Il dialogo “interno”
E, a questo punto, entra in gioco il concetto e il valore del termine identità.
Identità deriva dal latino identitatem (da idem, stesso, medesimo) ed individua la relazione tra un essere umano e se stesso.
La prima formulazione del principio di identità è di Aristotele ed ha costituito, fin da subito, il presupposto fondamentale di ogni dimostrazione logica.
L’essere umano sviluppando la propria personalità, si esprime prevalentemente mediante la propria identità (colloquio con se stesso), per poi estrinsecarsi al mondo esterno mediante l’individualità (comunicazione con un altro individuo) e la collettività (comunicazione con il gruppo del contesto di riferimento).
Per identità intendiamo la comunicazione continua e costante, consapevole ed inconsapevole (prevalentemente), che ogni essere umano ha con se stesso,
Ogni manifestazione comportamentale, ogni sbalzo d’umore, ogni stato d’animo dipende da questo continuo dialogo con se stessi che, inoltre, consente un tratto di continuità fra presente e passato, del nostro mondo inconsapevole che sfugge al controllo del “consapevole.”
Questa sorta di comunicazione “profonda” ci consente di riconoscerci ogni giorno (consapevolizzazione dell’io), e di adattarci ai cambiamenti che avvengono istante per istante, lentamente, relativi alla nostra personalità, sul piano psicofisico; ecco perché ci accorgiamo delle nostre trasformazioni, solo osservando una nostra vecchia fotografia oppure rileggendo nostre riflessioni che avevamo messo su carta, nel passato.
Tutto ciò serve ad evidenziare un aspetto molto importante.
Poiché i cambiamenti avvengono molto lentamente, al punto tale da non accorgersene, ciò induce a riflettere sulla circostanza che, anche se si volesse accelerare tale processo, ciò non sarebbe possibile, perché si genererebbe una sorta di confusione che produrrebbe una inevitabile crisi esistenziale, al punto da non riconoscersi più.
Pertanto, sia dal punto di vista corporeo che psicologico, è necessario abituarsi ai cambiamenti stessi ricordandosi che la manifestazione visibile di ogni trasformazione, secondo leggi di Natura (che governano l’Universo intero), avviene lentamente, senza forzature, altrimenti si avrebbe una reazione di rifiuto verso se stessi.
Come accennato prima, si possono avere delle crisi relative alla propria identità, o per scombussolamenti dovuti a cambiamenti sostanziali della personalità, oppure per difficoltà di adattamento ai problemi della vita, dovute alla carenza di sviluppo dell’identità medesima.
Ogni essere umano, per poter ottenere il meglio dalla vita, dopo aver soddisfatto le esigenze indispensabili (nutrirsi, vestirsi, risolvere il problema relativo alla ricerca di una abitazione “rifugio”, etc.), sarà necessario che acquisisca conoscenze utili per promuovere la crescita della propria personalità globale, attivando correttamente le proprie capacità, portando avanti (con esito positivo) un programma di vita sostenuto con una buona organizzazione ottenendo, alla fine, anche un dialogo, col proprio mondo interiore, che renda sempre più forti.
La vita è una tempesta, mio giovane amico. In un momento potrete scaldarvi al sole, in uno successivo andare a frantumarvi contro gli scogli. Che cosa vi rende un uomo, è ciò che si fa, quando arriva quella tempesta. (Il conte di Montecristo, Alexandre Dumas)
Allora… per cominciare l’immersione alla scoperta degli immensi tesori custoditi all’interno dei nostri potenziali, è necessario acquisire più conoscenze possibile sul concetto di identità.
Con identità, quindi, si può connotare il soliloquio (discorso fra sé e sé) che avviene nel mondo interno, fra le sue varie componenti, sia dal punto di vista psichico che fisico determinando, in pratica, uno scambio di informazioni fra i tre “centri di potere” (sistema nervoso, sistema endocrino, sistema immunitario) che costituiscono il network vitale oggetto di studio nella specializzazione medica denominata psiconeuroimmunoendocrinologia.
