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Salveranno il soldato Ryan?


A spasso verso un futuro migliore

La vita è un buco che si infila in un altro buco. E stranamente lo riempie(Margaret Mazzantini).

Sono solo i frammenti dell’uomo che ero solito essere. Troppe lacrime amare si stanno riversando su di me. Sono molto lontano da casa e sto affrontando tutto questo da solo, da troppo tempo. Mi sento come se nessuno mi avesse mai detto la verità su come crescere e sullo sforzo che avrebbe comportato nella mia mente piena di confusione… Sto guardando indietro per scoprire dove ho sbagliato. Troppo amore ti ucciderà se non riuscirai a deciderti: diviso tra l’amante e l’amore che lasci indietro, vai incontro ad un disastro perché non hai mai letto le indicazioni. Troppo amore ti ucciderà, ogni volta. Sono solo l’ombra dell’uomo che ero solito essere e sembra che per me non ci sia alcuna via d’uscita da tutto ciò. Ero solito ridarti la felicità, adesso tutto ciò che faccio è deprimerti: come sarebbe se tu fossi nei miei panni? Non vedi che è impossibile scegliere? Non c’è alcun senso in tutto questo. Qualunque strada io intraprenda, devo perdere. Troppo amore ti ucciderà, come quando non ne hai affatto. Prosciugherà la forza che c’è in te, ti farà gridare, implorare e strisciare. E il dolore ti renderà pazzo, sei la vittima del tuo crimine: troppo amore ti ucciderà, ogni volta! Troppo amore ti ucciderà, renderà la tua vita una farsa… Sì, troppo amore ti ucciderà. E non riuscirai a capire il perché Daresti la tua vita, venderesti la tua anima… ma sarà di nuovo così: troppo amore ti ucciderà, alla fine… (Freddie Mercury – The Queen)

“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi, supera se stesso, senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie d’uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. È nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi, tutti i venti sono lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla; tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla” (A. Einstein).

“James, meritatelo. Meritati tutto questo!” Primo piano sul Capitano John Miller (Tom Hanks), morente. Sullo sfondo, i superstiti della 101° Divisione Aviotrasportata e, atterrito, il volto di James Francis Ryan. Siamo sul set di Salvate il Soldato Ryan, proposto da Steven Spielberg nel 1998. La storia è ambientata durante la seconda guerra mondiale, in particolare nei giorni del D-Day, in pratica, dal 6 giugno 1944 in poi. La storia “nasce” (prendendo spunto da un fatto vero) perché il comandante di stato maggiore dell’esercito USA, il generale George C. Marshall, apprende la notizia della morte in battaglia di tre fratelli della famiglia Ryan; il quarto ed ultimo fratello, James Francis Ryan, facente parte della 101° Divisione Aviotrasportata, è stato paracadutato in Normandia troppo lontano dalla costa, nell’entroterra, oltre le linee nemiche. Si organizza, quindi, una missione umanitaria di recupero, affidata proprio al capitano Miller che, con un pugno di uomini e un interprete, parte alla sua ricerca per riportarlo a casa, dalla madre vedova. Riusciranno nell’impresa, morendo tutti, o quasi.


Cari lettori, non meravigliatevi se un lavoro dal titolo così “pretenzioso” (psicoterapia e counseling, appunto), inizi in maniera apparentemente disarticolata e, soprattutto, al di fuori di schemi, che ci si aspetterebbe un po’ più classici nella descrizione.

Il fatto è che ogni cosa nasce con uno scopo e, di conseguenza, anche tale opera “deve” seguire una sua ispirazione logica. Di psicoterapia si parla da tempo (forse troppo) e, per ciò che riguarda il counseling, benché sia una branca operativa da molto, ancora non ne è sufficientemente chiara la sua effettiva utilità.

E allora?

La vita quotidiana, quella che ci costringe a portare il fardello delle responsabilità senza darci l’opportunità di un time out quando il fiato si fa corto, alle volte (più di quanto ci si aspetterebbe) offre spunti che, adeguatamente “irrigati” di creatività e immaginazione, consentono risultati interessanti. Veramente.

