Omosessualità, transessualismo, etc.
Sessualità ed erotismo – 3
Intersessualità – omosessualità
I vari passaggi del differenziamento sessuale determinano un effetto domino che condiziona gli andamenti di differenziazione in senso biunivoco, cioè l’uno conseguenza di altro anche se, fondamentalmente, restano indipendenti tra loro. Una qualunque anomalia può, così, interrompere questa cascata di eventi, per cui un differenziamento cominciato, ad esempio, in senso maschile, può portare a un individuo con caratteristiche femminili o viceversa. In questi casi, i genitali esterni possono apparire ambigui o essere discordanti con il sesso delle gonadi o dei genitali interni (intersessualità).
È quanto succede, per esempio, nelle forme più gravi di sindrome adreno-genitale, la più diffusa tra le cause di ambiguità genitale, caratterizzata dall’eccessiva produzione di testosterone da parte dalla corteccia surrenale di feti femminili. Nei casi più estremi, la mascolinizzazione indotta dal testosterone può portare allo sviluppo di genitali esterni di tipo maschile, pur in presenza di genitali interni di tipo femminile.
Il contrario si verifica, invece, in assenza di 5-alfa-reduttasi, una proteina responsabile della sintesi di un derivato del testosterone ( il DHT, diidrotestosterone) necessario per lo sviluppo dei genitali esterni: in questi casi la mascolinizzazione è incompleta, con formazione di un pene piccolo e incompleta fusione dei rigonfiamenti labioscrotali, che possono apparire come grandi labbra. Un neonato con queste caratteristiche può facilmente essere scambiato per una neonata e l’errore di valutazione può rimanere fino alla pubertà, quando la presunta bambina comincerà a produrre ormoni maschili.
Come è facile immaginare, si tratta di condizioni che incidono pesantemente sulla qualità della vita delle persone colpite, che sono costrette a rimettere in discussione tutta la propria identità durante l’adolescenza o l’età adulta. “In alcuni casi è possibile intervenire chirurgicamente, ma non si tratta mai di una scelta semplice e per questo deve essere presa nell’ambito di un’équipe interdisciplinare composta da andrologi, chirurghi, neuropsichiatri infantili eccetera”
A dimostrare la delicatezza del tema basti sapere che sono sorte associazioni, come l’Intersex Society of North America (ISNA), che sostengono il rinvio di qualunque atto chirurgico correttivo dei genitali fino a un’età in cui lo stesso paziente sia in grado di operare una scelta cosciente. Sull’origine di questo disturbo si sa ancora poco: è l’eterno dibattito tra genetica – Natura o condizioni ambientali – di allevamento (in inglese nature or nurture) che riguarda anche l’omosessualità.
Precisazioni
In entrambi i casi, per molto tempo l’indice è stato puntato contro le condizioni di allevamento ed educazione. “Negli ultimi anni, però, diversi studi hanno cominciato a suggerire che potrebbero essere coinvolte differenze nella struttura fisica del cervello, forse riconducibili a differenze nell’azione degli ormoni durante lo sviluppo fetale”. Gli studi non sono definitivi, ma sembrano suggerire che esista un fondo biologico su cui particolari condizioni ambientali si innestano per promuovere lo sviluppo di transessualismo o omosessualità. Comunque sia, è ovvio che non si intende puntare il dito discriminatorio su elementi così delicati né, tantomeno, si vuole argomentare in declinazione morale o etica. È ovvio che ciascuno abbia il diritto di “accettarsi” in base al genere che più sente vicino al proprio modo di essere. È solo che, a volte, la convinzione (seppur legittima) personale non collima con deduzioni incontrovertibilmente ed epistemologicamente “scientifiche”.
Cercheremo di dimostrare, in questo lavoro che l’ambiente, inteso come trasmissione di informazioni, come elementi radioattivi, frequenze elettromagnetiche (fra cui la voce umana, etc.), in grado di influenzare il DNA intracellulare possa indurre modificazioni funzionali a strutture come l’ipotalamo e, di conseguenza, determinare “vie” alternative di diffusione ormonale che influenzano la ricettività di ciò che sta intorno e, di conseguenza, altera il rapporto con ciò che si apprende. Il tutto, potrebbe tradursi con un esito di disturbo di identità di genere.
