Posted on

A bordo di una sportiva Alfa Romeo, si rispettano leggi di Natura? Secondo uno psicoterapeuta, pare proprio di si…


Tutto inizia, in casa ALFA, nel 1910 quando, un gruppo di uomini d’affari milanesi rileva la francese Darracq, una fabbrica di automobili famosa nel mondo per i primati mondiali assoluti di velocità conquistati nel 1904 e 1905 (168, 189 e 176,427 km/h – fonte Alfa Romeo) ed alle due coppe Vanderbilt del 1905 e del 1906 vinte, negli Stati Uniti da Heméry e Wagner. Al Portello, con l’acquisizione delle officine della casa d’oltralpe, si fondono due cellule dal DNA sportivo: Darracq e ALFA (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili).

Lo zigote nascente, diventa rapidamente una splendida creatura partendo, fin da subito, con eccezionali modelli che incroceranno il proprio “sangue” con quello della scuderia Ferrari. Ugo Stella e Giuseppe Merosi sono i primi a cominciare questa cavalcata, si aggiungeranno Nicola Romeo, che rileva la società nel 1918 (da qui Alfa Romeo), Vittorio Jano e tanti altri “precursori” fra cui , addirittura, Enzo Ferrari (per la gestione “corse”).

Pur con vent’anni di ritardo rispetto a Germania e Francia, il sogno italiano dell’auto si concretizza in una serie di primati anche grazie e, in alcuni casi, soprattutto all’Alfa Romeo. La prima autovettura progettata da Merosi per l’ALFA, infatti, era spinta da un motore monoblocco (la testata, così come nei motori moderni, è un solo pezzo col blocco) con un basamento in alluminio (così come i più avanzati propulsori attuali) a tre supporti di banco (a più di un secolo di distanza si “gira” a cinque supporti di banco…): in sostanza

cominciamo tardi ma progrediamo bene!

L’accelerazione, in fisica, viene definita come una variazione di velocità nell’unità di tempo. Siccome l’essere umano, per sua natura, è sensibile soltanto al cambiare delle sollecitazioni e non alle stimolazioni costanti, ecco che, molto probabilmente, la ricerca dell’aumento delle prestazioni velocistiche in ogni oggetto che si muove, risponde ad esigenze legate a caratteristiche anatomofisiologiche delle nostre abilità sensoriali…. e cosa c’entrano le GT?

Questa sigla, acronimo di Gran Turismo, identifica una categoria di auto adatte ad un uso sportivo, non pistaiolo, in grado, al pari delle motociclette, di far assaporare il piacere di spostamenti non necessariamente legati ad attività lavorative ma a vocazione turistiche…per soddisfare la nostra naturale propensione alle scoperte.

Immaginiamoci al volante di un rombante quattro cilindri in linea ad alimentazione “singola” (con quattro carburatori monocorpo, così come quello dei purosangue nostrani “vissuti” fino agli anni 80)… procedendo su strade somiglianti a quelle della bassa Padana (del Don Camillo di Guareschi, per intenderci), con il finestrino abbassato ed un filo di gas… il cinguettio degli uccelli, un po’ di brezza fra i capelli (con il collo protetto da un foulard)… lo sterzo “Nardi” in legno, i sedili che contengono al punto giusto, un leggero velo di foschia che contribuisce a creare un’atmosfera nord irlandese (senza disturbare la guida)… panorami unici, il “Tony” ed il “Vanni” che salutano con la mano, il parroco del paese che gira in bicicletta lungo i viali di inizio primavera….andatura turistica con un fremito proveniente dal sottoscocca ad indicare che c’è tanta potenza da spendere (ma solo per le manovre d’emergenza)…in compagnia dei propri pensieri e di dolci melodie New Age…

Si rende l’idea?

Per i viaggi a più ampio respiro c’erano (e stanno tornando) le GTI (Gran Turismo Internazionale), per divertirsi un po’ di più le GTV e, per un uso più “spinto” (e gente “de core” ) le GTA (Gran Turismo Alleggerite), di esclusivo appannaggio Alfa Romeo…



La prima vera GT dell’Alfa è stata senza ombra di dubbio la 6 C Super Sport del dopoguerra (quando le glorie nazionali erano ancora Balilla e Topolino) ribattezzata Villa d’Este a seguito della partecipazione all’omonimo concorso d’eleganza del 1949.

Si prosegue, negli anni ’50, con la 1900 Sprint Coupé Touring (1975 cc. Oltre 120 CV e 190 km/h) e, al salone di Torino del 1954 con la Giulietta Sprint, con la “complicità ingegneristica” di Rudolf Hruska che riesce a trasformare un difetto della Giulietta berlina preserie (l’eccessiva rumorosità meccanica) in uno dei pregi di questa grintoso milletré in livrea scintillante.

