Posted on


Fino a che punto, si possono tollerare?


Counseling, per una vita migliore.

In TV e sui giornali, che sempre di più si occupano di psicologia, si parla spesso della gelosia, a proposito della vita di coppia, ma non solo. Ma cos’è la gelosia? E’ vero che esiste, oltre ad una gelosia “sana”, una gelosia “patologica”? In quest’ultimo caso, come si potrebbe “curare”? Qual è il rapporto tra gelosia ed autostima? Siccome si parte dalla paura di perdere la persona amata o, peggio, da quella di essere traditi, che si può fare per evitare simili situazioni? In ultimo, tradiscono di più gli uomini o le donne?

Cominciamo dall’inizio. Gelosia è un termine di derivazione antica (Zelos – Zelum), usato infatti dai Greci e dai Latini. Queste popolazioni, però, erroneamente, lo utilizzavano per indicare indifferentemente sia l’invidia che la gelosia. In seguito, con l’evoluzione della lingua italiana, con Invidia si è inteso il fastidio che si prova di fronte al successo altrui e, con gelosia, invece, il timore di perdere (per colpa di altri) l’interesse e l’esclusività della persona amata.

Una sorta di “attaccamento” verso chi desideriamo avere accanto (magari per tutta la vita) è corretto e auspicabile, dal momento che previene disinteresse e superficialità. L’eccesso di preoccupazione sfocia in una vera e propria fobia ossessiva, che toglie la pace e il sonno causando, a volte, problemi ben più gravi.

Il problema può diventare talmente grave, da sfociare, a volte in varie forme di violenza, compreso lo stalking. In conseguenza di ciò, alcuni psichiatri (dell’equipe di Donatella Marazziti, docente di Psichiatria dell’Università di Pisa) stanno valutando, in casi estremi, un approccio di tipo farmacologico. L’ipotesi di lavoro, nasce dagli studi che hanno mirato a trovare lo squilibrio biochimico (della dopamina, nella corteccia ventromediale e prefrontale) che può guidare le reazioni della persona gelosa.

Un quadro di gelosia che superi i limiti del tollerabile, è legato ad una stima di sé e delle proprie capacità non all’altezza della situazione, che porta a vedere negli altri, pericoli reali, più che presunti. La risoluzione di questa situazione altamente conflittuale, consiste (oltre che nel migliorare la considerazione di sè, in termini più equilibrati, tra l’altro) nel mettersi in grado di offrire al proprio compagno una condizione di vita (in termini di dialogo, affetto e intimità) al meglio possibile e, al tempo stesso, cominciando ad osservare nell’altro, un’entità pensante più che un semplice oggetto del desiderio.

A proposito di tradimento…

questo termine deriva dal latino e veniva, all’inizio, utilizzato per connotare le persone che, per paura di morire “consegnavano” al nemico qualcosa di prezioso che avevano in carico (nominativi, città da proteggere, etc.); la radice etimologica, infatti, significa “mettere in mano, consegnare”. Nel tempo, questo vocabolo si è arricchito di altre sfaccettature che evidenziano il venir meno ad un accordo. Perché si ricorre al tradimento? Sostanzialmente, per soddisfare una condizione di necessità.

Ovviamente, possiamo distinguere il comportamento in base alla validità di ciascuno.

Un individuo maturo, non viene meno ad un impegno preso ma può cambiare idea, a ragion veduta, spiegandone le motivazioni all’interlocutore, quali che siano, poi, le conseguenze. Ad esempio, nell’ambito di un rapporto di coppia, i motivi più ricorrenti che inducono un partner a tradire, possono ricondursi ad una miriade di eventualità, fra cui: Stanchezza, noia, sadismo, superficialità, delusione, curiosità, etc.

Qualunque sia la motivazione, alla base c’è, comunque, un disaccordo (o un’insoddisfazione) più o meno evidente che fa venir meno l’impegno affettivo e morale che ci si è assunti nel momento che si è stabilito di intrecciare una relazione “seria”. Finché offriamo qualcosa che attira l’interesse dell’altro, costui (o costei) manifesterà attenzione nei nostri confronti e difficilmente correrà il rischio di perderci con comportamenti inidonei.

Ma, fra l’uomo e la donna… chi tradisce di più?

Per quanto possa sembrare strano (per ovvi pregiudizi), sostanzialmente la partita si chiude in pareggio. Infatti, dipende solo dal tipo di educazione ricevuta che condizionerà le proprie scelte, le proprie convinzioni e il proprio modo di essere e di comportarsi.

In conclusione, un gustoso aneddoto.

Argomenti così delicati, sono stati trattati fin dalla notte dei tempi. Sempre all’epoca degli antichi greci, pare, nacque la leggenda che legò, indissolubilmente, il concetto di gelosia, tradimento e… le corna.

Si narra che a Creta, la moglie del Re Minosse, la regina Pasifae, fosse molto refrattaria ad avere rapporti sessuali. Afrodite, la Dea dell’Amore, per punizione, la fece diventare un’autentica dipendente del sesso (in pratica, una ninfomane). Pare che nessun uomo, di passaggio da Creta, potesse lasciare la città senza prima essere stato ospitato nel letto della bella regina. Minosse, per evitare situazioni critiche che mettessero a repentaglio la “Corona”, confinò sua moglie in un zona sperduta di Creta, insieme ad alcune ancelle. In assenza di maschi a disposizione, Pasifae si invaghì di un toro e, pur di concupirlo, chiese a Dedalo di costruirle una struttura a forma di mucca, con cui travestirsi per avere i suoi favori sessuali. Siccome la cosa andò a buon fine (dall’unione nacque il Minotauro), gli abitanti di Creta, presero l’abitudine di “salutare” Minosse con il gesto delle corna, per ricordargli che era stato tradito anche con un toro. Da quel giorno, le corna diventarono il simbolo del tradimento.

G. M. – Medico Psicoterapeuta, Counselor