Il ruolo della genetica in tutto questo?
Secondo il dizionario della lingua italiana del prof. De Mauro (ex ministro della Pubblica Istruzione) la genetica si identifica con quella parte della biologia che studia i meccanismi di trasmissione, la variabilità e l’evoluzione dei caratteri ereditari negli animali e nei vegetali. Inoltre, col termine “gene”, di intende quel segmento della struttura molecolare del DNA, che costituisce l’unità portatrice di un carattere ereditario ed è localizzato in una precisa posizione di un particolare cromosoma. Fermo restando l’indiscutibilità del valore della genetica e l’importanza che riveste la ricerca in questo settore, è una questione relativa alla “scala” di osservazione. In pratica fino a grandezze che ci consentono di osservare parti di una cellula ci troviamo di fronte un contenitore di informazioni costituito da Nucleotidi, cioè sequenze di DNA composte da uno zucchero a cinque atomi di carbonio (pentoso: ribosio o desossiribosio) legato a una base azotata (una purina o una pirimidina) e ad una unità di fosfato. “Frantumando” questo insieme (di per sé già piccolissimo), arriviamo ai costituenti base della materia, cioè il più piccolo elemento organizzato esistente in natura: l’atomo. Al suo interno microparticelle definite “elementari” dai fisici, in base al loro movimento, genereranno le informazioni che daranno vita a tutto il resto.
E l’ambiente?
L’ambiente, in fondo, agisce a questi livelli, influenzando, di conseguenza, anche l’aspetto genetico. Infatti, gran parte delle informazioni che ci investono sotto forma delle più svariate stimolazioni, viaggia attraverso frequenze elettromagnetiche che, in qualche modo, condiziona il nostro organismo, agendo sul DNA.
Di sopra, si mostra un’immagine di elettroferogramma, in pratica una frequenza fluorescente (banda elettromagnetica) mediante cui il DNA “comunica” le sue caratteristiche peculiari. È giocoforza concludere che, frequenze elettromagnetiche incisive, possano modificare i suoi parametri. Per inciso, l’ambiente in cui viviamo, ci trasmette simili messaggi (gesti, parole, comportamenti, etc.) che, attraverso i cinque sensi, raggiungono i meccanismi di elaborazione, nel cosiddetto “core business”: Il DNA cellulare!
Le radiazioni alfa sono nuclei di elio (He), costituite quindi da due protoni e due neutroni. Ad esempio l’isotopo 226 del radio, Ra-226, instabile, che ha un tempo di dimezzamento di circa 1600 anni, durante il suo processo di trasformazione verso forme più stabili, emette questo tipo di radiazioni trasformandosi nell’isotopo 222 del radon ,Rn-222.
Esistono due tipi di radiazioni beta: b+ e b-, costituite rispettivamente da elettroni o positroni – elettroni con carica positiva) e sono prodotte a seguito di due tipi di trasformazioni nucleari:
- un neutrone si trasforma in un protone (con carica positiva) e in un elettrone che viene espulso dal nucleo. (Affinché il processo sia fisicamente possibile viene espulso anche un antineutrino). Il numero di protoni aumenta e quindi l’atomo si trasforma in un elemento diverso
- un protone si trasforma in un neutrone (con carica neutra) e in un positrone che viene espulso dal nucleo. (Affinché il processo sia fisicamente possibile viene espulso anche un neutrino). Il numero di protoni diminuisce e quindi l’atomo si trasforma in un elemento diverso (ossia con un numero atomico diverso),
Le radiazioni beta hanno energie inferiori a quelle delle radiazioni alfa. Poiché la loro massa è inferiore rispetto alle alfa, il loro potere penetrante è superiore: alcuni metri in aria, alcuni millimetri nei tessuti biologici.
Le radiazioni gamma sono costituite da una radiazione elettromagnetica emessa da un nucleo instabile durante il suo decadimento. Essendo prive di massa, il loro potere penetrante è molto superiore rispetto alle radiazioni alfa e alle radiazioni beta: fino a centinaia di metri in aria, attraversano facilmente il corpo umano e sono fermate da alcuni centimetri di piombo o decimetri di cemento.
