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Durante un trattamento analitico, così come nella vita, è bene, ogni tanto, fare il punto della situazione…


Caro dottore, vorrei fare dei bilanci dopo sette mesi di terapia, ed ho preparato un grafico che illustri il mio percorso. Come vede, dopo un periodo di crescita continua, durata 4 mesi ed a cui ho dato dei valori percentuali che potessero esprimere i miglioramenti in termini di sensazioni positive, ho attraversato un momento di stasi e, ultimamente, mi sembra di aver perso un po’ di terreno.

Potrebbe commentarmi il grafico?



Anzitutto le faccio i miei complimenti, è la prima volta che un mio analizzato mi porta un grafico modulare che testimoni i risultati tecnici del lavoro svolto insieme. Premesso ciò, posso dirle che il suo “cammino analitico” rispecchia un andamento altamente positivo, influenzato dalla sua applicazione allo studio, fra un colloquio e l’altro. Infatti, ad un periodo iniziale in cui le spiegazioni ricevute e gli sfoghi verbali le hanno consentito un immediato miglioramento delle sue condizioni generali, ha fatto seguito n momento in cui sta confrontando le sue nuove acquisizioni con le convinzioni inconsapevoli che albergano nel suo mondo inconsapevole. Le discussioni che avvengono nel suo “profondo”, creano un momento di instabilità che, in seguito, tenderanno a risolversi creando i presupposti per un ulteriore balzo in avanti. Cerchiamo di verificare “sul campo”, le sue nuove capacità nell’affrontare le difficoltà: ha avuto problemi di un certo rilievo, ultimamente?

Purtroppo, dopo tanti anni, il rapporto con la mia partner sembra essere arrivata al capolinea… troppa differenza di interessi… il problema nasce dal fatto che le sono molto affezionato! Eppure ho dovuto subire degli alterchi in cui sono stato accusato di una serie di errori che, obiettivamente, non riconosco di aver commesso, anche se nessuno è perfetto! A farla breve, ho reagito urlando e poi mi è venuto un dolore al petto che mi è durato una settimana… ho avuto paura di un infarto!

Ricapitolando, lei ha avuto una discussione con la sua partner in cui è stato provocato e costretto ad ascoltare una serie di accuse senza potersi difendere; di conseguenza ha reagito in maniera veemente, attraverso uno sfogo aggressivo, a seguito del quale ha avvertito dei dolori intercostali che si sono accentuati durante la settimana. I suoi familiari si sono preoccupati? Le hanno proposto qualcosa?

Mi hanno proposto di prendere qualche ansiolitico per ridurre questa sofferenza.

Lei avrebbe potuto contattarmi, descrivendo le sue problematiche sia dal punto di vista fisico – organico, sia dal punto di vista psicologico: avremmo avuto modo di studiare una strategia per accelerare lo smaltimento della sua rabbia, senza reprimerla. Assumendo un ansiolitico si determina una riduzione di segnale, a livello dei neurotrasmettitori, grazie a cui si sente più tranquillo: in realtà, lei comprime la tensione, può anche avere una riduzione del sintomo, se il dosaggio è giusto, però accumula energia aggressiva, conflittuale, che andrà a produrre dei fastidi, nel medio periodo. Diciamo che lei, tutto sommato, ha avuto una reazione umana, perché non è che ha litigato con il garzone del lattaio! Sei mesi fa, come avrebbe reagito?

Avrei subìto… e poi mi sarei messo a letto, abbattuto e sofferente, per più di una settimana! Ad ogni modo, ho capito che sono tante le cose che non funzionano, l’intimità è sparita da tempo, la dolcezza pian piano si è andata dissolvendo, è difficile vivere una storia d’amore con questi presupposti, sia da parte mia sia da parte sua, che si lamenta del fatto che ha dovuto sopportare la mia malinconia per tanto tempo… proprio ora che ne sto uscendo, lei ha perso la pazienza! Tutti questi presupposti fanno si che una coppia crolli, anche perché non abbiamo mai imparato in realtà cosa significhi “stare insieme”… a volte non basta andare d’accordo, ma bisogna creare un rapporto maturo per porre le basi per un futuro tranquillo e sereno, e fare in modo che i due partner si migliorino a vicenda, in tutti i sensi.

Comunque, basta con i lamenti ed occupiamoci della parte tecnica… possiamo chiederci se, a volte, il nostro stato emotivo è irrazionale di fronte ad eventi specifici?

Certo… e possiamo trovare anche delle risposte soddisfacenti! Le emozioni che produciamo, rispecchiano un quadro razionale nel momento in cui gli elaborati di pensiero sono a prevalenza di tipo neutrergico, quando invece sono a prevalenza aggressiva o affettiva e per giunta conflittuale, i risultati saranno irrazionali e quindi si correrà il rischio di commettere gravi errori.

Possiamo definire la paura realistica? Se si… perché?

