È difficile, ma si può imparare.
Counseling – 20
Una delle difficoltà che molto spesso incontra l’essere umano, nella sua interazione individuale, è l’incapacità di dire “no”.
Ogni volta che si soccombe dietro un “sì” non voluto , si avverte una sensazione spiacevole di cui, se si avesse avuto la “forza” di rifiutare, si avrebbe fatto volentieri a meno.
Dire “no” è difficile, ma si può imparare
cambiando i propri apprendimenti e riuscendo a consapevolizzare quali sono i meccanismi che si attivano in queste circostanze.
Sanno dire di no solo due tipi di esseri umani:
- GLI EGOCENTRICI -EGOISTI NEGATIVI
- GLI EGOISTI POSITIVI
Qual è la differenza?
- Gli egocentrici, mettendo se stessi al centro del proprio mondo, non si preoccupano di guardarsi intorno e di rendersi conto di tutto ciò che sta al di fuori di sè nonché, essendo anche egoisti negativi, anche laddove una risposta negativa creerebbe un danno o comunque un problema a qualcuno, non si pongono alcun problema e pensano solo al proprio tornaconto.
- Gli egoisti positivi, si preoccupano di se stessi ma senza arrecare danno o problema agli altri per cui, se riflettendo e verificando secondo logica si rendono conto che dire di no, in quella data circostanza, non mette in pericolo o crea danno all’altro, ma, al contrario, evita di mettere in conflitto od addirittura in difficoltà se stessi, poiché non hanno l’intenzione o la reale possibilità di fare quella data cosa, rifiutano e si proteggono….
Chi ha formulato la richiesta (ormai rifiutata!) troverà sicuramente una soluzione diversa.
Ma vediamo bene cosa “scatta” e cosa c’è dietro al non saper dire di no.
Alla base ci può essere il generarsi del senso di colpa oppure la voglia di farsi accettare dagli altri o di dimostrare qualcosa… o il sentirsi succubi di qualcuno….
Queste o mille altre possono essere le circostanze, ma…. andiamo ancora più a fondo…
La responsabilità è dovuta ad un mancato o scarso sviluppo della propria identità, un’assenza di dialogo con se stessi ed uno scarsissimo rispetto di sé…. nel sussistere di alcune di quelle fasi transitorie che vanno affrontate e superate per raggiungere uno stato di maturità e di equilibrio verso stessi e nel rapporto individuale e collettivo.
Non ci si riesce a sottrarre alla richiesta di qualcuno, ad esempio, quando
- quel qualcuno può generare in noi, attraverso l’utilizzo dell’affettività mista, il senso di colpa che ci porta dritti dritti ad un “sì” non voluto
- …..oppure quando non accettandoci noi per primi, proviamo a “compensare” cercando di farci accettare dagli altri (anche a caro prezzo!!!) essendo disponibili più di quanto effettivamente vorremmo, ritrovandoci in quella fase transitoria secondo la quale si vive in funzione del giudizio altrui
- … oppure perché ci si sente succubi di chi ci fa la richiesta o lo si è preso come modello di riferimento per cui non si riesce a dire di no e, in questo caso, ci si ritrova in un’altra fase transitoria che è quella della gregarietà.
Nel momento in cui si dice di sì, facendosi quindi violenza e non rispettando se stessi, si genera dentro di noi un conflitto interno che è quello che ci fa avvertire quella sensazione di malessere, agitazione e ribellione, ma alla quale non possiamo e non sappiamo sottrarci se non vivendo e consumando il momento relativo al conflitto stesso. Mi spiego: se, per esempio, si accorda ad un cliente un incontro di lavoro durante il weekend, mentre invece si avrebbe avuto bisogno di riposare e svagarsi, la sensazione spiacevole che deriva dal conflitto che si genera, sparirà alla fine dell’incontro, dopo aver soddisfatto quel “sì” non voluto.
Quindi, in genere, il conflitto si risolve dopo avere superato il momento relativo al soddisfacimento di quel “sì” visto che ormai la pillola amara è andata giù…ma non finisce qui, poiché quando conflitto scompare, lascia il posto alla frustrazione che ne consegue.
Ma perché si genera il conflitto?
Perché quando si dice di sì e non si vorrebbe farlo, l’inconsapevole verifica con l’uso della logica che quella decisione non è corretta e, anche se il pensiero decide indipendentemente dal suo riscontro facendo rispondere “sì” , essa si fa “sentire” e ci avvisa che qualcosa non va, che c’è discrepanza tra ciò che sarebbe corretto e ciò che invece accade, ed ecco che si genera il conflitto e le conseguenti sensazioni.
E’ importante, quindi, per sottrarsi ad un “si” non voluto, riflettere su queste considerazioni.
Cambiando i propri apprendimenti ed utilizzando la verifica secondo logica
Si può Imparare a dire “no”
(con grande soddisfazione!!!!)
Ne guadagna l’autostima e la qualità della nostra vita!