Figlio ‘naturale’ è colui che nasce da un uomo ed una donna non legati tra loro da matrimonio.
In questi casi, qualche tempo fa, si parlava di filiazione illegittima, espressione che manifestava il forte disvalore sociale e giuridico nei confronti nei figli nati fuori del matrimonio.
Poi, la riforma del diritto di famiglia del 1975 ha quasi parificato la situazione dei figli nati da genitori sposati e quella dei figli nati da genitori non sposati tra loro, sia se questi ultimi abbiano comunque una relazione stabile sia se abbiano avuto solo un incontro occasionale.
La persona nata fuori del matrimonio, tuttavia, non acquista automaticamente la veste di ‘figlio naturale’, che deriva dalla dichiarazione di nascita (riconoscimento), effettuata da uno o da entrambi i genitori, oppure dalla dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità.
Uno degli effetti del riconoscimento è l’acquisto, da parte del figlio, del cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se entrambi i genitori procedono al riconoscimento contemporaneamente, il figlio naturale assume il cognome del padre (art.262 codice civile).
Quando il riconoscimento sia stato effettuato inizialmente solo dalla madre e successivamente avvengano il riconoscimento del padre o la dichiarazione giudiziale di paternità, il nostro ordinamento prevede che il figlio possa assumere il cognome del padre in aggiunta o in sostituzione a quello della madre (una norma analoga non sussiste, invece, nel caso inverso, cioè quando intervenga in un secondo momento il riconoscimento della madre o la dichiarazione di maternità).
Nel caso di successivo riconoscimento da parte del padre o di successiva dichiarazione di paternità, la scelta del cognome da usare spetta al figlio, ma fino al raggiungimento della maggiore età da parte dell’interessato è il giudice (il Tribunale per i minorenni) ad effettuare la scelta per conto del minore, il quale potrà sempre modificarla.
Al giudice spetta, altresì di decidere “circa l’assunzione del cognome del padre” quando vi sia conflitto tra i genitori. La scelta sarà effettuata sulla base dell’interesse del minore e tenendo conto della preminenza attribuita dal nostro ordinamento al cognome paterno. Tale preminenza viene meno nei casi in cui il cognome del padre sia eccezionalmente discriminante e rischi, perciò, di determinare una turbativa per il minore, e quando tra il riconoscimento effettuato dalla madre e quello effettuato dal padre sia trascorso un intervallo di tempo tale che il cognome materno sia divenuto segno distintivo dell’identità del minore, per essere egli conosciuto nell’ambito sociale in cui è vissuto col cognome materno.
Difatti, la Corte Costituzionale – che, con la sentenza n.297/1996, ha dichiarato illegittimo l’art. 262 c.c., nella parte in cui non prevede che il figlio naturale, nell’assumere il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, possa ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere, anteponendolo o, a sua scelta, aggiungendolo a questo, il cognome precedentemente attribuitogli con atto formalmente legittimo, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identità personale- ha precisato che il cognome “gode di una distinta tutela anche nella sua funzione di strumento identificativo della persona, e che, in quanto tale, costituisce parte essenziale ed irrinunciabile della personalità”.
Erminia Acri, iscritta all’Albo degli Avvocati del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza, Patrocinante in Cassazione, esercita la professione di avvocato in materia di diritto civile, diritto del lavoro e previdenza, diritto amministrativo (abilitazione all’esercizio della professione di avvocato conseguita in data 05/05/1998). Consulente legale dell’Inas-Cisl, sede di Cosenza. Attività di docenza, in materia di Diritto di Famiglia, c/o Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico (SFPID) – Roma. Iscritta all’Albo dei Giornalisti- Elenco pubblicisti dal 01/07/2006. Responsabile “Area informativa” Progetto SOS Alzheimer On Line
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