Come abbiamo già visto, la modalità di comunicazione privilegiata dall’identità è quella della comunicazione profonda, che inizia nel DNA di ciascuna cellula e continua a livello degli “ambiti” in cui si genera la coscienza (nella zona cerebrale compresa fra telencefalo, diencefalo e mesencefalo), propagandosi nell’intero organismo, mediante neurotrasmettitori, neuromodulatori e liquido cefalorachidiano. Una sorta di soliloquio permanente, continuo, costante, durevole, ininterrotto, alternato da brevi pause, che servono per “ascoltare”, cioè per introiettare ed elaborare per poi, a volte, relazionarsi attivamente con il mondo esterno.
Nel processo dinamico dell’identità, si appalesano due modalità: una inconsapevole (che rappresenta oltre il 90%) ed una consapevole (che rappresenta meno del 10%).ed avviene quando si attiva la parte più alta dl telencefalo (che è costituito da corteccia sostanza bianca e nuclei della base): i sei strati della corteccia.
La parte consapevole si estrinseca, prevalentemente, attraverso:
- L’immaginazione cosciente;
- La fantasia.
L’immaginazione consente il dialogo fra sé e sé attraverso il rievocare dalla memoria qualcosa di già conosciuto (perché già “depositato”, sotto forma di esperienze vissute), Infatti, essa è poco usata all’inizio della vita, poi, man mano che se ne capiscono i valori e l’utilità viene usata sempre meglio.
La fantasia costituisce la facoltà di pensare senza regole fisse e di associare liberamente i dati in memoria, senza attinenza con la realtà: spesso è poco utile, ma quasi sempre è gratificante o compensatoria, alle frustrazioni quotidiane.
Il settore dell’inconsapevole, invece, si esprime mediante:
- L’immaginazione inconsapevole;
- Il sogno.
La prima, si “accende” ogni qual volta si debbano confrontare, per, il riconoscimento, gli elementi provenienti dal mondo esterno, sotto forma di stimoli pulstimoli, con i contenuti mnemonici (mediante azioni di tipo pulsionale).
Il sogno è determinato dall’attività mentale che si svolge durante il sonno e di cui al risveglio è possibile conservare un ricordo, a volte parziale e alterato. Si attribuisce al sogno una funzione compensatoria, in quanto esso sarebbe per lo più la manifestazione di un desiderio inconscio o l’elicitazione di tensioni accumulate durante la veglia.
A differenza di quello che la maggior parte delle persone crede, il ruolo dell’inconsapevole nella dinamica dell’identità è molto sviluppato. A volte, anche troppo!
Ciò vuol dire, ad esempio che, molto spesso, non ci si rende conto di come si vive. Il grado di inconsapevolezza del nostro essere, a volte, è talmente profondo che, quanto viene trasmesso al mondo esterno non passa attraverso il filtro del consapevole e si finisce per produrre “lapsus” (distrazione, errore “involontario” nel parlare o nello scrivere. rappresentante la manifestazione di un desiderio inconscio che affiora e trova così soddisfacimento) o altro di simile.
Ogni attività elaborativa del mondo inconsapevole determina, come risultato, la produzione di emozioni che influenzano direttamente il tono dell’umore .
Per dialogare, dall’identità verso il mondo esterno, esiste un veicolo che, il dott. Giovanni Russo (medico psicoterapeuta, ricercatore) ha definito “Io tramite”. Questo può essere:
- consapevole verbale
- consapevole non verbale
- inconsapevole verbale
- inconsapevole non verbale
IO TRAMITE VERBALE CONSAPEVOLE
Si intende la capacità che possiede ogni essere umano, di trasmettere verbalmente dal proprio mondo interno verso il mondo esterno, gli elaborati del pensiero, mediante “parole” in stato di responsabilità edotta, cioè rendendosi conto di quello che dice. Si utilizza, gran parte del carattere e del comportamento, nonché il ragionamento..
IO TRAMITE CONSAPEVOLE NON VERBALE
E’ il veicolo di trasmissione che non si serve delle parole ma utilizza tutto ciò che si indica col termine di “temperamento consapevolizzato”, ivi comprese alcune espressioni del carattere e, in alcuni casi, del ragionamento.
IO TRAMITE VERBALE INCONSAPEVOLE
Rappresenta la capacità di comunicare verbalmente, dal mondo interno al mondo esterno, gli elaborati del pensiero mediante la condizione non controllabile dell’incosapevolezza, anche se espressa parlando: per alcuni versi è conosciuta come irresponsabilità. È costituita dalle moltitudini di parole che ci si fa sfuggire senza controllo e di cui molte volte, ci si pente. Si utilizza parte del carattere, comportamento e ragionamento.