Ecco che, riflettendo in mezzo ai suoni, un suono colpisce l’attenzione e ti rendi conto del fatto che, prima di te, qualcuno è arrivato a concludere che quando ti accorgi di quanto sia difficile il “mestiere” dell’essere umano, percepisci di raccogliere solo i frammenti dell’uomo che eri (o che pensavi di essere). Ecco perché, ancora prima, altri, meditando sulle cose del mondo, hanno concluso che la crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, e che la vera tragedia consiste nel non voler lottare per superarla.

Breve e irrevocabile è della vita il corso ma, coi fatti, eternarne il ricordo è concesso (Volture)


In fondo ognuno di noi è un po’ come un reduce o un profugo (fate voi), comunque un soldato che obbedisce a quegli ordini che le circostanze impongono: Esattamente come le foglie sugli alberi d’autunno, di ungarettiana memoria.

“Noi che abbiamo visto la guerra, ce l’avremo sempre negli occhi: nel silenzio della notte udiremo le loro grida, questa è la nostra storia, di noi che un giorno fummo soldati… e giovani ” (Joseph L. Galloway)

We Were Soldiers ( Fino all’ultimo uomo ) – Chi ci verrà a salvare?

Il sostantivo counseling deriva dal verbo inglese to counsel, che risale, a sua volta, al verbo latino consulere, traducibile in “venire in aiuto”, “agire di comune accordo”. La pratica del Counseling si sviluppa negli Stati Uniti intorno alla fine degli anni ’40 come risultato di una doppia esigenza:

    • da una parte, il sostenere e reintegrare in un breve tempo (e a costi sostenibili), un considerevole numero di reduci di guerra;

  • dall’altra, il fronteggiare un nuovo modo di concepire la psicologia e, con essa, una diversa concezione della persona (responsabile, con una visione chiara del proprio destino, e in grado di gestire la propria esistenza attraverso apprendimenti corretti, adeguate motivazione, obiettivi concreti).

Empowerment

Ossia la capacità di gestire le proprie capacità nel sentirsi di essere in grado di fare, sia sul piano strettamente personale, e di conseguenza, nella Società, come essere umani protagonisti e non spettatori della propria vita. Questa è la risposta.

Che differenza c’è tra la psicoterapia e il counseling?

La psicoterapia è una branca al confine tra la medicina e la psicologia; è una specializzazione cui possono afferire, appunto, medici e psicologi che si iscrivano in scuole di specializzazione appositamente riconosciute dal Ministero dell’Università Ricerca Scientifica, della durata di quattro anni. Si occupa di cercare di capire quali siano le motivazioni per cui, una persona, possa generare disagi esistenziali che poi si traducono nella produzione di sintomi e disturbi più o meno impegnativi affrontandoli (soprattutto per quanto concerne gli psicologi) senza l’utilizzo dei farmaci. Anche quando lo specialista è un medico, sarebbe preferibile, nel caso in cui si ravvisasse l’utilità di una prescrizione farmacologica, usufruire della collaborazione di altri colleghi (psichiatri, neurologi o medici di medicina generale); questo, non tanto per incompetenza professionale quanto, piuttosto, per evitare sconfinamenti, per non invadere campi altrui e perchè si collabori insieme alla soluzione di problematiche che affliggono la stessa persona che, non dimentichiamolo, è l’attrice principale di tutto il sistema: non si decide per lei, si discute con lei per stabilire quale sia la strategia più efficace.

La razionalizzazione normativa vigente, da una parte, garantisce uno standard più o meno uniforme di preparazione, dall’altra risulta essere un po’ restrittiva perché, per avere un professionista adeguatamente preparato, necessitano almeno 10 anni di “impegno” in termini di studio e di esperienza sul campo dal momento che, per poter essere veramente utile come personal trainer sul piano dell’identità individuale, è necessario che ci si occupi, tra l’altro, delle ricerche approfondite sulla conoscenza della nostra mente, comparando il tutto con gli elementi basilari dei principi di economia che governano i rapporti fra gli individui e orientano la spendibilità dell’esistenza umana. Tutto ciò, con l’obiettivo di consentire ad ognuno, la possibilità di acquisire informazioni utili al fine di realizzare una vita sana, integrata nella Società di appartenenza, nel rispetto (il più possibile) di quei principi che rendono possibile una vita equilibrata e “a dimensione equilibratamente… umana”.

