La Strad@ Web festeggia l’inizio del nuovo anno con un’intervista a Pino Gigliotti, famoso anchorman calabrese, conduttore del Pino Gigliotti Show, forma arricchita di talk show, trasmesso dall’emittente televisiva TEN, Teleuropa Network.
Interessante intervista ad un personaggio molto popolare in gran parte del Sud Italia, e, non solo, Pino Gigliotti, in arte “zio Pino”, cabarettista ed uomo di spettacolo che ha fatto della calabresità un punto di forza. Tale personaggio, sostenitore convinto delle antiche tradizioni cosentine e calabresi, che, con tenacia e competenza, porta, nei suoi spettacoli e reportage oltreoceano, ci fornisce l’immagine, attraverso le sue esperienze, di un modo nuovo, particolare di stare sulla scena, un modo che, considerati gli ascolti, risulta vincente. Andiamo a conoscerlo meglio e scopriremo i suoi mille volti.
D. Tu, come personaggio, sei molto popolare, e, non solo a Cosenza, secondo te da cosa dipende?
R. La popolarità dipende dal fatto che faccio televisione da tanto tempo, entro nelle case della gente che mi vuole bene. Ho lavorato nelle televisioni private quando erano ancora a diffusione provinciale, da quando sono diventate a diffusione regionale è aumentata la possibilità di essere conosciuto, quindi è cresciuta la popolarità.
D. Accanto alla popolarità legata legata a questo fatto, tu, però, ricevi anche molti consensi, secondo te perché?
R. Per la mia autenticità, per il mio modo di fare, sono stato il primo, qui, a Cosenza a portare in giro il vero dialetto cosentino, come forma di comunicazione.
D. Ti sei fatto portavoce della lingua dialettale, perché è così importante?
R. Il dialetto è importante perché testimonia le tradizioni e la storia del popolo calabrese. Io vado a Toronto, a Chicago, nelle famiglie calabresi, ormai residenti negli Stati Uniti, lì si trova il vero dialetto cosentino, calabrese e mi piace portarlo avanti. Inoltre, un altro motivo della mia popolarità è che la gente si sente compresa, capisce di non essere presa in giro.
D. Quindi, la gente con cui tu entri in contatto avverte ciò e ti sente vicino, forse anche per questo ti accoglie.
R. Si, credo proprio di si. Tempo fa, molti dicevano che le mie trasmissioni erano seguite solo dal c.d. popolino, a parte che anche il popolino è importante, perché ognuno ha da dire qualcosa, adesso, dopo molto tempo, ci si è reso conto che a Gigliotti lo seguono un po’ tutti, dalla casalinga al professionista, compresi i bambini ed, anche questo è molto importante, perché si sentono a loro agio. Vengo chiamato “il killer” della televisione perché la faccio con molta disinvoltura, tutti quelli che hanno collaborato con me hanno notato il clima di semplicità, tranquillità, come se avessero anche loro fatto televisione da sempre.
D. Forse per questa tua forma autentica e spontanea di fare. E così?
R. Assolutamente si.
D. Come mai hai scelto come nome d’arte “zio Pino”?
R. “Zio Pino”è venuto fuori da quando è nato il mio primo nipote, da allora, quando faccio i complimenti a qualcuno mi presento come “zio Pino”, da qui poi è rimasto il nome ed anche la gente mi chiama così, anche a Toronto, oltroceano mi chiamano “zio Pino”.
D. E’ diventato anche una forma di legame affettivo con la gente, anche attraverso questo nome, tu entri in confidenza con loro, cosa ne pensi?
R. Sicuramente è così.
D. Questo è il tuo intento?
R. Innanzitutto, io faccio televisione perché mi diverto, poi, questo è un modo per entrare in contatto con la gente. Per esempio, sono stato il primo a fare spettacoli in piazza, a fare cabaret in piazza con il trio comico, da me ideato nel 1978, denominato “U’ pbingiu”, poi però non mi sono più divertito ed ho cambiato, perché non si è più interessati e motivati il lavoro non riesce bene. Quest’anno sto riproponendo il “Pino Gigliotti Show”, in onda il giovedì sera alle 20,30 su Ten, emittente televisiva, il cui segnale si irradia in Calabria, Basilicata e parte della Sicilia e, mi sto divertendo.