IO TRAMITE NON VERBALE INCONSAPEVOLE
E’ la strada della logica che si esprime prevalentemente col temperamento. Tutte le manifestazioni non controllate né espresse verbalmente che parlano sovente per smentire lo sforzo che il consapevole ha compiuto nel formulare frasi non vere, non accettate dalle dinamiche interne, molto spesso sono elaborati del pensiero che la logica smentisce ma che hanno la forza energetica di superare le barriere dei controlli e fuoriescono senza i controlli della volontà consapevole.
C’è un collegamento con termini come inconscio, conscio e preconscio?
Queste sono definizioni un po’ antiche, oggi si parla di consapevole e inconsapevole. Il conscio o consapevole, è la parte della nostra personalità che ci consente di renderci conto dei nostri pensieri e anche di quello che accade nel mondo esterno a noi.
L’inconscio o inconsapevole, riguarda invece il settore delle attività vitali organiche e mentali di cui non riusciamo a seguire consapevolmente l’andamento, ma le percepiamo attraverso il nostro umore: il buon umore è dato dal corretto rapporto fra corpo e psiche e dall’appagamento dei principali bisogni “qualificanti” (autoaffermazione ed autostima); il cattivo umore è il risultato di “temporali” interiori.
Il preconscio, secondo Freud, indica i contenuti psichici assenti dal campo della coscienza, ma che in esso possono, in qualunque momento, comparire: ad esempio, i ricordi, che sono “riattivabili”.
In pratica, volendo fare un esempio, potremmo paragonarci ad un palazzo, con l’ascensore che rappresenta la nostra identità. Si può andare dai piani interrati (inconscio) alle cantine del piano terra (preconscio), fino ai piani superiori (conscio).
Partendo da questo assunto, da dove ( e da cosa) nasce l’angoscia esistenziale?
La paura che, prima o poi, sarai “fatto fuori” perché sarai ritenuto non più utile (socialmente, moralmente, affettivamente, etc.);
Il turbamento relativo al fatto che, ora che sei ancora forte, non sai come dirigere e utilizzare questa tua energia;
Il senso di colpa che ti deriva dal fatto che, per realizzare tutto quello che hai prodotto (e che ti è costato sacrificio), con molta probabiltà avrai commesso degli errori che avranno fatto soffrire altri per cui tu, in qualche modo, cercherai di schivare rimorsi e rimpianti ma, dentro, ti porterai il peso di un vuoto “ingombrante”, perché ti blocca come una catena attaccata al collo e ad una delle due caviglie in maniera tale che, tu, avrai l’illusione di poterti muovere, spostando in avanti quella gamba che senti libera, le braccia che senti libere però… subito avrai un primo strappo perché il torace non lo potrai spostare più di tanto e, successivamente, subirai un secondo strappo perché, dopo aver portato avanti, la gamba libera, vai per muovere quella legata e quella, pur “rispondendoti”, senti che è impedita e dolorante perché l’anello cui è legata la catena, comincia a scavare la tua pelle che, a furia di sfregare porterà il segno dei dolori conflittuali.
E allora, come si diventa, nonostante i nostri limiti, persone equilibrate?
Non è facile accettare l’idea che la nostra vita sia limitata nel tempo; si avverte l’esigenza di vederla proiettata, in qualche modo, all’infinito: come si può riuscire a vivere bene nella consapevolezza della nostra realtà di “esseri provvisori”?