Quello che la condizione di realtà contemporanea rende evidente, è la necessità di valorizzare l’evoluzione dell’attività “analitica” la quale, da classica attuazione di rimedi nei confronti di disturbi riportati da ogni testo classico di clinica psichiatrica, (nevrosi di vario genere) è necessario che diventi un’interazione sociale e individuale, in grado di esplicare una funzione terapeutica pianificata, mirante ad ottimizzare l’autogestione della personalità.

Non meravigliamoci, quindi, se la figura del terapeuta è utile che assuma il ruolo di Counselor, nel senso di stimolatore per una valorizzazione dei propri potenziali inespressi, con una posizione oggettiva, autorevole e priva di pregiudizi.

La psicoterapia rappresenta una forma di interazione sociale in grado di esplicare una funzione terapeutica sulla base del coinvolgimento specifico dei “partecipanti” e, di fatto, può essere definita scientificamente come un trattamento interpersonale pianificato, avente come scopo, non più solo quello della cura dei disturbi psichici ma, semmai, soprattutto quello di fornire risposte adeguate ai disadattamenti conseguenti alla confusione ingenerata da una Società che propone, per lo più, stimoli contrastanti che spingono a “spendere” il proprio arco temporale in maniera incongrua, al punto tale da demotivarsi di fronte alle sfide del quotidiano e di “sentire” la vita come un’incombenza da sbrigare nel più breve tempo possibile.

In sostanza, l’analisi personale, attraverso mezzi psichici, “deve” porsi come obiettivo l’ottimizzazione e l’autogestione della personalità dell’analizzato che non va inteso (come accadeva nel passato) come un “nevrotico sic et simpliciter” (perché, altrimenti, tutti dovremmo ascriverci a tale condizione) ma, semmai, come qualcuno intenzionato a capire come prendere in mano, inequivocabilmente, le redini della propria esistenza terrena e trasformarsi, da spettatore passivo, in soggetto consapevole e responsabilmente in grado, volendo, di poter andare “oltre”.

In un’epoca storica caratterizzata dalla presenza di tensioni conflittuali che determinano un’autentica confusione del vivere, il ruolo sociale, individuale e personale della psicoterapia assume connotazioni di alto profilo preventivo, curativo ed evolutivo.

Andiamo al counseling. Si può affermare che sia una disciplina “diretta” o “trasversale”.

Diretta, quando il counselor, divenuto tale per aver studiato presso una scuola di formazione afferente a delle associazioni di categoria che garantiscono sia per l’ente che per i counselor (i quali verranno inseriti in degli appositi elenchi depositati presso il Comitato Nazionale per l’Economia e il Lavoro – CNEL), sceglie di svolgere questa professione a tempo pieno e su un piano esclusivo (cioè non si applica in altre professioni prevalenti).

Ma il counselor, può essere anche trasversale, come figura, perchè anche uno psicoterapeuta, per esempio, può rivestire tali panni quando esce dall’ambito clinico di un individuo e cerca di indurre quest’ultimo a proiettarsi verso orizzonti decisamente meno foschi, sul piano della sceneggiatura per cercare di fargli scoprire quali e quante prospettive possa avere, sul fronte della leggerezza e leggiadria, del sentirsi normale, privo di disturbi di tipo invalidante.

Il counselor, a queste condizioni, può “albergare” (ovviamente, sempre con una specifica preparazione) in un docente, un medico, in uno psicologo, un genitore… purché, ovviamente, studi per diventare counselor!

Un conto è la psicologia del buon senso… un conto è, poi, applicare questi argomenti e queste metodologie con dovizia di tecniche e particolari in maniera tale da sapere a cosa si va incontro e cosa si produce.