D. La tua attività di cabarettista l’hai iniziata nel 1978 con il trio comico che hai prima nominato?
R. Sulle piazze si, ma la mia storia come uomo di spettacolo nasce nell’oratorio, mi sono appassionato attraverso le recite organizzate, dove mi piaceva mettermi in mostra, cioè recitare, da queste esperienze, sotto la guida di madre Elisa Miceli, una suora con la passione del teatro, oggi beatificata, è uscita la mia vena comica. Per esempio, di domenica in Chiesa, mentre leggevo il Vangelo, i fedeli sorridevano. In questo sono stato sostenuto anche da don Ciccio Miceli, sacerdote di grande forza, che si divertiva anche lui sentendomi leggere, parlare, recitare, lo stesso diceva: “Parla Pino e gli altri si divertono”, da qui è nata la passione.
D. Da qui è iniziata l’escalation….
R. Ho un rammarico: non aver avuto la possibilità di andare fuori a lavorare, ma forse è una scusa, perché mi piace stare qui, sarà anche per pigrizia, ma sono rimasto qui, con grande soddisfazione però. Poi, come diceva un mio grande amico giornalista, Silvio Taranto, purtroppo scomparso:” è meglio essere uno dei primi nella tua città che uno dei tanti in campo nazionale”, comunque ancora non è detto….
D. Il tuo curriculum professionale è pieno di esperienze da far invidia a molti, qual è stata l’esperienza più importante, significativa anche per la tua crescita professionale?
R. La mia partecipazione nell’estate scorsa alla trasmissione di Canale 5 “La sai l’ultima?” perché mi ha messo in discussione in campo nazionale. Erano un po’ di anni che mi segnalavano, ma io non ero convinto, sia per quella famosa pigrizia, sia perché non sono un barzellettiere, infatti, a me piace improvvisare, invece, mi sono aggiudicato il 3° posto nella classifica e, questo mi ha procurato grande soddisfazione e molti consensi, soprattutto all’interno di Canale 5 e, tra gli stessi concorrenti, tant’è che sono rimasto in contatto con alcuni. Da quest’esperienza possono derivare altre partecipazioni o altre occasioni di lavoro. Poi, altre importanti tappe nella mia vita professionale sono rappresentate dai reportage in Canada, a Toronto.
D. Nella tua carriera, tu annoveri anche esperienze teatrali, tra cui opere in dialetto scritte da te personalmente, ce ne vuoi parlare?
R. E’ un’attività che ho interrotto, ma un tempo scrivevo molte scenette, attraverso una di queste, forse, la più bella, si sono accorti di me, alcuni registi e sceneggiatori, tra cui Mario de Lia, Mario Lombardi. Fu proprio il primo a chiamarmi per recitare in una commedia molto bella in dialetto: “Varva, capiggi e guanti”. Fu un periodo molto impegnativo, infatti provavamo per 4-5 ore di seguito, poi, dopo tanto lavoro, la commedia non è stata rappresentata perché de Lia ha iniziato a non stare bene in salute. Un altro bel ricordo riguarda la recita della poesia “La patente” di Ciccio De Marco alla Radio Club Alarico. Dopo questa recita, mi chiamò la regista di una commedia, il cui autore era appunto, C. De Marco, per affidarmi una parte importante, perché io ero stato segnalato proprio dall’autore e dovevo recitare al posto di Mimmo Palermo, a quel tempo io avevo 17 anni. La cosa però, non andò in porto per una serie di disguidi anche con gli altri attori che si erano abituati ed affiatati con l’attore che io sostituivo. Questa fu, comunque, per me un’altra grande soddisfazione. Poi, ho fatto anche una stagione con Giò Sebastianelli, un grande della canzone partenopea, inoltre ho recitato anche in alcune commedie rappresentate ai Castelli Romani, precisamente a Frascati .
D. Nel 1990 sei stato ospite della trasmissione televisiva “Venerdì, Sabato e Domenica”, condotta da R. Carrà, cosa ti ricordi di quell’esperienza?
R. Un’altra bella esperienza a livello nazionale, sempre molto sofferta. Infatti, in quell’occasione fui bocciato sei volte ai provini, alla fine passai la selezione insieme a Paolo Marra.
