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Comunque sia, la vita, non concede sconti a nessuno!


A spasso, verso un futuro migliore

 


Genio. Dal latino genius, identificava la forza naturale produttrice. Attingendo alla teologia degli Etruschi, gli antichi Romani credevano che uno spirito buono (o Angelo Guardiano) fosse generato insieme ad ogni essere umano di sesso maschile avendo, come compito, quello di guidare le sue azioni e garantirgli il meglio possibile, per tutto l’arco della vita terrena. Con la morte della persona, si riteneva che il Genio, si “perdesse” nell’Oceano degli spiriti. In questo modo, gli antichi, con il termine Genio, intendevano riferirsi all’anima immortale, rappresentata da un fanciullo alato: una sorta di Angelo Custode. Per le donne, l’equivalente veniva definito Junones e raffigurato da donzelle con le ali di pipistrello.

Gli odierni dizionari della lingua italiana intendono, per genio, un individuo dotato di grande facoltà creatrice, ispirata da grande ingegno.

Comunque vogliamo intendere tale termine, razionalmente (ed etimologicamente) parlando non possiamo non concludere che si tratti di qualcuno in grado di utilizzare, al meglio, le potenzialità di cui è dotato.

Ma c’è qualcuno più fortunato, in termini di potenzialità di base?

Talento. Oscuro e agognato termine che indica capacità naturali nell’inclinazione verso obiettivi. Chiunque sia dotato di un cervello strutturato in maniera normale, non può (per definizione intrinseca) essere privo di un talento potenziale. Gli impegni neurofisiologici di cui siamo capaci (scambiare anidride carbonica per ossigeno, generare e inviare mirabili impulsi che si trasformeranno in idee e vita, determinare battiti cardiaci, riuscire a deambulare e coordinarsi in qualsiasi momento e posizione, parlare al telefonino e, contemporaneamente, allacciare le scarpe e leggere il giornale, filtrare tossine mediante fegato, reni e polmoni, etc.) evidenziano attitudini impossibili anche al miglior computer.

“Ci sono momenti in cui la vita regala attimi di bellezza inattesa. Smetti di fare una cosa e ti accorgi che, attorno a te, tutto è perfetto, il dono di un Dio meno distratto del solito. Tutto sembra sincero. La nascita di una nuova vita, l’alba di un cambiamento, qualcosa di profondo o semplicemente la conferma di un sentimento tenuto nascosto, di un sentimento segreto, custodito in silenzio dentro di noi con pudore. O anche la fine di qualcosa, la fine di un momento, di un periodo difficile sempre più faticoso da sostenere. Quando terminano i respiri corti, lasciando spazio a uno lungo profondo che riempie e svuota il petto. In quei momenti non mi manca nulla”. (Fabio Volo, Le prime luci del mattino)

Come stanno le cose, in realtà?

La scienza, attraverso l’epigenetica (che studia il meccanismo attraverso cui i fattori esterni al DNA, ne orientano l’espressione dei geni) ci spiega che tutti quanti al tavolo da gioco della vita abbiamo, alla prima mano (stadio dello zigote, risultante dalla fusione di ovulo e spermatozoo), le stesse carte da utilizzare. Tranne situazioni di manifesta alterazione genetica. Gli eventi susseguenti (gestazione fisiologica o meno, appartenenza a famiglie e zone geografiche “sane”, apprendimenti di base, studi ed esperienze varie) creeranno la vera differenza.

Ogni essere umano, durante lo sviluppo del periodo embrionale (nei primi tre mesi di vita intrauterina) e fetale (durante i sei mesi successivi), realizza la piena espressione del proprio patrimonio genetico acquisito dai genitori.

Il corredo cromosomico trasmesso dall’organismo paterno (attraverso il DNA dello spermatozoo) si fonde con quello trasmesso dall’organismo materno (attraverso il DNA dell’ovulo) e determina, mediante un’azione di replicazione che procede con velocità esplosiva, la creazione di un nuovo organismo composto da una parte corporea, l’hardware ed una psicologica, il software.