Partiamo dal concetto che, solo quello che siamo abituati a considerare “vita”, dal punto di vista umano, ha un termine mentre, in realtà, la vita presente sotto forma di “movimento” e “dialogo” fra le particelle degli atomi che ci compongono, non ha una fine prevedibile ma subisce solo delle trasformazioni, in termini di spin (rotazione delle particelle su se stesse), lunghezza d’onda (rappresentazione grafica della curva caratteristica che ogni particella “disegna” durante il suo cammino), frequenza (il numero di onde, nell’unità di tempo, caratteristico per ogni particella), decadimento (termine che indica la transizione da uno stato atomico instabile, ad un altro di energia inferiore), etc. In pratica, la chiave di tutto, sta nel concetto “studio” e nell’importanza che per noi assume, impegnare la mente per l’apprendimento di una o più discipline. Infatti, avere chiarezza sul concetto di vita, in senso oggettivo, ci aiuta a sentirci meno “finiti”. Inoltre, imparando che, comunque, per evitare di sprecare il tempo a disposizione, è necessario costruirsi degli obiettivi di autoaffermazione e di autostima che portino a realizzarsi nel lavoro e negli affetti, ci impedisce di annoiarci e ci consente di elaborare ipotesi su cosa ci può essere oltre quello che siamo abituati a chiamare “morte”. Posso aggiungere che, attraverso quello che di buono riusciremo a produrre, resteremo, per sempre, nel ricordo di chi ci seguirà.
…un bel giorno che qualcuno dice triste, un essere umano emerse dall’immenso universo inconscio, composto di energia vitale, e presa coscienza di sé, unità parcellare, si trovò su ciò che tutti chiamano Terra. Qui, verdi pianure di buoni pascoli, lì monti bianchi, vestiti dalle nevi perenni; boschi con alberi millenari, laghi di buona acqua dolce e mari di acqua salata, ora impetuosamente minacciosa, ora di onde calde e confortevoli, tanti esseri umani e tante varietà di animali di mille specie. In questa girandola di Esseri Viventi, tutti in continuo movimento, il nuovo Essere Umano, piccolo piccolo, sgomento e perduto, si rivolse lassù “ove è tardo lo sguardo” e piangendo, incredulo, ripeté smarrito: “Come farò?” Una voce lontana, come fosse l’eco della sua…ripeté: “AVRAI TANTI POTENZIALI POTERI CHE TI PERMETTERANNO DI VIVERE” Questi POTERI sono i componenti della PERSONALITA’ che tutti noi Esseri Umani, alla nascita, nel momento in cui abbiamo avuto la condanna alla vita, POSSEDIAMO.
Dobbiamo:
Prima CONOSCERLI
Poi SVILUPPARLI
Quindi SAPERLI USARE
Il nuovo piccolo essere umano, avendo constatato l’impossibilità di altre scelte, piano piano, giorno dopo giorno, iniziò a sentire in sé “i suoi poteri” e ringraziando chi gli aveva donato tanti tesori, iniziò a vivere ciò che tutti impariamo a conoscere: LA VITA TERRENA. In attesa di tornare lassù ove tutto è immenso, per lui che vale molto di più di ciò che la “condizione umana” può farci realizzare. Per nostra sventura e maggiore sofferenza, strada facendo ci si dimentica che il soggiorno è temporaneo e ci si avvinghia alla terra, avviluppati dai mille tentacoli che la società che abbiamo trovato ci elargisce, convinta di offrirci il meglio e molto spesso facendoci dimenticare il “vero scopo”: L’ESPERIENZA DI VITA TERRENA (da Osservando, Riflettendo e Meditando sull’essere Umano – Giovanni Russo – EUR Ed.)
Bibliografia
Giovanni Russo – L’essere umano per una vita migliore – Proprietà letteraria riservata – Roma
Giovanni Russo: La Psiche Umana – Sovera Ed. – Roma 1994
M. Jeannerod. La macchina del cervello. Fisiologia della Volontà. Vallecchi 1991. Brain and Mind, evolutionary perspectives. (Eds. M. S. Gazzaniga and J.S. Altman) HFSP Strasbourg 1998.
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M. Di Francesco. La coscienza. Laterza editori, 2000.
F. Bottaccioli: Psiconeuroimmunologia ; Red edizioni – Como 1995
Valerio Monesi: Istologia – Piccin – Padova 1982
Eric R. Kandel; Schwartz James H.; Jessell Thomas M., Perri V., Spidalieri G. (a cura di) Principi di neuroscienze, 3a edizione, CEA, 2003.
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Giorgio Marchese (medico psicoterapeuta) – Docente di Fisiologia Psicologia, Psiconeuroendocrinologia ed Epigenetica c/o la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico – Roma 2014
Si ringrazia Emanuela Governi, per gli aforismi suggeriti
Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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