Alla fine del 1959, la matita di Nuccio Bertone, partorisce la 2600 Sprint che si afferma come granturismo di classe, in grado di rivaleggiare come contenuti, con le “creature” di Alfieri, Bindo, Ernesto ed Ettore Maserati.

Salone di Francoforte 1963: allo stand Alfa si tiene a battesimo una macchina che resterà nell’immaginario collettivo come la vettura che più di ogni altra al mondo, somiglia ad un felino predatore (i suoi fari tondi richiamano un simpatico “incrocio” fra tigrotto e leoncino ed il suo motore emette un ruggito simile a quello di “re Simba”): la Giulia Sprint GT. Nume ispiratore, questa volta, è Giorgetto Giugiaro, allora in forze alla Bertone e poi creatore della ITALDESIGN. Con 1600 CC. e 106 CV a 6000 giri, il suo motore verrà apprezzato (sul corrispondente modello berlina) dalle forze dell’ordine italiane e di altri paesi europei, per molti anni.



“La massima aspirazione dell’uomo in fatto di automobili”: così viene definita l’Esposizione Universale di Montréal dove, nel 1967, viene presentato il prototipo dell’alfa omonima. Disegnata da Bertone e “deliberata” da Marcello Gandini, ricorda la Lamborghini Miura, è spinta da un motore derivato dalla 33 da competizione (un 8 cilindri a V che, con oltre 200 CV, porta i collaudatori della rivista Quattroruote da Reggio Calabria a Lubecca, in meno di 20 ore) e, con i bellissimi cerchi Millerighe Campagnolo rimane a fare bella mostra di sé per oltre sei mesi, nella vetrina di Montréal.

E venne il vento dal Sud!


Ai primi anni ’70, in quel di Pomigliano d’Arco, non lontano da Eboli (dove i bene informati sostengono che si sia fermato Cristo…) si compie uno degli esempi più significativi di riconversione professionale. Pur di produrre le Alfasud, la task Force ALFA riesce a trasformare un manipolo di carpentieri e manovali (imposti dai sindacati) in un gruppo di esperti assemblatori in grado di realizzare le prime “Sprint d’attacco”, meridionali.

Una pietra miliare: l’Alfetta



Senza dubbio, i due modelli che hanno lasciato il segno negli alfisti della seconda metà del ventesimo secolo sono state la Giulia e l’Alfetta. Appunto da quest’ultima Giugiaro ricava le GT e GTV (1.600, 2000, 2500, 3000 cc. – aspirate e sovralimentate). Contagiri di fronte al pilota (per “vedere” e “sentire” meglio il cuore sportivo), retrotreno de Dion con cambio e differenziale sull’asse posteriore per ottenere un assetto neutro ed un inserimento in curva “pennellato” (tipo 4 x 4), fanno di questa specie di sigaro coupé, un mezzo di locomozione veramente fuori dal comune.

Nel 1989, Alfa è in mano a Fiat ma non in pugno; la prova è rappresentata dal Tuning Monster effettuato sulla 75 per generare la SZ: 2959 cc. – 207 CV a 6200 giri – oltre 240 Km/h.

In listino, attualmente, troviamo la Gtv da 2000 cc. e 3000 V6 in attesa del face lifting in stile Brera per ridare un’espressione dal visus ALFA.


Cosa c’è dietro l’angolo?

La nuova GT Coupé!

Derivata dal pianale della 156 e disegnata dal centro stile di Bertone, finalmente consente di rientrare in possesso del profumo Alfa. Finalmente, tra l’altro si offrirà alla clientela la possibilità di scegliere anche il propulsore a gasolio dalle velleità sportive: il JTD 16 V da 1.9 cc. e 140 CV. Ovviamente, chi vorrà, potrà ascoltare il timbro da tenore dei propulsori a benzina (1800 da 140 CV e 2000 JTS da oltre 165 CV). È chiaro che, all’orizzonte, vi sarà una versione GTA spinta dal 3200 cc. da 250 CV.

All’inizio del ventunesimo secolo (dopo un po’ di appannamento di fine novecento), la casa del Biscione si sta riposizionando su un mercato d’élite dove Dream car (Ferrari, Maserati, Porsche, Mc Laren, Aston Martin, etc.) e Muscle car (BMW, Mercedes, Audi, etc.) fanno da spartiacque ed è decisa a riconquistare quel ruolo di fuoriclasse alla Tazio Nuvolari.



Guidare, avendo sullo sterzo il marchio Alfa Romeo (che racchiude la croce del Comune di Milano e lo stemma del Casato dei Visconti) potrà alimentare sempre più quelle emozioni che portavano Henry Ford a levarsi il cappello di fronte ad un auto dal quadrifoglio verde!