In definitiva, come si può evincere dall’immagine, lo psicoterapeuta è colui il quale scende all’interno delle problematiche impegnative di un individuo, nel suo personale “inferno interiore”; con un filo di Arianna, dà una mano all’individuo aiutandolo a capire come risalire, gradino per gradino, tutta quella strada che ha impiegato del tempo a scendere. Dal momento in cui arriva alla sommità di questo “vulcano” all’interno del quale è caduto, inizia il ruolo del counselor, che è un ruolo più “divertente”, se vogliamo, perchè prevede lo spiegare alle persone come imparare a “volare” verso “aria fresca”, verso le stelle, verso tutto ciò che rappresenta l’ignoto con il piacere di scoprire tutto quello che c’è per andare avanti senza annoiarsi.


Quali devono essere le caratteristiche del counselor professionista?

Il counselor è, semplicemente, una persona che aiuta un’altra persona a salire i “gradini della vita” per raggiungere l’efficienza seguendo i principi della solidarietà umana. Si parla di efficienza e non di eccellenza, non perchè l’essere umano non abbia diritto a raggiungere vette estreme ma, piuttosto, perchè sarebbe oltremodo presuntuoso ipotizzare e immaginare di essere già all’altezza di poter esprimerci al massimo possibile.

Siamo, infatti, talmente indietro (umanamente parlando) rispetto alle nostre capacità potenziali, da poter considerare ogni risultato che noi otteniamo, come qualcosa di veramente relativo, non di assoluto. In pratica, abbiamo tantissimo da potere e da dover fare e, probabilmente non basterà la nostra vita, quella dei nostri figli e quella dei nostri nipoti per riuscire a trovare quel bandolo della matassa in maniera completa, per sciogliere il gomitolo delle problematiche esistenziali in toto e, conseguentemente, metterci in condizione di esprimerci al massimo possibile.

Questa però, non deve essere vista come una forte limitazione, come un qualcosa che porta ad un disagio che poi si esprime attraverso un’insofferenza o un’insoddisfazione generalizzata ma, piuttosto ad uno stimolo che ci porti a scoprire quello di cui possiamo disporre, per saperlo usare al meglio perchè, non è importante fin dove possiamo arrivare: è importante come ci arriviamo e, soprattutto, come ci divertiamo durante il tragitto!

Quindi, il ruolo del counselor è proprio quello di accompagnarci in questo percorso, per renderci edotti su come riuscire a capitalizzare ogni tipo di esperienza, partendo dalle frustrazioni e, per frustrazione, intendiamo quel fastidio che si prova quando fra noi ed un obiettivo si frappongono uno o più ostacoli.

Nella Società contemporanea, quanto può essere utile l’intervento di counseling psicologico?

Per rispondere, poniamoci, prima, la seguente domanda: nella vita di tutti i giorni, quanti ostacoli incontriamo? Da ricerche pubblicate sistematicamente su riviste specializzate, si scopre che sono in aumento disturbi di tipo psicologico o anche psichiatrico, soprattutto fra i giovani. Ma perchè? Perchè, in fondo, ovunque noi volgiamo il nostro sguardo, la realtà è tale da farci concludere che, molte volte, siamo costretti a portare avanti un’esistenza di tipo incongruo, da quando apriamo gli occhi al mattino fino a quando li richiudiamo la sera per tentare di prendere sonno! Partiamo dalle cose più elementari:

    • tentiamo di uscire, con la macchina dal garage al mattino e scopriamo che, chi ha costruito il tutto, ha sbagliato la pendenza per cui avremo difficoltà;

    • andiamo a fare rifornimento e scopriamo che quel giorno c’è sciopero;

    • ci rechiamo in un ufficio e impattiamo contro muri di gomma sia come operatori di quel settore, che come fruitori di quel servizio;

    • vogliamo capire in che stato sia la nostra salute o quella di un congiunto e, se, per caso, veniamo a trovarci in quella sottile linea d’ombra in cui è possibile tutto o il contrario di tutto (e quante volte accade che fra vari specialisti i pareri siano discordanti), diventeremo oggetti non identificati rimpallati, come si usa dire in questi casi, “da Erode a Pilato”!

