In questo lavoro, così come negli altri della medesima sottosezione, si riportano estrapolati di colloqui analitici, finalizzati ad affrontare argomenti di interesse pubblico. L’operazione, con il consenso degli interessati, rispetta tutti i dettami della legge sulla Privacy ed i principi del rispetto e della correttezza professionale.
BUONA LETTURA
Buongiorno dottore, in questo colloquio vorrei chiarirmi le idee su una caratteristica che rappresenta una presenza ingombrante in tutti gli esseri umani: la presunzione.
Va bene, cominciamo pure.
Allora, che cos’è la presunzione?
Un aspetto del carattere che connota un’eccessiva sicurezza delle proprie convinzioni senza verificarne la veridicità. Sui dizionari etimologici della lingua italiana, questo termine deriva dal latino “presumptus”, che significa, giudizio fondato su indizi o principi di prova: che si suppone vero fino a prova contraria.
Quali sono i fattori che portano una persona ad essere presuntuosa?
Possono essere diversi ma riconducibili tutti, in fondo, ad apprendimenti scorretti. Una persona è presuntuosa, riguardo ad esempio, alla condizione di poter essere eccessivamente bravi, perché è superficiale e non è in grado di osservare la realtà in una maniera corretta.
Perché?
Perché non ha dei buoni parametri di riferimento. Solo conoscendo, ad esempio, il livello medio di bravura dell’essere umano, si potrebbe stabilire a che punto ci si trova… e difficilmente ci si metterebbe in cima alla lista dei migliori!
Quanti tipi di presunzione esistono?
Esiste una presunzione positiva ed una negativa.
Che differenza esiste?
Nel primo caso, ad esempio, un essere umano si sente preparato in un settore e lo dimostra con i fatti, anche se viene criticato dagli altri. Invece, la seconda “opzione” è più diffusa, perché nella Società di oggi ci sono tante persone che, nel porgersi al mondo esterno hanno un comportamento arrogante, presuntuoso, sono convinti di sapere tutto e cercano di porsi sempre al centro dell’attenzione.
Forse tutto questo accade perché l’essere umano si sente insicuro, ha paura di affrontare la realtà, di mettersi in discussione e ascoltare gli altri.
La presunzione positiva si evidenzia quando si presume qualcosa e poi si dimostra di aver ragione. Negli altri casi si offre la prova di essere, quantomeno, poco accorti. C’è da aggiungere che, anche il presuntuoso positivo, comunque, è un individuo che fa pesare le proprie opinioni: non è che sia molto conciliante perché, altrimenti, farebbe accettare la propria tesi senza scontrarsi e senza portare avanti le proprie idee a qualunque costo. Tranne qualche caso in cui si portano delle innovazioni a cui gli altri si oppongono, possiamo dire che il presuntuoso positivo non è una persona matura perché, altrimenti, cercherebbe una strada per farsi accettare anche dalla Società.
L’essere umano può’ fare qualcosa per evitare la presunzione negativa?
Si. Imparare a diventare più equilibrato e “realisticamente” umile, maturi in maniera tale da riflettere meglio e rendersi conto che, prima di parlare ed esprimere un giudizio, dovrebbe verificarlo più volte all’interno della propria mente.
Come si può definire una persona presuntuosa?
Una persona con cui è difficile trattare perché, anche nei casi in cui dimostra di aver ragione, come ho detto prima… difficilmente ha raggiunto quella flessibilità e quella capacità di adattamento e di accomodamento necessaria nei rapporti interpersonali in cui, comunque, non si può imporre la propria idea anche quando è si è nel giusto: al massimo, ci si può proporre.
Qual è la differenza tra presunzione e sicurezza di sé?
Per quanto concerne la presunzione positiva, nell’identità possono anche collimare, come principio; nella comunicazione con gli altri, mentre la sicurezza è un dato di fatto che la persona avverte, che può portare ad essere flessibili e concilianti perché non si teme di dover mettere in discussione quello che si è pensato, né si ha paura del parere altrui, la presunzione, invece, manifesta rigidità ed ostentazione delle proprie convinzioni. Una persona sicura e matura non è interessata ad imporre quello che pensa, una persona sicura di sé, ma non matura, cerca di far valere la propria opinione proprio perché è convita che sia la migliore e, quindi, agisce in maniera presuntuosa.
Non ci sono situazioni in cui bisogna far valere la propria opinione per convincere l’interlocutore?