In natura, queste reazioni si determinano con una certa frequenza per effetto delle interazioni nucleari delle particelle o radiazioni presenti nel cosmo con l’atmosfera.
Teorie psicologiche – psicoanalitiche (il complesso di Edipo e di Elettra)
Gli analisti che si rifanno a Sigmund Freud hanno inquadrato l’omosessualità nell’ambito della cosiddetta teoria del complesso di Edipo, che si basa sul mito greco di Edipo che uccide suo padre, Laio, e sposa sua madre Giocasta.
Intorno ai 4-5 anni il bambino di sesso maschile attraverserebbe una fase in cui sarebbe preso dall’amore per la madre e vedrebbe, invece, il padre come una figura che compete con lui. Per le bambine, invece, si parla di complesso di Elettra che deriva sempre dalla mitologia greca. Elettra era figlia di Agamennone e Clitemnestra. La madre, con il suo amante Egisto, uccise Agamennone. Elettra, scoperto il crimine, spinse il fratello Oreste a vendicare il padre, uccidendo madre e amante.
In pratica, tra le donne c’è il desiderio di possedere il pene come simbolo di potere. Quando la bambina scopre la differenza con il maschio, si sviluppa in lei un rancore nei confronti della madre, poiché le attribuisce la responsabilità di questa mancanza. La bambina incomincia ad essere attratta dal padre per il suo pene, per compensare tale mancanza, e desidera la maternità con lui. Si sottomette al padre proprio perché il pene è da lei considerato simbolo di potere.
Secondo tale concezione, l’omosessualità dipenderebbe da un imperfetto superamento del complesso di Edipo o di Elettra e, quindi, dal rifiuto del proprio ruolo sessuale maschile o femminile.
Teorie psicosociali
Queste teorie hanno al loro centro le esperienze di un individuo e il modo, positivo o negativo, in cui esse vengono vissute. L’orientamento sessuale – in senso etero o omosessuale – dipenderebbe dal fatto che nel corso dell’infanzia alcune situazioni, esperienze e iniziative sono state premiate, disincentivate o punite.
Osserviamo le diverse possibilità che creare disturbi della personalità in senso di orientamento sessuale:
- Ostilità verso la madre: negli omosessuali maschi, a causa del loro timore/odio verso la madre (che viene sentita come troppo severa, dominante o punitiva), diventa difficile costruire una sorta di crescita interiore che aiuti la persona a sganciarsi dall’identificazione della figura femminile con quella materna “in toto” e la aiuti a rendersi conto della pluralità dell’immagine femminile, nel suo complesso. A queste condizioni, le figure di sesso femminile possono essere rifiutate o temute, cosicché la pulsione erotica verrebbe convogliata verso il sesso maschile. Nell’omosessualità femminile la mancanza di sintonia o il risentimento verso la madre ostacolerebbero l’accettazione di un ruolo femminile nei confronti dei maschi (vissuto in maniera remissiva);
- Forte legame affettivo con la madre: un legame affettivo troppo intenso con la madre blocca la maturazione emotiva, sociale e sessuale. Così per i ragazzi l’unica figura femminile apprezzabile diventa la madre, mentre le ragazze vedono solo nelle donne la possibilità di un legame affettivo. In questo caso, forti stress ambientali (fra cui l’eventuale assenza affettiva del padre) possono esasperare un legame affettivo madre-figlio. In sostanza, in questo caso, l’omosessualità dipenderebbe dall’impossibilità di uscire dal primo rapporto d’amore cioè dal mantenimento di un esclusivo e inalterato legame con la madre.
- Ostilità verso il padre: nei maschi, questo ostacolerebbe l’assunzione di un ruolo maschile, in quanto essi non si riconoscerebbero nel proprio padre, cioè in una figura che nell’infanzia essi hanno rifiutato. Nelle femmine un forte rifiuto od ostilità verso la figura paterna può essere alla base di una successiva ostilità verso i maschi.