A questo punto, ancora un po’ di attenzione, prego…


  • Esistono delle differenze morfologiche fra i diversi esseri umani, dal punto di vista corporeo, anche se i vari organi ed apparati svolgono, in tutti, la medesima funzione (finché non subiscono danneggiamenti).
  • Le singole cellule che compongono i vari apparati partono da modelli primitivi “staminali” (embrionali) in cui sono identiche ed assumono, via via (per effetto epigenetico), delle specializzazioni peculiari; ad ogni modo all’interno dei singoli organi sono uguali fra loro e molto simili per tutti gli esseri umani.
  • Il DNA di ciascuna cellula, pur essendo morfologicamente diverso (per piccolissimi particolari) da persona a persona (per accertare l’identità di qualcuno, infatti, si effettua l’analisi del DNA) svolge in tutti gli esseri umani la medesima funzione che, poi, è quella di stimolare la produzione di proteine; la cosa ancora più importante da considerare consiste nel fatto che solo il 2% del DNA serve a tale funzione mentre il 98%, servirebbe a determinare tutti meccanismi di predisposizione della lettura, probabilmente in base a stimolazioni esterne;
  • All’interno del DNA troviamo dei costituenti parcellari (protoni, neutroni, elettroni, neutrini, gluoni, etc.) che hanno caratteristiche morfologiche uguali per tutti gli esseri umani e per tutto ciò che si trova nell’Universo (secondo le affermazioni di Abdus Salam, Nobel nel 1979 per la Fisica): ciò che differenzia gli esseri animati da quelli inanimati, è rappresentato dal tipo di informazioni possedute da ciascuna di queste particelle ed espresse sotto forma di movimenti aventi parametri adeguati (lunghezza d’onda, frequenza, spin, etc.) all’informazione da trasmettere; in base a questi messaggi, si creano strutture atomiche e molecolari differenti, da cui partiranno altri messaggi e che riceveranno, a loro volta, “notizie” dal mondo esterno; questi dati verranno archiviati all’interno dei magazzini della memoria e costituiranno il serbatoio dei ricordi, quindi l’identità storica personale.

 

Molti Neuroscienziati come, ad esempio, il premio Nobel Gerald Edelman (Un Universo di coscienza – Einaudi ed.) o Antonio R. Damasio (L’errore di Cartesio – Adelphi ed.) ritengono che la base di tutto, la cosiddetta “coscienza nucleare” possa avere origine nel dialogo fra le microparticelle che risiedono nel DNA degli atomi di neuroni e nevroglia dei centri nobili cerebrali. Tali informazioni verrebbero poi trasmesse alle cellule degli altri grandi apparati (endocrino e immunitario) per creare un feedback, cioè una comunicazione biunivoca e continua fra i tre grandi sistemi (nervoso, endocrino e immunitario). Grazie a questo, una grande massa di cellule (nervose, endocrine ed immunitarie) si può autoconfigurare in modo da creare le condizioni per la realizzazione di un’identità strutturale in grado di riconoscersi come entità a sé, rispetto all’ambiente da cui giungono segnali e sollecitazioni e generare il mondo delle emozioni (che abbia come sede di partenza l’area cerebrale talamo – corticale).

 

Sulla scorta di quanto fin qui descritto, si può affermare che la vita di ognuno cominci all’interno del nucleo di ogni atomo, grazie alla scintilla di energia che si genera e si trasmette: ogni essere umano, quindi, vive, pensa, ama ed agisce, in funzione degli elaborati prodotti, usando come materia prima le tracce mnestiche archiviate.

 

Quindi, ciascuno si trova di fonte ad una sorta di tastiera ( i cui tasti sono rappresentati dai geni del DNA). In base alle capacità acquisite, a come ci si adatta agli eventi ed a diversi fattori ambientali, si impara a suonare diversamente componendo melodie differenti. Anche questo, viene studiato e spiegato dall’epigenetica.


La componente genetica assume il ruolo di contenitore di informazioni che rendono possibile la costruzione di strutture organiche più o meno efficienti.

In pratica, man mano che miglioriamo e affiniamo le capacità mentali, evolviamo l’attitudine a “chiedere” al DNA di “dare il via” alla costruzione di proteine (e, quindi, di strutture organiche) sempre migliori, in quantità e qualità. Successivamente, all’interno di (ad esempio) Neuroni e Astrociti più “plastici” e meglio “rispondenti” alle capacità di calcolo, la mente diventa più performante.

È come se la nostra mente, per allenarsi, man mano che si sviluppa, coordinasse i lavori per la costruzione di una palestra migliore all’interno della quale, lavorare sodo al fine di operare salti di qualità ed ottenere, anche, palestre sempre più adeguate.

E il ciclo si ripete. Continuamente.

L’hardware (la cellula corporea) è uguale per tutti, ciò che cambia è il tipo di informazioni che ciascuno possiede, il software (l’attività mentale) che ci rende unici ed irripetibili…anche se “modificabili” (basta imparare ad implementare i programmi mentali).