D. Nel 1996 hai collaborato con l’emittente americana Chinn di J. Lombardi, cosa avete realizzato insieme?
R. Loro facevano una trasmissione di intrattenimento simile alla mia della domenica, e, nell’ambito di questa trasmissione ho portato i saluti della Calabria, tipo “Carramba che sorpresa”, un po’ come i reportage di Toronto. Ho fatto anche radio con quest’emittente che, tra l’altro aveva larga diffusione perché trasmetteva fino al Venezuela. Tra le altre cose, il ricordo più bello che ho di quest’esperienza è legato al fatto che, mentre si trasmetteva, siccome gli studi di quest’emittente erano di vetro blindato, si vedevano i calabresi che stavano fuori e che partecipavano, anche se non presenti in trasmissione. Può darsi che rifarò qualcosa del genere in futuro, infatti, ho mantenuto i contatti con il sig. Lombardi.
D. Ti sei creato, insomma, una rete mondiale di contatti, quasi come Internet…..arrivi dovunque…
R. Si, mi piace diffondere la calabresità e, per questo mi sposto.
D. Una cosa che, forse, non tutti sanno è che ti sei cimentato anche nel canto, realizzando una musicassetta nel 2000, cosa mi dici di questa tua ulteriore performance?
R. A dire il vero, è stata un’esperienza terribile, infatti io non canto perché non ho mai educato la mia voce, in quell’occasione ho fatto delle sigle ed è venuta fuori una musicassetta, ma non lo farò più, non mi sento tagliato per questo.
D. C’è da notare, però, la tua versatilità, la disponibilità a cimentarti in esperienze diverse, non capita di frequente di trovare un personaggio che fa spettacolo che è disponibile a sperimentare settori diversi anche dal suo solito ambito di specializzazione.
R. Si, è vero, infatti da poco ho preso anche il tesserino da giornalista, non mi posso certamente considerare un giornalista della carta stampata, ma è da anni che faccio interviste, trasmissioni televisive, programmi.
D. Per ricollegarci alla tua versatilità, risulta dal tuo curriculum che hai pure insegnato, in corsi organizzati dalla Regione Calabria, tecniche di animazione……
R. Questa è stata per me un’esperienza molto bella e soddisfacente perché è importante fare il mestiere dell’animatore. L’animatore, secondo me, non si dovrebbe comportare come spesso avviene nei villaggi turistici che tratta gli ospiti un po’ come delle marionette o come degli idioti, facendo alzare le braccia, facendogli battere le mani, etc. L’animatore deve far divertire, ma come? Studiando, entrando anche nella personalità di chi gli sta difronte. E’ importante per l’animatore, nel corso della sua formazione, per esempio fare degli spettacoli, perché deve saper intrattenere. Mi sono sentito molto soddisfatto, perché ho impostato la mia partecipazione a questi corsi, nei confronti dei partecipanti, come delle lezioni in cui insegnare come si fa uno spettacolo, e, mi sono anche sentito responsabile della loro preparazione. Quindi, ho avuto un approccio molto professionale verso questi corsi, infatti ho ritenuto, poi, alla fine solo quattro di tutti i partecipanti effettivamente meritevoli del diploma, e, con questi sono rimasto in contatto ed hanno fatto con me qualche serata. Spero di ritornare ad insegnare presto in corsi come questi.
D. Facendo un calcolo di quando tu hai iniziato la tua attività, esattamente nel 1978, possiamo dire che stai per festeggiare le “nozze d’argento” con il tuo lavoro di cabarettista, di uomo di spettacolo, di ideatore di trasmissioni, etc…..
R. Si è vero, mi piace, tra le altre cose, ricordare anche le mie esperienze radiofoniche, di anni fa, alla Radio Discoteca Soul Music, io facevo un programma alle 14,00 per gli ammalati, giochi e sketchs.
D. Quello che, a mio parere, in parte caratterizza le tue trasmissioni, da “Permette signora?” al “Pino Gigliotti Show” è che dai una rilevanza anche al sociale, mostri di interessarti anche a chi ti sta intorno, è vero questo?
R. Si. In effetti, nel corso degli anni ho cambiato anche tipo di spettacoli, di lavori, infatti, per molti anni ho collaborato con una collega e cara amica, Roberta Rende, poi ci siamo divisi perché abbiamo intrapreso strade diverse. Mi sono, quindi, ritrovato a fare dei programmi da solo, e, a dire la verità, quest’anno lo show del giovedì sera non lo volevo fare, poi ho avuto altri stimoli, ho incontrato Giorgio Marchese, ho trovato dei motivi nuovi e divertenti per riproporre il programma, perché, in effetti ero già soddisfatto con “Permette signora?”