- Carenze della figura paterna: la presenza di un padre debole (ad esempio, per la forte dominanza della madre) o la sua assenza in presenza, comunque, di una figura femminile “deviante” può far sì che i maschi non lo prendano a modello e sviluppino degli atteggiamenti passivi.
Riflessioni
Non esisterebbe una sola motivazione, ma una serie di fattori (cause e concause) che possono portare all’omosessualità. Le dinamiche affettive coi genitori, un fisico meno “maschile” o meno “femminile”, una maggior tendenza all’introversione e alla chiusura nei riguardi dei rapporti con gli altri, un’eccessiva emotività e paura dell’altro (cioè il sesso opposto), una reale o presunta “menomazione” dei caratteri sessuali primari o secondari (timbro della voce, muscoli, e così via) possono portare a scelte di tipo omosessuale. In pratica, queste ultime dipendono essenzialmente dalla difficoltà di interagire con l’altro sesso e dalla maggior facilità di ripiegarsi su sé stessi o a rivolgersi verso i propri simili, ossia verso persone del proprio sesso.
Riprendendo il discorso riportato nel capitolo precedente, a proposito della manifestazione psicofisica della sessualità, si può parlare di caratteri sessuali primari (organi genitali e riproduttivi), caratteri sessuali secondari (organi e apparati non riproduttivi, ma che presentano caratteristiche differenti tra maschio e femmina a partire dalla pubertà; è il caso della distribuzione delle masse muscolari, del tessuto adiposo, della peluria, della laringe fonatoria, delle mammelle, etc.) e caratteri sessuali terziari (relativi agli aspetti psicologici e alla personalità in genere, che influenzano decisamente lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari in maniera più o meno coerente a quelli primari, mediante coinvolgimento ipotalamico)
L’individuo, biologicamente determinato come maschio o come femmina, dopo la nascita inizia un lento sviluppo che porterà, attraverso varie tappe successive, in funzione di quanto riuscirà a centrare obiettivi di maturazione di sé e nel rapporto cl mondo circostante, a raggiungere un equilibrio adeguato per un corretto rapporto con la propria identità. Lo sviluppo e la consistenza dell’identità sessuale, si evolvono attraverso una dinamica, che vede in primis, la relazione tra l’individuo e l’ambiente, rappresentato nei primi periodi di sviluppo, dalla figura materna (a seconda di come si pone nei confronti dell’altro sesso e di come esplica le sue peculiarità femminili in termini di accudimento e protezione) e, successivamente, dalla figura paterna (in base alle sue capacità di costituire un modello autorevole in cui riconoscere solidità e disponibilità)
L’omosessualità e la bisessualità
Partendo dal presupposto che ciascun essere umano ha il diritto di operare le scelte che più ritiene opportune (se non arrecano danno ad alcuno), in merito alle decisioni più o meno importanti della propria esistenza, per ciò che riguarda l’orientamento sessuale (eterosessuale – omosessuale – bisessuale), ad ognuno spetta il compito di costruire i rapporti più idonei a soddisfare la propria, personale, identità.
In biologia, per sessualità si intende l’insieme dei fenomeni che riguardano il sesso, cioè l’estrinsecazione di quei caratteri che, in ogni specie, distingue il maschio dalla femmina. Per sessualità, possiamo intendere l’uso dei propri sensi, con tutte le sensazioni e le emozioni correlate: di conseguenza, nasce e termina con la vita stessa dell’essere umano.
Come si crea l’identità sessuale?
Dal punto di vista anatomico, si determina, durante il periodo embrionario, sulla base di messaggi genetici; per ciò che concerne l’aspetto psicologico (che poi determinerà orientamenti, scelte e relativi comportamenti) è il risultato di un lento processo inconsapevole di apprendimento, che comincia fin dai primi periodi della vita e che tiene conto di fattori come “figure di riferimento”, “identificazione”, “ruoli” e “competenze”. Per ciò che concerne le leggi di Natura, la posizione corretta è quella che prevede la possibilità di creare i presupposti per la realizzazione prima di una coppia (per appagare bisogni quali scambio affettivo, dialogo, erotismo etc.) e poi di una famiglia in cui gettare le basi per la continuazione della specie, attraverso la formazione di nuove generazioni, migliori delle precedenti: è evidente che solo una coppia eterosessuale (formata da due individui sufficientemente maturi) potrà ottemperare questi dettami.