  • etc.

in queste condizioni, il vero problema nasce dal fatto che, chissà come mai, ognuno ritiene di aver ragione e, di conseguenza, troveremo a lamentarsi, sia chi subisce il fastidio, sia (paradossalmente) chi lo genera. Di conseguenza, tutto questo crea conflitti all’interno della nostra mente senza soluzione di continuità ma con la possibilità di ritrovarci, nel tempo, sulla via della depressione o dei disturbi della personalità.

Allora, il counselor che cosa fa?

Si occupa di psicosi o di depressione? Non può e non deve farlo, a meno che non sia un medico o uno psicologo, anche counselor. Il counselor si occupa di evitare che una persona arrivi a quei livelli (e ognuno di noi ci va molto vicino), in qualsiasi momento della giornata!


Allora, il counselor, cos’è?

Siccome, sul piano psiconeurofisiologico, nella trasformazione dell’idea in parola avviene una modificazione di significato, per lo più in senso riduttivo perché le idee sono tante (e tanto veloci) mentre le parole, invece, debbono essere più adeguate all’interesse di chi ascolta e alla capacità di entrare in quell’imbuto (situato nell’area di Broca e dintorni) che “screma” parecchio (Giovanni Russo sosteneva, a tal proposito, che la parola non fa giustizia dell’idea e, spesso, la mortifica e, a volte, la uccide), piuttosto che affaticarsi in elucubrazioni, è meglio osservare l’immagine proposta e concludere con le emozioni più appropriate,

Si può erroneamente pensare che facendosi aiutare dal counselor o dallo psicoterapeuta , si possa avere un’esistenza senza problemi. Però, in realtà, questa sarebbe solo un illusione perché, in fondo, di problemi ne avremo sempre e comunque, per cui, forse non è importante quante volte si finisce nella polvere ma, semmai, come se ne verrà fuori.

Come commentiamo tutto questo, volgendo l’occhio al counseling ed alla psicoterapia?

Non è che la psicoterapia non serva. Tutt’altro. Però, non possiamo negare che, ogni volta che ci si rivolge al medico o allo psicologo, ci si sente “clinicizzati”. Il counselor serve ad evidenziare che non si è malati, ma si vive all’interno di alcune problematiche che possono prendere due strade: o il disturbo (e quindi, in seguito, la malattia), o un’enorme capacità di migliorarsi, passando attraverso un contatto solidale (magari proprio con il counselor) per diventare piacevolmente coinvolti dalle difficoltà e suscitare in noi il piacere di affrontarle.

A queste condizioni, “il problema” in questione diventa una sorta di vaccino per allenare le proprie capacità, capitalizzarle e, quindi, camminare meglio sui disagi e (a volte) i disastri del quotidiano. E allora si che, nei panni del soldato James Ryan, avremo meritato l’impegno e il sacrificio di quanti ci hanno offerto l’opportunità di essere liberi. Veramente.


Dalla sua cella lui vedeva solo il mare ed una casa bianca in mezzo al blu… una donna si affacciava…. Maria, è il nome che le dava lui. Alla mattina lei apriva la finestra E lui pensava “Quella e’ casa mia… Tu sarai la mia compagna Maria. Una speranza e una follia ” E sognò la libertà, e sognò di andare via… e un anello vide già, sulla mano di Maria. Lunghi i silenzi come sono lunghi gli anni, parole dolci che s’immaginò: “Questa sera vengo fuori Maria, ti vengo a fare compagnia”. E gli anni stan passando, tutti gli anni insieme… ha già i capelli bianchi e non lo sa! “Manca poco, Maria, vedrai che bella la città”. E sognò la libertà’… e sognò di andare via. E gli anni son passati, tutti gli anni insieme… ed i suoi occhi ormai non vedon più, disse ancora: “La mia donna sei tu “… e poi fu solo in mezzo al blu” (Lucio Dalla)

G. M. – Medico Psicoterapeuta

Si ringraziano Annafrancesca catapano, Emanuela Governi, Giuseppe Graziani, Fernanda Annesi e Stefania Labate per la collaborazione nella stesura del dattiloscritto.