Ecco che qualità e quantità di dati e allenamento e sviluppo della centrale elaborativa, determinano esseri umani più “pronti” e “scattanti” ed altri più “lenti” a carburare.

Dentro ognuno di noi c’è un talento che aspetta di venire fuori: il segreto è trovarlo (Billy Elliot)

A livello mentale, in cosa differiscono i miliardi di esseri umani esistenti?

La risposta è compresa nelle spiegazioni precedentemente elicitate: dalle informazioni contenute all’interno della memoria e dalla capacità di elaborarle, attraverso il modo e la capacità di PENSARE.

Cosa significa Pensare, dove avviene e come si determina.

Pensare (dal latino pensàre: esaminare, apprezzare, pesare e valutare le cose con l’intelletto) determina l’attivazione di diverse zone cerebrali con lo scopo di determinare la costruzione delle idee, mediante il meccanismo della riflessione, per l’elaborazione delle strategie più idonee alla risoluzione dei problemi relativi all’appagamento di bisogni e desideri.

Questo significa che Madre Natura ci ha dotato di uno strumento idoneo ad affrontare tutti gli ostacoli che incontriamo, mentre ci muoviamo sulla strada del raggiungimento di uno o più obiettivi.

Gli elaborati di pensiero si distinguono per stadi successivi di “attivazione” che vanno dal primo, che prevede il coinvolgimento della sola vigilanza (funzione subliminale dell’attenzione, in grado di fornire perennemente informazioni circa le stimolazioni interne ed esterne cui siamo sottoposti), al settimo, fase della creatività e delle idee nuove, mediante cui è resa possibile l’evoluzione della specie.

Proviamo a schematizzare il lavoro che, grazie all’attività del pensiero, il cervello realizza, per costruire idee da assemblare in concetti.


  • Raccolta di dati che riguardano un determinato argomento e che sono stati precedentemente memorizzati e adeguatamente archiviati.
  • Scelta dei vari elementi da aggregare, in base al materiale che si possiede ed alle capacità riflessive
  • Elaborazione dei medesimi (nel campo psicobioelettromagnetico localizzato nel nucleo degli atomi e nello spazio interazionale degli elettroni che si trovano nelle molecole del DNA delle cellule di neuroni e, prevalentemente di Astrociti)
  • Associazione dei vari componenti fin qui elaborati.
  • Verifica del lavoro fin qui realizzato, mediante l’intervento della logica che, in caso di necessità, suggerisce eventuali correttivi.
  • Strutturazione di un concetto completo che consente valutazioni adeguate

In buona sostanza, tale procedimento è abbastanza simile a quello che si mette in atto quando ci si applica, nell’arte culinaria, per la realizzazione di una pietanza, ad esempio, un minestrone.

 

  • Come prima cosa, bisogna osservare quello di cui si dispone;
  • se ne valutano, l’attinenza la qualità, la deperibilità;
  • quindi, si comincia a prepararli, per ciò che serviranno;
  • a questo punto, si comincerà a miscelare il tutto con un certo ordine, seguendo un criterio;
  • si verifica se è tutto a posto e si procede alla realizzazione finale: la bollitura.

 

Come nasce un’idea geniale?

Come scritto in più occasioni, una cosa del genere non capita tutti i giorni ma, potenzialmente, ognuno potrebbe determinarla. Infatti, nel momento in cui, su un determinato argomento, si è giunti ad un grado di competenza elevato e, al tempo stesso, si è mantenuta attiva una buona dose di curiosità e inventiva, la nostra mente, ad un certo punto, assembla i dati in maniera diversa dal solito: in pratica, vuole sperimentare una nuova strada.

Ecco l’intuizione, fuori dal comune! Quando si è andati in direzione tale da aver migliorato sensibilmente il risultato, questa intuizione, si chiama “idea geniale”!

Qualche integralista del fattore genetico (inteso come unico depositario e determinatore dei comportamenti umani) sostiene che, il cervello dei grandi scienziati del passato, avesse un numero di neuroni maggiore di quello dei comuni mortali dal momento che, il peso di tale organo, risultava essere superiore alla media.

A parte il fatto che qualunque organo si sviluppa e acquista consistenza in maniera direttamente proporzionale al suo allenamento (e il cervello non sfugge a questa regola), se la capacità di pensare dipendesse solo dal peso del sistema nervoso, potremmo tranquillamente concludere che l’uomo sia superiore alla donna e che, segretamente, gli elefanti abbiano già scoperto il sistema di viaggiare con propulsori alimentati ad antimateria.