D. A proposito, il programma che hai appena nominato, è stato da te ideato, come è nata questa trasmissione?
R. E’ nata dal fatto che io andavo nelle case a portare il caffè, da qui ha preso poi spunto questa trasmissione. Il fatto singolare è che dopo, qualche mese che io portavo il caffè nelle case, ha iniziato Piero Chiambretti con il suo programma in cui portava i dolci nelle case.
D. Quindi hai anticipato tu delle idee che poi sono state riprese…
R. Si, perché le tv locali sono viste dai c.d. osservatori, come per i giocatori nelle squadre di calcio, quindi molte volte siamo stati imitati.
D. Per tornare a “Permetti signora?”, questo programma è nato con questo modo di fare, di entrare nelle case della gente…
R. Si, poi dalle case siamo passati nelle piazze, ed ancora questo modo di comunicare, di fare trasmissione sta continuando e va bene, parlano, infatti, gli ascolti e gli sponsor.
D. Osservando il “Pino Gigliotti Show”, ciò che viene in risalto è questo tuo modo di fare, spontaneo e naturale e, poi il fatto che si vede che ti diverti e fai divertire.
R. Mi diverto perché anche il team è vincente, siamo affiati, si è creato un buon affiatamento, una buona collaborazione che poi si traduce in un buon prodotto che offriamo a tutti i nostri telespettatori. Se fai cose che ti diverti, in cui credi, magari ti stanchi, ma riescono bene, quindi, sulla base di ciò vado avanti tranquillamente.
D. E’ evidente che sei impegnato su molti fronti professionalmente parlando, tra l’altro, so che fai anche l’educatore, quindi impegnato in un ruolo delicato, come fai a conciliare tutte queste cose?
R. Sto iniziando a pormi il problema, credo che qualcosa dovrò mollare, non però lo spettacolo.
D. Anche il tuo lavoro di educatore, che fai da più di 20 anni, è importante per l’esperienza che ti da, non credi che anche questo contribuisce nella tua capacità di relazionarti in maniera semplice e diretta con la gente?
R. Sicuramente questo influisce. In 23 anni che faccio l’educatore ho conosciuto tanti ragazzi e con molti abbiamo ottenuto grandi risultati, certo i miracoli non si possono fare, ma quando assisti a dei miglioramenti provi molta soddisfazione.
D. Risulta dalla tua biografia professionale, molto densa di esperienze, che hai fatto anche un servizio su Padre Pio, ormai S.Pio….
R. Si, l’anno scorso. In occasione di quel servizio, capii che era venuto il momento anche per me, dopo tanti anni di attività pubblicistica, di avere il tesserino di giornalista e, quindi di essere inserito nell’albo dei giornalisti. Fu quello un servizio molto interessante per me.
D. Senti, non mi dire che oltre all’educatore, nell’ambiente dell’oratorio, hai fatto anche il catechista?
R. Certamente, non solo, ho partecipato anche a tanti campi con i ragazzi dell’Azione Cattolica, di Comunione e Liberazione, da qui la mia scelta di fare l’educatore. Ho anche fatto, però senza completarlo, il corso di assistente sociale, mi mancano solo sei esami. Ero avvantaggiato rispetto agli altri miei colleghi perché già da molti anni facevo l’educatore. Quello dell’assistente sociale è stato un corso che mi ha appassionato, infatti a tutti gli esami sostenuti ho avuto il massimo dei voti.
D. Cosa prevede il futuro professionale di Pino Gigliotti?
R. Innanzitutto continuare il rapporto televisivo con Ten, poi è previsto il mio passaggio a Mediaset, un viaggio a Montreal nel prossimo mese di maggio, infine, in cantiere c’è anche l’idea di un libro corredato da una videocassetta.
D. Insomma tanti progetti interessanti, coloro che ti seguono non si annoieranno…., noi come Web Magazine ti ringraziamo per la disponibilità e per tutte le cose interessanti che ci hai raccontato, ti facciamo tanti auguri e sicuramente ti seguiremo anche noi ed i nostri lettori. Grazie ed a presto.
R. Io ringrazio te, l’editore e tutta la redazione de La Strad@ Web. Arrivederci.