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Polvere, che opacizza la nostra vita.


 

Riflessioni

 

“Due rette parallele s’incontrano solo all’infinito, quando ormai non gliene frega più niente” (Luciano de Crescenzo).

Spesso, sempre più spesso, ascolto lacrime trattenute che confessano un profondo tradimento: l’essersi dimenticati di coltivare il senso profondo della vita: meritare di essere amati, per imparare ad amare. Un cerchio concentrico che alimenta programmi, respiri, sensazioni, emozioni… senza il quale il cervello procede in maniera “troppo” lineare e il cuore muore, senza nemmeno il privilegio di invecchiare.


Dove finiscono i pensieri quando si pensa ad altro? Forse vivono di vita propria all’interno di tanti cassetti. Ognuno con un titolo diverso, scritto fuori. “Gioventù, maturità, vecchiaia. Tre periodi della vita che potremmo ribattezzare, rispettivamente: rivoluzione, riflessione, televisione” (Luciano de Crescenzo). In effetti si comincia col voler cambiare il mondo e, spesso, si finisce col riuscire solo a cambiare i canali. “In ogni storia d’amore spesso, alla fine, uno soffre e l’altro s’annoia” (Luciano de Crescenzo). Ci si avvicina spinti da un interesse che, più o meno, nasce in entrambi con una certa sincronia. Ci si allontana, purtroppo, guardando ovunque, ma raramente nella stessa direzione. Quando accade, ci si disinnamora in tempi diversi. Ecco perché c’è chi ha paura d’amare. Col tempo, questo sentimento può allentare le sue maglie. L’affetto, invece, tende ad aumentare.

“Siamo angeli con un’ala sola e possiamo volare restando abbracciati”.

Quando il corridoio della nostra vita presenta stanze senza porte, è importante diventare amici di chi abita in quegli spazi, con la capacità di saper vedere lontano, come in una sfera di cristallo e capire che, insieme, si arriva prima… e meglio. Altrimenti si cade giù. Eppure, ognuno di noi ha sperimentato che, la cosa, non dura più di tanto. Prima o poi, ad uno dei due, l’ala si spezza e si finisce col precipitare insieme. Perché?



“È difficile spiegare certe giornate amare…” Deve essere un problema di leadership. Vediamo un po’. In futuro (in una Società non condizionata dalle troppe paure, in cui i popoli opulenti osserveranno quelli in difficoltà come risorse positive in grado di insegnare tanto e dove ognuno potrà diventare artefice del proprio destino, nel migliore dei modi), le posizioni di tutti saranno improntate alla realizzazione di un’equidistanza democratica e paritaria. Già. Ma lontano, lontano nel tempo… Attualmente, quando due o più persone si incontrano e cominciano ad interagire, prima o poi, si stabiliranno delle gerarchie che porteranno ad individuare un leader. Però, quante volte, costui è in grado di essere autorevolmente accettato a lungo? Chi segue a ruota, cerca il suo momento per emanciparsi e divenire, a sua volta, parametro di riferimento. Tutto questo accade in ogni manifestazione socialmente delineata, dal contesto lavorativo alla famiglia, in maniera inversamente proporzionale all’aumento delle responsabilità e a pericoli di varia natura.

“Un giorno credi di essere giusto e di essere un grande uomo, in un altro ti svegli e devi cominciare da zero…” (Edoardo Bennato – Un giorno credi)

Qualcuno, a volte, sceglie il ruolo del leader, coordina le attività, prefigura le modalità migliori per raggiungere ciò che si deve fare, costituisce un modello di comportamento, si pone come arbitro e mediatore quando sorgono conflitti interni, si assume le responsabilità per gli errori commessi dai componenti del gruppo e diventa, a volte, il caprio espiatorio. Per non restare solo il contabile dell’ombra di se stesso, ognuno, prima o poi, tenta di arrivare al vertice, in questa gara cominciata dal destino. Ma, una volta iniziato l’agone, bisogna andare fino in fondo consapevoli del fatto che, dopo, nulla sarà più come prima. Forse meglio, o molto peggio. Non come prima. Per chi sa volare, il difficile non è partire controvento ma, semmai, allontanarsi senza un saluto. Si può nuotare controcorrente ma il brutto è tentare di salire in cielo… senza trovarci niente. Illusioni. Allora, è meglio farla tutta, questa strada. Fino al punto esatto in cui si spegne. È sempre meglio che dirsi, semplicemente, buona Pasqua e buon Natale. E poi, ancora, buona Pasqua e buon Natale. E così, senza che uno se ne accorga, che passa la vita.

“Ho capito che la gente ha bisogno di dare un nome alle cose, di semplificarle con le parole pensando così, a torto, di poterle capire. Io, invece, ho preso l’abitudine di comunicare sempre meno parlando, sempre più col corpo. Se volete darmi un nome, non mi interessa. Sappiate, però, che in realtà, io sono una ninfa. Semplicemente una ninfa” (Valeriè Tasso – Diario di una ninfomane).

Un saggio sosteneva che, spesso, l’orgasmo, nello scapolo è quel breve istante che separa il piacere dei sensi dal pensiero di doverla riaccompagnare a casa. Nell’ammogliato, per contro, è quel breve istante che separa il piacere dei sensi dal pensiero di non poterla riaccompagnare a casa. E allora?


Lasciamo che il tempo faccia la sua parte, così come il fischio del vapore incanta chi lo sta ad ascoltare. Però, forse è meglio se ci voltiamo per un sorriso qui, nel buio, a tenerci la mano. Semplicemente. E’ così semplice, eppure non impariamo mai! Potessi avere in te una presenza nuova, sotto la pioggia lungo i binari… proverei a dimenticare i programmi segnati nel quaderno dei miei pensieri. Prenderei solo te fra le braccia, sullo schermo del mio futuro, difendendo il nostro amore, come non ho fatto mai. Voltati per un bacio a bassa voce, se vuoi, ma non distratto dalla luce del controvento, per le tue paure. Toccami, con la voglia di scivolare fuori dal nostro inverno. Sono qui, anche per te.

Qualcuno riesce a star bene, come in una specie di sogno che aiuta a superare la notte ed arrivare al mattino, nonostante il malumore di fondo. A volte, per stare a galla, può bastare un piccolo “bagliore”, qualcosa che riporti ad altri momenti, quelli “egoisti, naturali, come un fiume che fa il suo corso”. È come un’illogica allegria, di cui non mi è ben chiaro il motivo. I bei ricordi non muoiono mai. Nel peggiore dei casi si addormentano in quel sotterraneo chiamato anima. Salvo, poi, risvegliarsi all’improvviso quando sentono il motivo di una vecchia canzone. Speriamo.


I momenti migliori dell’amore sono quelli di una quieta e dolce malinconia, dove tu piangi e non sai di che. (Giacomo Leopardi)

A prescindere da quello che la quotidiana routine porta, i più a considerare che l’amore sia un pianeta sconosciuto che ti attira ma che , alla lunga ti delude, in certi momenti, a dispetto di tutto, mi riscopro come quei collezionisti che pretendono di rinchiudere l’Universo in un armadio. Vorrei portarti con me, sempre, come Universo assoluto, la persona che amo. E siccome questo non è possibile, anche nella felicità del pensarmi con lei, stare con te, vengo colto da una profonda malinconia e da una tristezza infinita. E’ vero che “I dolori, le delusioni e la malinconia non sono fatti per renderci scontenti e toglierci valore e dignità ma, piuttosto, per maturarci” (Hermann Hesse)… però fa male. Ma sono felice, di “essere” e “sentirmi” vivo.

G. M.