L’omosessualità o la bisessualità, possono essere vissute come esperienze singole o saltuarie (prime interagenze adolescenziali, convivenza “coatta” con persone dello stesso sesso, voglia di “nuovo”, etc.) o stili di vita “consolidati” (creazione di rapporti di coppia, di tipo omosessuale). Le esperienze saltuarie (o uniche), possono essere presenti nella vita di ogni essere umano e vanno interpretate (se e quando si verificano) come una fase transitoria nella costruzione della propria identità. Gli orientamenti “stabili”, invece, nascondono problematiche di fondo della propria identità (riscontrabili anamnesticamente), che rendono difficile la realizzazione di un dialogo di coppia con l’altro sesso. In tutto ciò, gioca un ruolo importante l’ambiente in cui si vive ed il relativo contesto sociale e culturale.
I Disturbi di Identità di Genere e il Transessualismo
“Una donna imprigionata nel corpo di un uomo” oppure “Un uomo nel corpo sbagliato di una donna”. Così si definiscono i transessuali, persone che non hanno alcuna ambiguità genitale, ma che soffrono invece di un disturbo dell’identità per cui si sentono di sesso opposto rispetto a quello biologico. “Per questo, la persona transessuale cerca di adeguare il suo aspetto esteriore, l’abbigliamento e il comportamento a quelli del sesso desiderato e in genere prova attrazione sessuale verso persone del proprio sesso anatomico, anche se vive questa attrazione come se fosse eterosessuale e non omosessuale”.
Il Transessualismo rientra nella più vasta categoria dei disturbi dell’identità di genere, nota in precedenza come disforia di genere.
Il termine “disforia di genere” (DG) descrive un gruppo eterogeneo di persone che esprimono vari gradi di insoddisfazione per il loro genere anatomico e il desiderio di possedere i caratteri sessuali secondari del sesso opposto.
La caratteristica essenziale dei disturbi inclusi in questa sottoclasse è l’incongruenza tra il sesso ufficialmente assegnato (di solito, il sesso registrato sul certificato di nascita) e l’identità di genere. Alcune forme di alterazione dell’identità di genere costituiscono un continuum, mentre altre possono risultare distinte.
- Alterazione dell’identità di genere lieve: l’individuo si rende conto di essere maschio o femmina, ma prova disagio e senso di estraneità nei riguardi del sesso assegnato.
- Alterazione dell’identità di genere grave: la persona non solo è a disagio verso il sesso assegnato, ma ha la sensazione di appartenere al sesso opposto.
Nella grande maggioranza dei casi l’esordio del disturbo può essere rintracciato nella fanciullezza. In rari casi, tuttavia, un adulto potrà presentare per la prima volta al medico un problema d’identità di genere e riferire che i primi segni del disturbo si sono manifestati nell’età adulta.
I disturbi dell’identità, in base a criteri principalmente clinici, si possono dividere in:
Disturbi dell’identità di genere della fanciullezza (quando, ancora, non si è raggiunta la pubertà)
- Per le Femmine (Persistente e intenso disagio circa il fatto di essere una femmina, e desiderio radicato di essere un ragazzo; persistente, marcata avversione al normale abbigliamento femminile; persistente rifiuto delle strutture anatomiche femminili,
- Per i maschi: (Persistente ed intenso disagio per il fatto di essere maschi e desiderio intenso di essere una femmina; interesse per le attività tipicamente femminili, dimostrata dalla preferenza per il travestimento, la simulazione dell’abbigliamento femminile, oppure da un desiderio intenso di partecipare ai giochi e ai passatempi delle ragazze ed al rifiuto dei giocattoli, giochi e delle attività tipicamente maschili; persistente rifiuto delle strutture anatomiche maschili)
Età di insorgenza e decorso.