Ci sono paure realistiche e paure irreali. La paura che deriva da rischi reali ci consente di evitare danni; siccome la paura è una nostra reazione di fronte al pericolo, quando quest’ultimo è reale, la paura è giustificata. Le paure irreali sono le più pericolose, perché compaiono quando lei non ha la possibilità di razionalizzare il problema, non riesce a capire da dove deriva e non riesce più a tenere sotto controllo le sue emozioni. C’è gente che per il sospetto (molte volte infondato) di aver contratto malattie, si è suicidata!

Cos’è l’ansia?

L’ansia è quell’agitazione interiore che si produce come risultato di emozioni aggressive in conflitto, al punto tale da non essere visualizzate in maniera nitida: per cui, se noi ci sentiamo agitati senza sapere perché e senza renderci conto di cosa abbiamo, come si fa ad elaborare una strategia in quelle condizioni? Si può solo cercare di scaricare l’ansia.

Ci sono alcuni momenti che, quando siamo in preda all’ansia, invece di applicare ciò che abbiamo imparato, fuggiamo, cioè scegliamo difese sbagliate, quella di non reagire: perché?

Perché evidentemente si è talmente invasi di problematiche, da non essere in grado di fare altro. In quel momento non si può contare su un sufficiente quantitativo di neutrergia a disposizione: si può soltanto cercare di dialogare con qualcuno più lucido che possa trasfondere neutrergia e riattivare corretti elaborati di pensiero.

Possiamo definire l’ansia, un’emozione troppo intensa rispetto ad un accadimento?

Si, soprattutto di tipo aggressivo conflittuale… perché si produce l’ansia quando, di fronte ad un impegno da affrontare, riteniamo di non essere completamente adeguati; perciò creiamo uno stato di tensione che, fino ad un certo punto, ci aiuta ad agire in maniera efficace, oltre un certo limite ci crea dei contraccolpi conflittuali. Nel momento in cui affrontiamo la problematica utilizziamo dell’energia aggressiva (attivandoci, in qualche modo), sparisce l’ansia.

È un problema emotivo?

Le emozioni sono i risultati tangibili di elaborati di pensiero: quindi, come le ho detto prima, l’ansia è dovuta ad emozioni di tipo aggressivo prevalentemente conflittuali, che noi non sappiamo gestire.

Agendo attivamente sui nostri pensieri e sui nostri comportamenti, possiamo evitare questi problemi emotivi?

Certo, perché agire attivamente significa scegliere le strategie più costruttivamente neutrergiche. A queste condizioni produrremmo stati d’animo adeguati alla circostanza, misurati e non eccessivi, che si produrranno in comportamenti validi.

Qual è la migliore strategia per ridurre in pochi attimi tensioni eccessive?

Produrre un certo tipo di stato d’animo, dipende dalle motivazioni che ti hanno indotto a produrre emozioni. La tensione di tipo aggressivo, rappresenta l’accumulo di energia pronta a scattare, di conseguenza, usando l’energia in maniera appropriata la tensione in pochi attimi si scioglie: parlando, muovendomi, distraendomi con pensieri positivi, ma soprattutto applicando energia in qualcosa di utile, costruttivo. La tensione non è ansia: l’ansia è determinata da energia aggressiva in conflitto che produce fastidio, la tensione è energia aggressiva che può essere anche positiva, accumulata e pronta a scattare, per cui, se agisco, la tensione si annulla.

Dalla tensione si può passare all’ansia?

Si certo, è il passo successivo. Se io, prima di agire, faccio trascorrere troppo tempo, la tensione si accumula e può sfociare nell’ansia. Il passo successivo, se non prendo rimedio, sarà l’angoscia, con i suoi disturbi psicosomatici.

Il comportamento è alla base dei nostri pensieri negativi?

Il discorso è da invertire. Il comportamento è il risultato di quello che noi pensiamo.

L’isolamento sociale, o la frequentazione di una piccolissima cerchia di persone, in che modo influisce sulle nostre emozioni?

Più grande è il numero di persone con cui ci relazioniamo, maggiore sarà lo scambio di idee e, di conseguenza, più intensa risulterà essere l’attività emozionale. Vivere bene consiste nel mantenere un equilibrio tra il tempo da passare da soli e il tempo da trascorrere con gli altri.

Mi ha colpito molto un’affermazione che ho letto su un libro: ” OGNUNO DI NOI E’ IL TERAPEUTA DI SE STESSO, MEGLIO ANCORA SE SOTTO LA GUIDA DI UN MAESTRO”.

Il modo migliore di salutarla è quello di riferirle un aforisma di Ezra Pound: “la vita è una lunga carrellata di esperienze, perché nessuno sa abbastanza, ed abbastanza presto”.


Buon lavoro, dunque!


G. M. – Medico Psicoterapeuta

Si ringrazia Giuseppe Dattis per la collaborazione