Dipende. Se ci si trova in una condizione gerarchica, la risposta è affermativa, perché la cosa funziona in base ad ordini precisi da impartire; in un regime di democrazia, si propongono le proprie idee e, poi, chi le vuole accettare, bene, altrimenti pazienza.
Però, nel lavoro di avvocato, per esempio, ci sono due parti che cercano di convincere un terzo, cioè il giudice, della validità delle proprie posizioni, che sono sempre contrastanti.
Ma non sempre è necessario agire in maniera presuntuosa o arrogante, dipende dal giudice.
Anche se non in maniera presuntuosa, in queste circostanze, è necessario fare di tutto per far valere le proprie posizioni, dopo aver verificato che sono sostenibili.
Spiegandole, argomentandole, però. La persona presuntuosa, invece, fornisce delle sentenze in termini dichiarativi e non si cura di spiegarti le motivazioni. Fornire delle spiegazioni, significa dimostrare la validità di quello che si è ipotizzato e, al tempo stesso, evidenziare la disponibilità anche di fronte ad un contraddittorio. Il presuntuoso non è disponibile ad un discutere, “è” sullo stile militaresco. E parliamo sempre di presuntuoso positivo.
Ma, allora, la presunzione positiva non è un aspetto positivo?
Nella comunicazione con gli altri, no. La presunzione non è gradevole da osservare perché, in genere, la si subisce, e nessuno è disponibile ad ammettere che chi sta di fronte è superiore!
Allora perché c’è la distinzione tra presunzione positiva e negativa, se quella positiva dovrebbe essere quella che, comunque, ha alla base delle convinzioni verificate e, quindi, corrette?
Ma non sempre produce effetti positivi sull’altro.
Allora, per se stessi è un aspetto positivo, mentre nel rapporto con gli altri non lo è.
Infatti, esiste una comunicazione con se stessi ed una comunicazione interpersonale. Lei dialoga con gli altri così come pensa con se stessa?
No.
Uno scienziato che fa delle scoperte ed aspetta che gli altri le verifichino, presume di avere ragione e ne è certo. Un militare impartisce degli ordini e, magari, riesce ad ottenere una vittoria in una battaglia anche contro l’opinione degli altri, però impone la propria decisione, dimostrando di aver ragione. In casi simili è meglio non discutere coi sottoposti, perché si finirebbe aggrediti dal nemico.
E quella, è sempre presunzione positiva?
Certo, soprattutto quando un comandante non spiega i motivi dei propri ordini, ma è convinto di aver ragione, agisce su base di presunzione positiva, i soldati non possono far altro che obbedire.
E come ci si deve regolare, allora?
Ma quelle sono situazioni antidemocratiche!
Se la presunzione positiva fa parte della personalità, ma va utilizzata solo nel rapporto con se stessi, come deve essere vissuta?
Nel ruolo dei presuntuosi, bisognerebbe domandarsi qual è il motivo per cui non spieghiamo le motivazioni delle nostre idee. Può darsi che non lo facciamo perché sappiamo di dover incontrare troppi ostacoli per far capire le nostre motivazioni, quindi concludiamo che è meglio non discutere. Da persona che si trova di fronte ad un presuntuoso, anche se positivo, è utile mettersi nelle condizioni di ridurre la propria suscettibilità.
Però, in ipotesi come quella cui lei ha fatto riferimento per prima, io ho notato che, a volte, in riunioni di lavoro, ad esempio, si cerca di fornire troppe spiegazioni a persone che non riescono a capire perché non hanno le conoscenze adeguate: cosa è meglio fare?
Quando comunichiamo con gli altri, ci dobbiamo sempre regolare sulla base delle loro competenze, per calibrare un messaggio efficace. Ma è diverso dall’essere presuntuosi: un conto è essere accorti e mettere in campo una comunicazione efficace, un conto è essere presuntuosi. Il presuntuoso ti trasmette un messaggio che ha il sapore di un dato di fatto oppure di un ordine, cioè ti dice: “questa cosa va così” oppure “ti chiedo di operare in questo modo, perché otterrai dei risultati” – senza spiegarti il perché.
Pur partendo da una riflessione di tipo neutrergico, la presunzione si estrinseca attraverso una prevalenza di aggressività, anche se positiva. Ad esempio, Giovanni Russo era presuntuoso e dava fastidio, perché si poneva in una posizione di estremo competente nei confronti degli altri.