La maggioranza dei ragazzi con questo disturbo iniziano a manifestarlo prima dei quattro anni. L’ostracismo sociale aumenta nel corso delle prime classi scolastiche e la conflittualità interpersonale diventa rilevante a circa setto otto anni. Nel corso delle ultime classi scolastiche, il comportamento femminile più grossolano può attenuarsi. Le ricerche indicano che da 1/3 a 2/3 o più dei ragazzi con questo disturbo sviluppano un orientamento omosessuale durante l’adolescenza. Per le femmine, l’età d’esordio è pure precoce, ma la maggior parte abbandona l’atteggiamento di esagerata insistenza sulle attività e sull’abbigliamento maschile nel corso della tarda fanciullezza o dell’adolescenza. Una minoranza mantiene l’identificazione maschile ed alcune di queste sviluppano un orientamento omosessuale.
Fattori predisponenti.
Le ricerche indicano che le caratteristiche del bambino, dei genitori o di altri agenti sociali, come i sostituti dei genitori e i fratelli, possono costituire fattori predisponenti per lo sviluppo del disturbo. Nei maschi le caratteristiche possono includere tratti fisici “effemminati”, avversione ai giochi violenti, ansia di separazione e una storia di precoce ospedalizzazione. Le caratteristiche più rilevanti dei genitori e delle altre figure influenti dell’entourage del bambino possono includere scarso rinforzo del normale comportamento legato al ruolo di genere, assenza o non disponibilità del padre e incentivazione di un estremo attaccamento fisico e psicologico a sé da parte del soggetto e uno scarso rinforzo dei normali comportamenti legati al ruolo di genere da parte dei genitori possono contribuire allo sviluppo del disturbo.
Transessualismo (quando si è raggiunta la pubertà)
Si può definire clinicamente come: persistente disagio e senso di estraneità al riguardo del proprio sesso assegnato; persistente preoccupazione, della durata di almeno due anni, di sbarazzarsi delle proprie caratteristiche sessuali, primarie e secondarie, e di acquistare le caratteristiche sessuali dell’altro sesso. La diagnosi non viene fatta se l’anomalia è limitata a brevi periodi della stessa.
Manifestazioni associate.
Generalmente vi sono coesistenti alterazioni della personalità, da moderate a gravi. Frequentemente il soggetto accusa notevole ansia e depressione, che può attribuire all’impossibilità di vivere nel ruolo del sesso desiderato.
Decorso.
Senza trattamento, il decorso del disturbo risulta cronico, ma si verificano casi con remissione apparentemente spontanea. L’esito a lungo termine dei trattamenti combinati psichiatrici / psicoterapeutici, ormonali e di cambiamento di sesso non è ben conosciuto. Molti soggetti funzionano meglio per anni dopo tali trattamenti, ma sono stati riportati numerosi casi in cui è stato richiesto un nuovo cambiamento di sesso.
Età di insorgenza.
I soggetti che sviluppano il Transessualismo quasi invariabilmente riferiscono di aver avuto problemi di identità di genere nella fanciullezza. Qualcuno afferma di essere stato segretamente al corrente del proprio problema di genere, ma che questo non era evidente ai familiari e agli amici. Sebbene l’esordio della sindrome completa avvenga più sovente nella tarda adolescenza o nella prima vita adulta, in alcuni casi il disturbo ha un esordio più tardivo.
Menomazione e complicanze.
Frequentemente il funzionamento sociale e lavorativo risulta marcatamente menomato, in parte a causa della psicopatologia associata e in parte a causa dei problemi incontrati cercando di vivere nel ruolo del genere desiderato. E’ comune la depressione, che può portare a tentativi di suicidio. In rari casi i maschi possono mutilarsi i genitali.
Fattori predisponenti.
La presenza di intensa e generalizzata effeminatezza nella fanciullezza in un maschio, oppure la presenza di mascolinità nella fanciullezza in una femmina, aumentano la probabilità di Transessualismo. Questo sembra solitamente svilupparsi nel contesto di una relazione disturbata con uno o con tutti e due i genitori.
Chi ha molto a che fare con i bambini scoprirà che nessuna azione esteriore resta senza influsso su di loro. (Johann Wolfgang von Goethe).
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G. M. – Medico Psicoterapeuta
Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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