Quanta gente si meraviglia del fatto che, ragazzi nati e cresciuti in una medesima famiglia, evidenzino comportamenti molto differenti ?

ESISTE UNA RISPOSTA SEMPLICE E CHIARA!

Se si chiedesse a due persone stazionanti in un medesimo ambiente di descrivere ciò che appare ai loro occhi, si scoprirebbe che è statisticamente impossibile notare le stesse cose da parte di osservatori differenti. In effetti, ognuno (come Frank Sinatra e Paul Anka, in una celebre canzone), vive ed osserva il mondo “a modo suo!”

Quando un padre o una madre trasmette un insegnamento al proprio figlio, si crea un rapporto fra emittente e ricevente irripetibile in base ai parametri di tempo e di spazio: troppi fattori sono messi in gioco da parte di entrambi (attenzione, comprensione, rumori di fondo, lucidità mentale, disponibilità a parlare e ad ascoltare, impossibilità a riprodurre gli stessi elaborati, etc.). Questo vuol dire che ogni istante di vita determina momenti unici che portano a risultati non sovrapponibili. Questo vale, finanche, per l’educazione di figli gemelli. Se poi ci riferiamo a figli di età differente, diventano determinanti altre componenti come, ad esempio, la maturazione dei genitori, i fattori socioeconomici di quel determinato periodo storico, etc.

Quindi, il cosiddetto “genio”, non è tale in virtù di regali elargiti da madre Natura, ma rappresenta il risultato di tanto lavoro, di estenuanti allenamenti psicofisici, che ognuno sceglie o è indotto a scegliere da altri. Esempi lampanti si possono ricavare studiando la vita dei personaggi che hanno raggiunto il successo nei vari settori della Società.

Scorrendo la vita di Nicolò Paganini (celebre violinista e compositore di musica), ad esempio, ricaviamo che, fin dalla primissima età, fu costretto dal padre a studiare prima il violino e poi la chitarra, in maniera coercitiva. Dicono i biografi che tutte le mattine, mentre il genitore era intento al suo lavoro di ciabattino, nella stanza accanto il povero ragazzo doveva esercitarsi a lungo, con minacce di pene corporali e privazioni del cibo. Tutto ciò accadeva soprattutto perché, a cavallo fra il XVIII ed il XIX secolo, acquisire un’abilità concertistica equivaleva ad affrancarsi dagli stenti e, al tempo stesso, garantiva una sicura affermazione sociale. Per altri (come per Mozart, ad esempio) suonare uno strumento musicale costituiva un gioco di incredibile interesse.

Al giorno d’oggi, il mondo della musica sinfonica non offre più le attrattive di un tempo e questo è uno dei principali motivi dell’assenza di compositori all’altezza di quelli del passato. Gli interessi delle odierne generazioni sono rivolti verso le frontiere delle nuove tecnologie: si spiega in questo modo la presenza di “maghi” dell’informatica in grado di violare i sistemi di sicurezza della Casa Bianca, già all’età di 14 anni.

 Da un’indagine condotta attraverso interviste a personaggi dell’imprenditoria, della finanza e dell’industria (tutta gente “nata senza camicia”, che ha costruito dal nulla, individuando spazi in cui entrare e puntando sulle proprie capacità) del calibro di Nerio Alessandri (Technogym), Armando Arcangeli (Valleverde), Luigi Cremonini (Gruppo Alimentare Cremonini), Leonardo del Vecchio (Luxottica), Missoni, Giorgio Armani, etc. è risultato che la passione per la creazione di valore che non risenta dell’influsso del tempo, rappresenta il motore del successo.

Questo vuol dire che, nella vita, per raggiungere gli obiettivi prefissati (e anche i sogni nel cassetto), bisogna:

  • creare le giuste motivazioni;
  • eliminare il velleitarismo e il vittimismo;
  • acquisire le necessarie competenze;
  • mettere in atto le strategie elaborate, dopo i necessari “allenamenti” preparatori (indagini di mercato, valutazioni, riflessioni, sperimentazioni, etc.).

 

Il successo è quella cosa misteriosa che ognuno può raggiungere, basta rispettare il “volere”, il “sapere” e la “perseveranza” (Giovanni Russo).

 

Buon lavoro

 


Giorgio Marchese (medico psicoterapeuta) – Docente di Fisiologia Psicologia c/o la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico – Roma 2013