Il 2004 sarà anno importante: olimpico e bisesto, di pace o nefasto per quanto la memoria della tradizione saprà rendere l’Umanità consapevole di viverlo in incombenza dei suddetti connotati. Pure anno di anniversari e genetliaci, 550 anni dalla nascita di Amerigo Vespucci, 150 di Alfredo Catalani, 75 dai patti Lateranensi, 60 dalla Resistenza, 50 dall’inizio delle trasmissioni RAI e tanti altri, più importanti, come i 750 anni dalla nascita di Marco Polo, o meno, come il mezzo secolo del sottoscritto.
Fra quei tanti, ognuno decida da solo fra quale delle due precedenti categorie, i cinquant’anni dalla morte di Alcide De Gasperi, “uomo politico”, come asetticamente lo citano le enciclopedie, ovvero “trentino prestato all’Italia”, come egli stesso ebbe a definirsi. Una morte improvvisa, caduta lo stesso anno in cui aveva trovato compimento, almeno sul piano giudiziario, una vicenda che, per breve tempo, l’aveva visto contrapposto a Giovannino Guareschi, “giornalista, scrittore ed umorista”, come lo citano le stesse enciclopedie.
Brevemente i fatti, perché ognuno, ove già non li conosca e, beninteso, non sia condizionato da appartenenze politiche, possa farsi un’idea precisa e magari verificare se dieci lustri siano sufficienti a che la cronaca si scrosti un poco e cominci a baluginare la limpidezza della storia:
- Nel gennaio 1954 sul settimanale satirico “Candido”, diretto da Guareschi, viene pubblicata una lettera, vergata su carta intestata con stemma vaticano della Segreteria di Stato di Sua Santità, che De Gasperi avrebbe indirizzata al Comando alleato in Salerno il 19 gennaio di dieci anni prima, richiedente il bombardamento di Roma, nella zona periferica e particolarmente concentrato sull’acquedotto, finalizzato a dare uno scossone morale ai romani ed indurli alla rivolta contro i nazifascisti;
- De Gasperi, nonostante la lettera fosse corredata da perizia giurata da parte del perito calligrafo del Tribunale di Milano, Umberto Focaccia, che riconosceva autentica la firma, querela Guareschi per diffamazione a mezzo stampa mediante l’utilizzo di falsa documentazione;
- Del processo, celebrato allo stesso Tribunale di Milano, e delle relative schermaglie non occorrerebbe dar conto, perché non ci e’ di alcuna premura coglierne i risvolti ed i riferimenti politici, se non apparisse illogico che, vertendo tutto il giudizio sulla falsità o meno del documento, sia stata negata l’unica possibilità di potere risolvere ogni dubbio con una nuova perizia calligrafica, come dalla difesa del Guareschi e dal P.M. richiesta, dal De Gasperi e dalla sua consorte ritenuta superflua e dal Tribunale rifiutata;
- Alla sentenza, assunta in dieci minuti di camera di consiglio, di colpevolezza e condanna ad un anno di reclusione, oltre a spese e danni morali(chissà perché, contenuti ad una simbolica lira….), Guareschi non oppone appello, guadagnando il carcere per scontarvi una pena che alla fine assommerà ad un anno e mezzo (il tempo in più, e’ dato da revoca di precedente sospensione condizionale di altra pena), non più polemizzando, relativamente alla questione, fino alla sua, di morte, avvenuta il 1968;
- Il tutto sotto il frastuono di campagne di stampa, illazioni su presunte e smentite richieste di grazia, note e contronote di Agenzia, valutazioni politiche e processi all’intenzione da ogni direzione dell’arco costituzionale, senza che al povero Guareschi venisse dedicata un’oncia non diciamo di quella logica, che aveva sempre difettato, ma quantomeno di dubbio.
Dal quadro sommariamente delineato potrebbero cogliersi un clima od un contesto particolare, certamente diverso da quello attuale, in cui ogni passo della Magistratura viene censito e censurato pervicacemente, ancora senza logica, purtroppo.
Ma neanche di questo importa investigare….E allora?
Confessiamo immediatamente l’appartenenza del sottoscritto ad una sfera politica agli antipodi di quella del Guareschi, eppure l’ammirazione sconfinata per un artista sommo, che ha saputo scrivere di contesti, questa volta lo diciamo, in cui anche un calabrese può calarsi e condividere lo spirito di un contadino della Bassa Padana.
Quindi una proposta: cinquant’anni dopo, potrebbe farsi chiarezza sull’autenticità o meno del famoso carteggio, coi mezzi nuovi della tecnologia, più inoppugnabili della piena coscienza del calligrafo Focaccia e, stavolta, traendone anche qualche conseguenza: se la famosa lettera davvero fosse falsa, Guareschi non dovrebbe più nulla, avendone pagata la debita conseguenza senza sconti di pena, anzi, con sovrapprezzo: tutto potrebbe raggiungere la tranquillità di un archivio, uno minore, dove finiscono le cronache dei raggiri grossolani.
Altrimenti…
Nessuna pena, solo qualche aggettivo in meno, in estate, quando le celebrazioni del cinquantesimo anniversario della morte di Alcide De Gasperi raggiungeranno il culmine; e per tutti, finalmente, il sollievo che nulla e’ più dovuto al Trentino per quel prestito famoso.
Antonio Zanfini, calabrese