Ma non era giustificabile perché lui si vedeva intorno persone che non avevano il suo stesso valore scientifico?
Sì, ma non sto dicendo che aveva torto, solo che produceva fastidio negli altri.
…Per come comunicava con gli altri?
Sì, perché, comunque si finisce con l’assumere l’atteggiamento del leader… e gli altri non sono disponibili a fare i gregari, ma vogliono essere anch’essi dei leader, oppure, in caso di persone mature, vivere in gruppo con un rapporto alla pari.
E ci può essere, in un gruppo, un rapporto alla pari pur non essendoci pari conoscenze e competenze?
Sì, sulla base del rispetto reciproco.
E scusi, ad esempio, un avvocato può avere un rapporto di questo tipo con un praticante?
Un conto è stabilire delle regole, un conto è comportarsi in maniera presuntuosa e, aggiungerei, maleducata.
Però le regole devono tenere conto che questo collaboratore, per quanto preparato, ha delle carenze riguardo alla competenza.
Siamo d’accordo, però non è giusto prenderlo a male parole, né fargli fare il giro del mondo senza spiegargliene il motivo, solo perché si sa di avere ragione. Ma perché questi esempi riguardanti il mondo legale?
Mah, ho degli amici avvocati!
Ah, ho capito!
Che rapporto c’è tra presunzione ed autostima?
Sono collegate, perché una persona che sa di valere sa anche di aver ragione e, quindi, può diventare un presuntuoso positivo. L’autostima porta alla sicurezza di sé, perché riguarda esclusivamente il rapporto con se stessi; la presunzione la si manifesta con gli altri. Una persona valida veramente, cerca di non far pesare questo con gli altri, se non vuole restare sola, perché, più si migliora più ci si allontana dalla media del valore altrui… e più si dà fastidio agli altri, perché agli occhi degli altri si rischia di diventare un riferimento non raggiungibile. Non conviene farsi malvolere perché, poi, ognuno ci può essere utile.
Ma incontrare una persona più valida non è una cosa positiva? Dallo scambio non ci si guadagna?
Sì, ma non lo si deve ostentare, non lo deve far pesare, altrimenti poi concludi: “ho perso l’occasione di imparare qualcosa, ma non devo frequentare questo pesantone”.
Ho bisogno di porre molte altre domande, ma mi sento un po’ stanco, possiamo continuare la prossima volta?
Certo, anche perché il capitolo della presunzione è molto ampio. A questo punto, una domanda vorrei farla io: concludendo il nostro incontro, lei si ritiene presuntuoso?
No.
Ne è proprio sicuro?
Credo di si.
Il dubitare, la mette in una condizione di maggiore aderenza alla realtà. Quante volte, infatti, le devo ripetere che è necessario organizzarsi per studiare non meno di tre ore al giorno? Quante volte lo mette in atto?
Poche… in fondo riesco a portare a termine quello che mi propongo
E questa si chiama presunzione.
A si?
Si ricorda del programma che avevamo stilato qualche anno fa e che prevedeva, tra l’altro, lo studio della grammatica italiana e di altri argomenti propedeutici alla preparazione di consulente psicologico?
Si.
E l’ha fatto?
No, ho avuto altri problemi da risolvere…
Nel frattempo, ha colmato le sue lacune?
No.
E non è presuntuoso pensare di portare avanti i suoi programmi senza risolvere alcune importanti lacune di base?
Effettivamente…
E allora, buone riflessioni!
G. M. – Medico Psicoterapeuta
Questo lavoro è stato svolto in collaborazione con Enrico Filice ed Erminia Acri
Direttore Responsabile “La Strad@” – Medico Psicoterapeuta – Vicedirettore e Docente di Psicologia Fisiologica, PNEI & Epigenetica c/o la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID (Roma/ Bologna) – Presidente NEVERLANDSCARL e NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS (a favore di un invecchiamento attivo e a sostegno dei caregiver per la Resilienza nel Dolore Sociale) – Responsabile Progetto SOS Alzheimer realizzato da NEVERLAND “CAPELLI D’ARGENTO” ETS – Responsabile area psicosociale dell’Ambulatorio Popolare (a sostegno dei meno abbienti) nel Centro Storico di Cosenza – Componente “Rete Centro Storico” Cosenza – Giornalista Pubblicista – CTU Tribunale di Cosenza.
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